Quando si parla di Slam Jam a molti ferraresi verranno in mente soltanto i due negozi nel centro cittadino che vendono abbigliamento di alcuni marchi alla moda, accessori, scarpe. Dietro c’è però molto di più: Slam Jam è un’azienda che possiamo a tutti gli effetti considerare un’eccellenza del nostro territorio: offre lavoro a circa 70 persone, ha un respiro nazionale ed internazionale ed una sede in via Ferrari che sembra uscita da Londra o New York. Slam Jam è un’ambasciata a Ferrara della cultura street, un distributore di abbigliamento in primis ma anche ombelico del mondo intorno cui ruotano artisti, designer, skater, surfer ed amanti di uno stile ricercato e raffinato, al contempo informale e giocoso, colorato, moderno.
Attraverso i suoi magazzini passano le merci di marchi ormai noti al grande pubblico come Carhartt, Stussy, Nike, che vengono poi distribuiti sul mercato italiano in via esclusiva. Dall’idea iniziale di Luca Benini, appassionato collezionista di vestiti e di cultura hip hop, fondatore dell’azienda nel 1989, nel tempo Slam Jam è diventato molto di più: oggi organizza eventi, mostre, manifestazioni che vanno oltre la semplice reclamizzazione o presentazione di marchi e prodotti. Sono la volontà e la necessità di raccontarsi al suo pubblico, di comunicare il linguaggio della street art, ormai pienamente mainstream, attraverso l’arte, la moda e la musica, in un mix che non lascia indifferenti giovani e meno giovani da ormai 25 anni.

Domenica 7 settembre l’elegante sede di cemento e vetro aprirà le sue porte al pubblico per la prima volta in occasione di Block Market, una festa che celebra Slam Jam e il suo compleanno ma anche una corsa non competitiva (la Peacock Run, la corsa tra i pavoni lungo la ciclabile di Burana in partnership con Nike per la quale le iscrizioni sono quasi esaurite), mercatino delle pulci, dj set e buona tavola.

“È la nostra giornata ideale” spiega Giovanni De Marchi, direttore marketing di Slam Jam, che incontriamo per raccontare come si è arrivati fino a qui, per ripercorrere le tappe che hanno reso Slam Jam un brand autorevole a livello mondiale.

Partiamo dalla fine: finalmente aprite le porte alla città e vi fate conoscere meglio…

Il Block Market nasce proprio per parlare al territorio e comunicare ad amici e al nostro pubblico in città ma anche fuori quello che è Slam jam. Prima di tutto un gruppo di persone con diversi interessi che ha la fortuna di poter lavorare con le proprie passioni. Block market nasce immaginando la nostra giornata ideale e per mettere in luce il business ma anche il background dell’azienda. Abbigliamento, passione per i vestiti e le scarpe, musica, arte contemporanea e sport. Attività fisica fatta per il puro piacere di stare in movimento e infine la buona cucina. Apriamo inoltre la sede al pubblico per mostrare dove lavoriamo ma anche le collezioni artistiche che abbiamo qui dentro, dagli oggetti, alle collezioni di moda, ai quadri e poster da ogni parte del mondo.

È la prima volta che organizzate una festa per celebrarvi?

In questo modo si, anche se abbiamo avuto per anni l’esperienza dello “Slam Trick”: una manifestazione simile che abbiamo organizzato per ben 12 anni, un contest di skateboard di tre giorni a Marina di Ravenna. Nel frattempo siamo cambiati, non lo organizziamo più ma proviamo ugualmente a fare qualcosa di diverso per far capire che non siamo solo un marchio che distribuisce abbigliamento.

All’inizio però Slam Jam nasce come distributore.

Sono passati 25 anni dalla fondazione di Slam Jam ma fin dall’inizio ruotava fortemente intorno alla musica: pensa che Luca Benini importava il merchandising dei Public Enemy, negli anni d’oro dell’hip hop! L’ambizione era provare a raccontare anche il mondo che stava dietro ai nostri prodotti, provare a far germinare la cultura street anche in Italia dove era più indietro rispetto altri paesi.

