Al lato sinistro della strada, il verde delle foglie si dirada per lasciare libero il passaggio. Il peso di un fascio di rami accarezza il grigio ruggine dell’insegna. La vegetazione che si avvolge fitta, ne lambisce appena la cima. L’auto si lascia dietro la via Nazionale mentre varchiamo l’ingresso al civico 95. A San Nicolò è un pomeriggio di giovedì e le numerose macchine in sosta indicano da subito che è uno dei giorni più popolosi del mercatino solidale. Il capannone gestito dalla comunità Emmaus si staglia in mezzo all’area. All’interno, come panni appesi a una corda, dal soffitto pendono le bandiere di tanti paesi del mondo. In mezzo ai lembi di stoffa colorati, fa capolino anche l’arcobaleno della pace.

In basso, invece, lo spazio è distribuito in una sorta di reparti. C’è l’angolo dei mobili, quello degli oggetti, dei libri, dei vestiti. Tutta merce proveniente da case di privati. Sul sito dell’associazione per i poveri e i rifugiati, fondata da Henri Antoine Grouès, detto Abbé Pierre, infatti, si legge che i volontari ritirano gratuitamente, dalle abitazioni dei richiedenti, qualunque tipo da materiale che abbia ancora un valore. Materiale che possa essere rivenduto appunto nel mercatino dell’usato, oppure come materia prima nel caso di ferro, carta, lana o metalli. Se si tratta di mobili da smontare in casa, la comunità si attrezza inviando al domicilio una squadra di tre persone per la raccolta. Raccolta che avviene in prevalenza nelle province di Ferrara, Bologna e Ravenna. Il ricavato delle vendite della merce donata viene utilizzato per mantenere la comunità, oltre a sostenere progetti di solidarietà.

Foto di Lucia Ligniti

Nel territorio ferrarese, la storia di Emmaus ha raggiunto il traguardo dei due decenni. «La nostra comunità – afferma Cecilia – è a San Nicolò da vent’anni. Il nostro operato è legato al recupero di materiali di scarto. Siamo quasi una trentina di persone a vivere con l’attività di ritiro di merce e vendita in questo magazzino. Il senso dell’attività è restituire una utilità alle cose. Noi riusciamo a vivere così, mantenendoci senza lucrare. Inoltre promuoviamo iniziative di solidarietà in favore di persone più svantaggiate. Inizialmente vendevamo nella nostra sede le cose che i privati ci donavano, poi ci siamo spostati qui, in un capannone di circa tremila metri quadri. In questo luogo sono passati e passano tantissimi oggetti, diversi per storia, forma e provenienza. Se penso a quelli più strani mi vengono in mente un risciò e un deltaplano, che oggi però non sono più presenti. Il martedi e il giovedì, dalle 14 alle 18, e il sabato, dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 18, è attivo il nostro mercatino. Il vintage si vende solo il giovedì e il sabato, dalle 14 alle 18. Senza dubbio ci sono periodi di maggiore affluenza, come per esempio d’autunno».

Il viavai di gente è comunque percepibile. C’è chi confronta le misure di un armadio, chi sfoglia un fumetto, chi inforca un paio d’occhiali e li prova davanti a uno specchio. Difficile controllare il tempo se si sceglie di esplorare ogni scaffale. I numeri di Topolino campeggiano su appositi ripiani. Il salto più in là a una collana di Tex Willer, è un balzo quasi generazionale, oltre che di fantasia. Il corridoio prosegue con un vano dedicato a favole e letture per bambini fino ai quattordici anni. Vocaboli come ‘Grande festa’, ‘Meraviglia’, ‘Intrigo’ e ‘Mistero’ sono i titoli più gettonati nelle copertine. L’effetto suspense forse è bruciato sul nascere, ma magari a guadagnarci è l’elemento nostalgico. Il tour continua fra fiabe illustrate, racconti per ragazzi, e una corposa collezione di libri di narrativa rosa Harmony. Deposto su una mensola, un antico esemplare di radio Indesit pesca chissà dove con la sua antenna. Ogni oggetto rimanda a microcosmi lontani o racconta fra le righe qualcosa dei suoi precedenti possessori. Una serie di valigie riposte in cima alle scaffalature poco ha a che vedere con i trolley attualmente in commercio. Gli angoli squadrati, la base rinforzata, il manico ben saldo per assicurare la presa di chi partiva con il necessario nel proprio bagaglio, magari con la speranza di fare fortuna.

Più in alto, sulle bianche pareti, o agganciati su apposite strutture di metallo, poggiano quadri dai soggetti e gli stili differenti. C’è la veduta di una costa, c’è un primo piano di un volto umano, c’è un vaso di fiori, c’è un corpo nudo di donna. Un mosaico di figure che si arrampicano nel caos, alcune arrivate da poco, altre lì da molto più tempo. Se le tele sono esposte in prevalenza rialzate, la carta invece trova il suo spazio più in basso. Custodie in cartoncino di dischi in vinile di musica classica, in sequenza ordinata, riposano silenziose. Di tanto in tanto l’angolo di una salta fuori dalla successione. Un avventore magari l’ha estratta perché incuriosito da un titolo o da un’immagine riprodotta. Fra i nome dei musicisti, saltano agli occhi quelli di Mozart o di Schubert. Bisogna oltrepassare una barriera di lampade, cassapanche e vetrinette per raggiungere i cimeli musicali.

I dettagli sono calamite per un cacciatore d’immagini. E l’area destinata all’abbigliamento e alle calzature è probabilmente quella più ricca di particolari. Dalla tinta gialla accesa di un paio di scarpe femminili con tacco alle molteplici sfumature di una collana etnica, dai colori più tenui di un cappotto a quadretti a quelli più vivaci di una camicia floreale. I giochi cromatici continuano anche involontariamente in virtù del puzzle di vestiti che escono e rientrano dalle grucce.

La luce del giorno, intanto, filtra dai finestroni laterali e rischiara i ripiani con gli stivali più scuri. Alcuni passanti si aggirano fra le credenze e le scrivanie. Qualcuno percorre la corsia disegnata dai divani color arancio e getta l’occhio su un vecchio televisore senza telecomando. Sull’espositore, a pochi metri dall’uscita, stazionano le copie della rivista ‘Emmaus Italia’. Visto da fuori, sembra solo un capannone.

1 Commento

  1. Fiore scrive:

    Fà bene a noi sapere e vedere che gli oggetti una volta lasciati o “abbandonati” perchè non ritenuti più idonei al nostro vivere, assumino nuove forme di utilità e si rigenerino attraverso l’acquisto solidale e non. Credo che entrare in questo posto sia anche un “viaggio” interiore…!
    E a pensare che una volta, tutto andava in discarica….

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