Tre giorni per scoprire l’anima di Ferrara, immobile e cangiante, attraverso i filmati che ha prodotto o che le sono stati dedicati, frullando materiali d’archivio e produzioni indipendenti, clip musicali, documentari d’autore e cortometraggi. Tre giorni per farsi domande, suggerire risposte, trovare nuove prospettive per guardare alla città e ai suoi abitanti. L’obiettivo del festival Iperurbs – a Wunderkammer da venerdì 25 a domenica 27 settembre – è avviare un dialogo a partire dalle suggestioni provenienti dall’audiovisivo, allo stesso tempo offrire ai ferraresi l’opportunità di vedere lavori rari e particolari, spesso introvabili.

Listone Mag, per avere qualche anticipazione sulle chicche che verranno proiettate, ha intervistato i tre videomaker che si sono occupati di realizzare i blob che saranno il cuore della rassegna: Stefania Andreotti, Giuseppe Di Bernardo e Francesco Mancin.

La prima serata, quella di venerdì 25, è intitolata “Paura e atarassia”. Stefania, cosa ci si deve aspettare da un binomio così?

Il ferrarese è per indole schivo, si tiene ai margini, osserva più che partecipare. Il che è in contrasto con la natura sociale dell’essere umano. Così a volte la natura sembra voler intervenire per scrollarlo da queste condizione e costringerlo a cercare gli altri, intervenire, condividere per far fronte ai problemi. É accaduto con le proteste bracciantili, con le catastrofi come l’alluvione e il terremoto, ma anche con casi di cronaca come la morte di Federico Aldrovandi, di cui proprio oggi ricorre il decimo anniversario. “Paura e atarassia” parlerà di questo.

Che tipo di video hai selezionato? C’è qualcosa che ti ha colpito particolarmente?

Sicuramente “Il figlio dell’altrove”, film horror del 2001 di Ivan Zuccon, girato tra le mura e le rive del Po, la Giarina, quella che una volta era chimata la spiaggia dei ferraresi. L’opera è parte di una trilogia ispirata a Lovecraft, si tratta di un quasi esordio. Ivan è conosciuto perfettamente dal Giappone al Canada, a casa sua come spesso capita sono in pochi ad aver visto i suoi lavori. Più che un regista di genere è un visionario, anche chi non ama l’horror sono sicura che apprezzerà i quadri che è riuscito a comporre in posti tanto familiari.  Tra i materiali che ho selezionato mi è piaciuto moltissimo anche “Nelle terre del delta”, documentario di Massimo Sani del 1974. Ci saranno anche immagini inedite del terremoto, che avevo realizzato io stessa nel 2012 per Agreste Tv. Avevo girato diverse ore ma in onda era stato presentato solo qualche minuto di riprese. Ci sono delle interviste molto forti e intense, e si vedranno a Iperurbs per la prima volta.

Il tema di sabato 26 è “Fossi e fossato”, i filmati esploreranno il rapporto tra città e provincia, argomento dal quale si potrebbero dipanare mille suggestioni. Giuseppe, che traccia hai scelto di seguire?

Ho cercato di concentrarmi sull’opposizione dentro/fuori, sviluppando questo tema attraverso diversi sottoinsiemi. Le mura hanno diviso la campagna dalla città, ma altri muri ad esempio hanno diviso per tanti anni i cosiddetti matti dai cosiddetti sani. Tra i filmati che proporrò c’è anche uno spezzone da “L’attore in manicomio”, di Luca Airoldi e Horacio Czertok, dove si racconta uno dei primi esperimenti italiani di apertura degli ospedali psichiatrici, condotto nella struttura di via della Ghiara da Antonio Slavich. Sono molto felice che alla fine della proiezione, a commentare il montaggio, ci sia Carmen Capatti, all’epoca assessore provinciale alla sanità. Se Ferrara tra gli anni Settanta e Ottanta è stata una città all’avanguardia lo si deve anche a lei, una donna con una biografia veramente da film.