Foto di Lucia Ligniti

È vera la storia che iniziò in un garage? Da Jobs in poi pare che le idee migliori venissero fuori in questi luoghi…

Si, Luca inizia nel 1989 ad importare a Voghiera nel suo garage due marchi legati al mondo delle sottoculture. Il punto di svolta della nostra storia è stato l’acquisizione di STUSSY, proprio intorno alla metà degli anni ’90. Resterà sempre un marchio iconico, padre dello streetwear, capace di combinare i marchi storici del surf con lo stile di Armani facendo qualcosa di nuovo, elegante e al contempo informale. Per esempio la t-shirt stampata con la frase presa da una canzone, è invenzione loro!
E’ diventato il nostro biglietto da visita e ci ha aperto le porte a nuovi business in quanto unico distributore in Italia. Abbiamo poi acquisito FreshJive, sempre radicato nel mondo surf ma il salto di qualità enorme è stato con Carhartt. In virtù del fatto che lavoravamo con Stussy, era come una garanzia per loro…

All’epoca eravate ancora a Voghiera?

No, nel mentre ci eravamo trasferiti in via Luigi Turchi, che pian piano aggiungendo pezzi era diventata anche una sede piuttosto grande con amministrazione e reparto commerciale. All’inizio era Luca da solo e qualche magazziniere stagionale. Io sono entrato a metà anni Novanta come consulente, mi occupavo di comunicazione con lo studio “Sartoria” e Slam Jam era uno dei nostri clienti.

Infine siete diventati punto di riferimento per il mondo skate e quello sportivo di Nike.

Nike è arrivata negli ultimi due anni, quindi è storia recente. Grazie alla forza economica che ci ha dato Carhartt, abbiamo creato una divisione sportwear con distribuzione di materiale tecnico per skateboard, dalle scarpe alle tavole fino agli accessori di ogni tipo, hard-goods e soft-goods che ruotano intorno a questo mondo. È in quegli anni che nasce appunto l’evento “Slam trick”, lo skate in quel momento era ampiamente di moda, che come l’hip hop va e viene a periodi. Oggi è tornato di grande interesse per via della contaminazione culturale che abbiamo infine anche nel nostro paese, è una moda che secondo me è destinata a restare in modo permanente.

Ogni tanto avete anche inseguito nicchie di mercato per veri appassionati, serie limitate, beni di importazione da collezionisti.

Abbiamo avuto ad esempio un periodo “giapponese” ad inizio anni 2000 in cui ci siamo appassionati alla moda street del Sol Levante. Un marchio in particolare è stato Visvim, che sul finire degli anni Novanta ha avuto un impatto enorme sulla cultura pop. In quel momento l’interesse per il Giappone era enorme.

E c’è seguito in Italia?

Ha avuto il suo momento di boom, ma prezzi, importazioni complesse, problemi di vestibilità dei capi hanno ridotto il mercato a pochissimi attori, una super nicchia da feticisti!

Quando vi siete trasferiti in questa nuova sede?

Nel 2006. L’abbiamo costruita da zero, progettata con un grosso investimento perché fosse comunicativa, non un capannone, un pezzo d’arte che raccontasse la filosofia Slam Jam. Abbiamo incaricato lo studio di Basilea “Diener&Diener” e ne è venuta fuori una vera e propria galleria che abbiamo popolato con molte opere d’arte contemporanea. Per di qui passano fornitori, partner e clienti di ogni tipo, anche vip: è un biglietto da visita importante.

Ora che siete diventati grandi di cosa si occupa Slam Jam?

