Vivere a Ferrara e non assistere ad uno spettacolo al Teatro Comunale è vivere la città a metà. Il Comunale è un palazzo sobrio e raffinato dai corridoi bianchi dove donne vestite di nero segnalano, seguono, soccorrono, aprono porticine chiuse, gli ingressi ai palchetti. Non si può parlare di gente di teatro, il pubblico è di tutti i tipi: teste fresche di parrucchiere e ragazze con la coda di cavallo infilate negli elastici, qualche giacca e cravatta e tanti jeans e maglietta. E quei buonasera quando si prende posto come se ci si conoscesse un po’ tutti in fondo. Nel palchetto siamo in sei, due signore, un uomo che sembra nato per fare il marito e tre ragazze eleganti. Manca il binocolo per sentirsi come Alida Valli in Senso di Luchino Visconti. “Meno male che c’è il pieno a teatro – bisbiglia il signore-marito spingendo il ponte degli occhiali con un dito – quando vedo una sedia vuota mi fa male il cuore”. Siamo alla prima nazionale de La Scena, l’ultimo lavoro di Cristina Comencini con Angela Finocchiaro, Maria Amelia Monti e Stefano Annoni. Appena si fa buio la voce inconfondibile di Maria Amelia Monti ammonisce tutti di spegnere il telefonino: “Ce la fai a fare un viaggetto di ottanta minuti nell’età della pietra?”.

Angela Finocchiaro e Maria Amelia Monti sono due vecchie conoscenze. Ma Stefano Annoni chi è? Sul palco è un giovane uomo in mutande in un ribaltamento molto divertente dei cliché: due donne mature e vestite, Angela in una mise teatrale nera e severa e Maria Amelia in sottoveste rosa frou frou, e un bel ragazzo seminudo. Lo incontriamo, vestito di tutto punto, per un caffè da Tiffany, la mattina dopo lo spettacolo. Arriva sotto un cielo incerto, un libro in mano, dopo una piadina e un cappuccino. Stefano Annoni, ex giocatore di pallanuoto, ha trent’anni ma ne può dimostrare anche venti e sul palcoscenico anche mezzo secolo. I suoi cinquant’anni sul palcoscenico non sono una cosa tanto per dire, il suo curriculum è stupefacente: un Peppino Impastato con tanto di barba, una drag queen tacco dodici, Cyrano, Romeo, Tristano (con il grande regista francese Patrice Chereau, Orso d’oro al Festival di Berlino) Amleto. Si è esibito alla Scala e al Piccolo di Milano, a Roma, alla Staats Oper di Berlino. Teatro, tv, pubblicità. Salvatores, Chereau, Comencini. Una lista lunga che arriva fino a Bisanzio.

Ci sediamo ai tavolini fuori, la torre della Piazzetta alle spalle. E’ la sua prima volta a Ferrara. Gli piace molto, sembra una città tranquilla, da famiglia e da cartolina ma, allo stesso tempo, con del fermento nell’aria, che aleggia sopra il castello e la facciata severa della cattedrale. “Ieri ho fatto una corsa sulle mura, dovevo smaltire i cappellacci di ieri” sorride “ma devo migliorare il mio look, risale ancora agli anni ’80, ho dei fuseaux viola che facevano sgranare gli occhi ai bambini”. Ordiniamo un crodino e un caffè, dopo la piadina ci sta.

“Come sei stato scelto per La Scena?”

“Nel modo più classico. Ho fatto un provino a Roma. Con quella città avevo un conto in sospeso, ne avrò fatti un miliardo di provini, e mai uno che sia andato bene. In genere, poi, è difficile dare il meglio di sé, i provini sono una cosa sbrigativa di dieci minuti, fammi ‘sta roba ciao ciao. Con la Comencini, invece, ho avuto mezz’ora di tempo per prepararmi e provare. Dovevo fare la scena del Kung Fu e in mutande”.

Foto di Giacomo Brini

“Non proprio facile. Come hai fatto a concentrarti in mutande davanti alla Comencini?”

“Massì, in quel momento ho pensato divertiamoci, mi sono ispirato a Ace Ventura e a Kenshiro”.

“Ottimi modelli visto il risultato. Ma il Kung Fu lo conoscevi già? Ti ho visto fare certi salti sul palco”.

“Macché. Ad aprile mi arriva un sms della Comencini: ci sarebbe da imparare il Kung Fu. Ho seguito una scuola estiva a Como, dove abito insieme a mia moglie e ai miei bambini. Per tutti i cinque mesi di tournée dovrò riscaldare anche le gambe oltre alle corde vocali. Ne ho fatti di viaggi in vita mia per il teatro. Lavoro sia per grandi produzioni sia in spettacoli più caserecci, dove bisogna guidare il camion, montare le luci, tutto. Il bello è proprio questo, nel giro di poche ore posso passare dall’albergo a cinque stelle con autista al materasso di casa di un amico con la cena riscaldata sul calorifero”.