Per quanto riguarda la provincia mi sono dedicato soprattutto al delta, un territorio unico, esposto a condizioni ostili. Impossibile pensare che questo fattore – l’avversità della natura – non abbia influenzato nei millenni il carattere della popolazione. Sotto questo aspetto mi hanno decisamente colpito “L’ambiente”, documentario di Paolo Zappaterra del 1976, girato nelle Valli di Comacchio, e “Cinque cineasti sulle rive del Po”, di Carlo Magri e Anna Quarzi. Si potrà vedere Pupi Avati, intervistato da Florestano Vancini, che descrive la parte più estrema del delta come “un lembo di meridione nel nord”.

So che da diverso tempo ti stai impegnando in documentario su Anzul, Angelo Fiacchi, l’operaio di Tamara che costruì nel suo giardino un osservatorio astronomico aperto a tutti. Hai potuto utilizzare qualcosa di questo lavoro in itinere per Iperurbs?

Sì, qualche brano inedito ho deciso di inserirlo. Un pezzo di intervista e alcune immagini realizzate nel bosco della Mesola, altre legate alla raccolta della canapa che mi ha gentilmente fornito il Museo della civiltà contadina di San Bartolomeo.

Il festival si concluderà con “Diamanti e Travaglio”. Domenica 27 sarà dedicata a indagare caratteristiche e peculiarità della produzione culturale locale, cercando affinità e divergenze tra la proposta istituzionale e il sottobosco delle tante realtà indipendenti.

Francesco, abiti a Ferrara da relativamente pochi anni. Come ti sei mosso per cercare materiale?

Ho cominciato banalmente da Youtube, poi ho contattato i proprietari dei video, che devo dire sono stati tutti gentilissimi. Flavia Franceschini ha fornito le riprese del funerale di Giorgio Bassani e del funerale di Michelangelo Antonioni, al quale ha partecipato anche Wim Wenders. Ha concesso anche dei filmati girati da suo padre Giorgio, negli anni Settanta. Altre opere me le hanno mandate Mustafa Sabbagh, Alberto Gigante, Filippo Landini, Max e Natasha Czertok. Per gli archivi mi ha dato un grande aiuto Massimo Marchetti, che si è occupato di avviare la collaborazione con Palazzo Diamanti e la mostra “Video Arte a Ferrara”, che inaugura venerdì. Ci hanno prestato delle vere e proprie chicche e, per quanto mi riguarda, la grande star del montaggio è Andy Warhol. É strano vederlo a Ferrara, sembra un alieno atterrato qui. Arriva in aereo e poi visita la sua mostra, molto modesto e tranquillo, la telecamera è quasi sempre fissa sul suo volto. Non si trova online questo filmato.

Cos’hai imparato svolgendo queste ricerche? Ti sei imbattuto in qualcosa che non ti saresti mai aspettato?

Credo di aver capito perché Ferrara è stata la culla della metafisica. Sicuramente guardando certe vecchie riprese il voyeurismo prende il sopravvento, la curiosità di veder passare il filobus dove oggi passa l’undici ad esempio. Tutto cambia, ma in fin dei conti niente cambia. Ho avuto spesso l’impressione di osservare un tempo perenne, immobile. Anche se devo ammettere di aver trovato delle bellissime esperienze di contemporaneità, come lo spettacolo “Falchi e colombe”, realizzato da Piero Giraldi in piazza Ariostea per il Centro Video Arte. Due persone giocavano a scacchi seduti sul monumento centrale e le loro mosse si replicavano nei pezzi di una gigantesca scacchiera allestita sul prato, commentate da un cronista. Sembra di assistere ad una sorta di passato futuro. A un certo punto partivano fumogeni e scoppiettii vari, non dico altro. Sono molto curioso di sentire il commentare di Lola Bonora, artefice di quella stagione, che sarà ospite del festival la stessa sera, domenica 27.

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