Il nostro business è diviso in tre settori principali: il core business è la distribuzione di brand tipo Carhartt e Nike, i maggiori in termini di fatturato. Pensa che per Nike siamo gli unici distributori della linea sportwear al mondo in quanto il mercato italiano è molto particolare e complesso. Oltre a questo abbiamo una divisione produttiva che si occupa internamente di ricerca e sviluppo oltre che del controllo qualità di alcuni marchi tipo Forfex, che produciamo noi stessi, o di altri in licenza tipo Roundel London.

La divisione Retail è infine il terzo ramo del business: il concept store di Ferrara, l’outlet e di prossima apertura uno store a Milano, più punto di contatto che negozio. Un’ambasciata di Slam Jam, come amo definirla.

E Socialism? Quanto è importante la vostra presenza in rete?

Socialism è il nostro store online che ha poco più di un anno. Da sempre abbiamo avuto un e-commerce, già dai primi anni duemila quando era molto meno diffuso in Italia, mettevamo in vendita anche su internet alcuni dei prodotti che distribuivamo, ma era un interesse secondario. Oggi intorno a Socialism lavora un team dedicato: foto, gestione dei prodotti, newsletter e comunicazione… in pochi mesi abbiamo avuto un incremento enorme. delle vendite.

Come sarà Slam Jam tra cinque anni?

Sarà un’azienda che dovrà espandere il raggio d’azione nel mercato italiano, rischioso e frammentato, per certi aspetti involuto per via della crisi. In un mondo in cui tanti brand come Zara o H&M si buttano dritti sul consumatore, evitando i passaggi intermedi come il distributore, è dura mantenere un margine. Noi siamo un’esperienza rara ma prima o poi il ruolo del distributore sarà estinto, per questo è importante diventare produttori di alcuni marchi in licenza, domani saranno centrali per la nostra attività.

Come mai siete sempre rimasti a Ferrara? Non vi sentite un pesce fuor d’acqua in una città così piccola?

Uno dei motivi per cui Slam Jam è rimasta originale e sorprendente è che è rimasta proprio una realtà di provincia, con persone “ruspanti” al suo interno. Abbiamo sempre fatto il nostro lavoro con grandi risultati e ampia visibilità nazionale o mondiale pur rimanendo in provincia. Si può fare! C’è stato un momento in cui ancora eravamo in pochi e si fantasticava di un trasferimento in riviera romagnola, ma solo per la qualità della vita che offre. Niente Milano o Roma… non ci fanno una gran differenza in realtà città come queste.

E Ferrara vi segue o avete un linguaggio troppo avanti? Come mai in molti vi associano esclusivamente ad un negozio che vende vestiti?

Siamo legati al territorio ma se vivi in questa città sai che per quanto riguarda il nostro business non abbiamo negozi che ci rappresentano se non il nostro… abbiamo più clienti a Modena che qui! Se in zona ci fossero altre 5-6 aziende del nostro settore sarebbe meglio… saremmo tutti più conosciuti. A livello di azienda il limite di stare a Ferrara è forse la difficoltà a reperire risorse umane: non mancano i cervelli ma è difficile trovare le persone giuste che incarnano lo stile e la filosofia di Slam Jam. Inoltre come città di provincia in pochi sono disposti a spostarsi a vivere qui per lavoro.

25 anni e l’evento di domenica, ci sono progetti già in cantiere per l’anno prossimo?

Abbiamo pensato a 25 progetti con 25 brand e artisti diversi associati. Un lavoro enorme che vedrà i primi frutti nel 2015, ad esempio con Puma, Vans e Carhartt. Il 25 di ogni mese verranno lanciati 5 prodotti online e negli store. Vedremo quanto occorrerà per realizzarli tutti e venticinque! Intorno ai progetti ed ai prodotti saranno costruiti comunque degli eventi ad hoc, mostre o altro… sarà un anno ricco di contenuti, vedrete.

1 Commento

  1. luca scrive:

    De Marchi, idee di altri spacciate per tue.
    Purtroppo la realtà non è quella descritta.
    Decine di ragazzi, tirocinanti, stagisti, usati.
    Non è oro tutto quello che luccica.

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