Da una parte c’è il richiamo evocativo della musica, dall’altra l’effetto contagioso generato dalla comicità. Il doppio binario conduce al medesimo obiettivo, quello di rendere concreto un gesto corale di solidarietà. La serata ‘Un angelo di nome Giulia’ compie dieci anni. Dietro le quinte della manifestazione annuale, c’è il lavoro dei volontari dell’Associazione Giulia Onlus. All’interno del sito internet ne vengono illustrate storia, attività e iniziative. E, proprio in occasione dell’edizione decennale, abbiamo ascoltato Michele Grassi, presidente dell’Associazione Giulia Onlus.
Come è nata l’idea di dar vita alla manifestazione ‘Un angelo di nome Giulia’?
«La prima edizione ha avuto luogo il 20 gennaio del 2006. L’idea è venuta a me e ad Andrea Poltronieri. Era stata concepita come una singola e unica serata. L’anno successivo, poi, con la raccolta fondi e l’attivazione del progetto di psiconcologia, si è deciso di proseguire su questa strada e lo spettacolo è diventato un appuntamento ricorrente».
La prima edizione si è svolta dieci anni fa. Cosa ricordi di quella serata?
«Una grandissima edizione, dall’alto tasso emotivo. Della serata ricordo, fra gli altri, la presenza di Sergio Sgrilli, di
Andrea Mingardi, e naturalmente di Andrea Poltronieri».
Quando si è deciso di passare dalla Sala Estense al palazzetto dello sport?
«In realtà c’è stato un passaggio intermedio. Le prime due edizioni, nel 2006 e nel 2007, si sono svolte in Sala Estense. La terza, invece, nel 2008, ha avuto luogo al Teatro Nuovo. Essendoci stato un sold-out, con diverse persone rimaste fuori, abbiamo pensato di trasferire lo spettacolo al palazzetto. L’idea è venuta a Roberto Mascellani, allora presidente del Basket Club Ferrara».
Nel corso degli anni si sono alternati sul palco diversi musicisti e personaggi dello spettacolo. C’è un nome al quale siete particolarmente legati?
«Tutti hanno dato il proprio contributo, non c’è un solo nome in particolare rispetto agli altri. Se mi chiedi il nome di un artista che umanamente ho visto molto coinvolto, posso farti il nome di Eugenio Finardi».
E un’edizione che ha superato le vostre aspettative?
«Probabilmente quella dello scorso anno».
Delle edizioni che si son susseguite che cosa ti ha colpito di più?
«Personalmente, a livello più emotivo, sono stato colpito dalla prima edizione».
Da quanto tempo l’Associazione Giulia Onlus si dedica a progetti mirati ai bambini oncologici del territorio ferrarese?
«Dal 2007 è attiva la figura psiconcologica, che si occupa di sostegno ai bambini colpiti da tumori e seguiti dall’unità operativa di Clinica pediatrica dell’Azienda ospedaliero-universitaria ‘Sant’Anna’. Dal 2011 è inoltre stata introdotta la figura del pediatra oncologo. A questo proposito, fra i partner che ci hanno sostenuti e supportati in questi anni, un ringraziamento va all’Università, al Comune, alla Provincia, alla Fondazione Carife, alla Fondazione Caricento».
dalla pagina Facebook di Associazione Giulia Onlus
Perché sono importanti figure come lo psiconcologo e il pediatra oncologo?
«Per fornire gratuitamente un servizio concreto sia al bambino che alla sua famiglia in un percorso così delicato. Dal 2011, poi, in convenzione gratuita con l’Azienda Usl di Ferrara, il progetto si è esteso alle sedi di Lagosanto, Cento e Argenta come supporto per i bambini sani costretti ad affrontare la malattia oncologica o la perdita di un genitore o di un familiare».
Ci racconti che in cosa consiste il primo campus estivo ‘Yes I camp’?
«Si tratta di un’iniziativa legata al bando ‘Progetto B Solidale’, piattaforma della Lega Serie B. Bando che l’Associazione Giulia Onlus ha vinto per la sezione disabilità. Pertanto, dal 20 al 28 giugno, a Ferrara, sarà attivo questo campus dedicato al calcio e alla danza, e riservato a bambini oncologici che hanno subito l’amputazione di un arto, con l’obbligo conseguente di portare una protesi».
In che misura la musica può essere veicolo di messaggi di natura sociale?
«I musicisti, e gli artisti in generale, hanno un’ampia possibilità di entrare in empatia con il pubblico. Ecco dunque l’importanza del loro ruolo sociale. Di raggiungere, cioè, una pluralità di persone con il proprio messaggio. A proposito dell’impatto che hanno su chi li ascolta, mi viene in mente un esempio che risale al 2007. C’è uno spezzone video, reperibile su Youtube, con protagonista il comico Fabrizio Fontana. Il palcoscenico sul quale si esibisce è quello di ‘Un angelo di nome Giulia’ e racconta di un bambino alle prese con una lavagnetta e con la parola ‘odio’».
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