Tanti impermeabili colorati hanno affollato il centro ieri sera. Dalle 19 circa si sono materializzati due serpentoni ondeggianti, che aprivano le loro bocche proprio sotto la Via Coperta. Questo flusso umano, accompagnato da risate, ombrelli di ogni foggia, birre e gli immancabili panini avvolti nella stagnola, aveva un solo obbiettivo: il concerto degli Alt-J. Non importava la pioggia battente, la fila che non voleva avanzare e neppure la scelta di scarpe sbagliate. Chi con l’impermeabile all’ultimo grido, chi con quello in stile montanaro e anche chi, non avendo di meglio, ha usato una sportina (termine dialettale che indica i sacchetti di plastica) quale copricapo d’emergenza, tutti volevano rendere omaggio al gruppo inglese.

Passate le 20 i serpentoni si sono smaterializzati, lasciando fuori solo gli ultimi ritardatari.

Ad aprire il concerto c’erano i The Lemon Twigs, giovani americani rampanti rimasti affascinati dagli anni ’70. Con un piacevole sound, pantaloni a zampa e tanti, ma proprio tanti, saltelli hanno traghettato il pubblico fino alle 21 passate.

La folla pareva essersi un po’ dissolta nei meandri acciottolati. L’attesa era palpabile, come ad ogni concerto che si rispetti, ma estremamente pacata e languida. Il pubblico, mediamente giovane, non manifestava eccessi ed attendeva composto, ancora avvolto nei buffi impermeabili.

Intanto il celo sembrava essersi definitivamente placato. Il concerto tanto desiderato poteva cominciare.

Foto di Giulia Paratelli

Più precisi di un gruppo svizzero si sono manifestati i tre componenti della band: Joe Newman (chitarra e voce), Gus Unger-Hamilton (tastiere) e Thom Green (batteria). Semplici ed educati, hanno subito catalizzato l’attenzione con il loro stile raffinato, forse un po’ bon-ton, ma ricco di variabili e mai scontato. Difficile etichettarli: alternative indie pop, art pop, indie rock o addirittura folktronica (misto tra musica folk ed elettronica), queste sono solo alcune delle definizioni che potrete trovare su di loro.

La verità è che suonano e cantano davvero, talmente bene che pare di ascoltare un loro disco realizzato in studio. Fondono molte influenze e stili, non sai mai quale deriva, quale variazione sonora possa prendere un loro brano. I loro testi sono altrettanto particolari. Evocativi e criptici, forti per la ricchezza dei vocalizzi sempre ben eseguiti.

Il pubblico li ha seguiti, acclamati, ma sempre con garbo e compostezza. Li hanno aspettati senza un lamento quando dopo i primi brani, a causa di un problema tecnico, la musica ha smesso di essere amplificata e solo un leggero rullare di batteria ha riempito l’aria. Passata una decina di minuti i tre ragazzi sono tornati sul palco, con qualche frase di scuse in italiano, hanno ripreso a suonare.

Foto di Giulia Paratelli

Lo spettacolo ha catturato anche gli occhi, oltre alle orecchie, grazie a splendidi giochi di luce che dal palco arrivavano a colpire anche le torri aranciate del castello.

Luci e suoni si fondevano perfettamente, esaltando i brani proposti ed offrendo uno spettacolo raffinato e completo. Tutti i loro successi sono stati eseguiti, intervallati  dalle canzoni dell’ultimo album, Relaxer, appena pubblicato.

Dopo essere riapparsi sul palco per chiudere con gli ultimi due brani di rito, gli Alt-J hanno salutato il loro paziente pubblico stringendosi in un abbraccio. Composti fino alla fine. Anche gli impermeabili hanno invertito il senso di marcia, uscendo sorridenti e soddisfatti. Oltrepassate di nuovo le volte della Via Coperta si sono dispersi nella piazza.

 

Dopo avervi stuzzicato, ecco qualche consiglio per famigliarizzare con gli Alt-J:

– Dall’album This Is All Yours una menzione va ad Every other freckle ed Hunger of the pine,

-Tutto l’album The Awesome Wave merita attenzione. In particolare i singoli: Tessellate, Breezeblocks, Fitzpleasure, Something Good, Taro e Matilda,

– In fine, per diventare veri fan, non vi resta che gustarvi anche la loro ultima fatica, Relaxer.

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