Passare dai ristoranti con l’autista ai kebab aiuta a tenere i piedi per terra. E Stefano è lontano anni luce dalla figura dell’attore altezzoso e arrogante, un ottimo esempio di antidivo. Una volta lo hanno chiamato artigiano da palco, è esattamente come si sente. “Io non sono straordinario, al posto mio potrebbe esserci qualcun altro, ne sono consapevole e per questo voglio dare il massimo”. Studia molto Stefano. Lo studio e la formazione continui, a qualunque età, restano fondamentali. “Certo – racconta – ad ogni spettacolo si ricomincia sempre, sei sempre nudo di fronte alle parole nuove, ad ogni spettacolo si riparte tutti da zero. Bisogna sempre studiare, mai fermarsi pensando di essere arrivati. Anche a casa non sto mai fermo, se non sto con i bambini progetto, propongo testi, studio.” Non sta mai fermo davvero. Ad aprile sarà in scena al Piccolo Teatro di Milano con un suo progetto sulla vita di Emil Zatopek, che mischia teatro di ricerca, civile e sport.

“Cos’è il teatro per te?”

“La forma di teatro in cui credo è quella dell’homo ludens, per quello non amo gli attori che si auto incensano e si definiscono artisti. Recitare dovrebbe essere sempre fine a sé stesso, come un gioco istintivo”. Anche Schiller lo diceva: l’uomo è completamente uomo solo quando gioca. Il vero attore, insomma, è quello che si diverte, che non ha bisogno di teatri sfarzosi, di stucchi e lampadari del settecento per attirare gli occhi su di sé.

“Se alla Festa dell’Unità riesci a battere la giostra dei calci in culo, il richiamo della porchetta e l’hully gully allora sì che ce l’hai fatta. Se riesci a far puntare tutti gli occhi su di te hai vinto. Così come quando recito nelle scuole: mi è capitato di recitare in aule magne sotto un neon triste e con professori che correvano su e giù con i registri da firmare”. Che Stefano abbia una certa aura da pifferaio magico è innegabile, come quando in Sicilia, trovandosi di fronte a un teatro vuoto, ha fatto il giro dei bar, trascinandosi dietro una trentina di persone fino al teatro.

Ma torniamo alla commedia della Comencini. “La Scena ha un impianto teatrale riuscito da classica commedia degli equivoci ma dai contenuti terribilmente attuali: i rapporti uomo/donna di oggi e la violenza sul genere femminile per esempio. Ma senza scadere nella retorica”. Anzi. L’impianto funziona, fa ridere. Si ride, tanto, anche troppo, hanno scritto su un giornale. Perché certi passaggi sono duri, come il momento in cui il personaggio di Stefano perde il controllo e l’umiliazione maschile diventa rabbia violenta e urla “Taci donna”. Ma i personaggi sono talmente comici che quasi passa in secondo piano. La commedia è femminile ma non femminista, intesa nel senso di anti uomo, le donne ci sono sì, in tutta la loro imperfezione che le rende persone e non angeli del focolare o demoni tentatrici, sono donne che hanno bisogno di un uomo. “Io sono l’uomo nuovo” spiega Stefano” il maschio di nuova generazione, porto una speranza di cambiamento. E un po’ è così anche nella realtà, le generazioni stanno cambiando, i trentenni di oggi sono più emancipati dei nostri genitori. Io, per esempio, sono un padre che cambia i pannolini e va a prendere i bambini a scuola, ma ormai è così, a scuola ci sono più padri che madri”.

“Che ricordi avevi di Angela Finocchiaro prima di conoscerla? “Io la ricordo in Nichetti, in tutti quei film lì, la forza sua e di Maria Amelia Monti è di aver creato un personaggio che va al di là del loro ruolo in un film o a teatro. E sono due personaggi belli e naturali, due donne e due attrici opposte, sto imparando tanto da loro”.

Proprio come si diceva alla conferenza stampa di venerdì sera al Ridotto. Angela Finocchiaro è come te l’aspetteresti, gentile e modesta, fa battute, si unisce alle foto di gruppo e racconta di come abbia iniziato a studiare teatro perché a scuola s’annoiava: “Io la mattina volevo dormire”. Maria Amelia Monti ha uno sguardo stanco e dolce, anni di palcoscenico alle spalle, annuisce quando le si dice che lei e Angela sono riuscite a creare dei personaggi così amati dal pubblico tanto da essere ricordate, più che da quello che fanno, da come sono, un po’ come Totò.

Stefano ci offre la colazione e in cambio lo accompagniamo fino all’imboccatura di Via della Volte, il Medioevo da vedere. Magari poi farà un’altra corsetta sulle mura. In fuseaux viola.

Danza, musica, prosa. La Stagione al Teatro Comunale è appena iniziata: http://www.teatrocomunaleferrara.it/

1 Commento

  1. Roberto scrive:

    Siamo stati domenica 1 Marzo al Nuovo per ” La Scena ” .
    Bravissime Finocchiaro e Monti , bravissimo e …bello Annoni .-)

    Ci siamo lustrati un po’ gli occhi, il che non guasta. Il Nuovo poi e’ sempre garanzia di spettacoli frizzanti ( ma in questo caso con qualche venatura seria anche).
    Io e il mio compagno siamo Milanese uno e Ticinese l’altro… quindi Como …..
    Non conoscevamo Stefano Annoni. Ci siamo informati un po’ 🙂
    Bene che stai avendo successo , te ne auguriamo tanto. E bene che hai due figli 🙂 Speriamo abbiano preso dal padre ( anche se non conosciamo la madre)

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