In una puntata dei Jetsons – i Flinstones del futuro di Hanna&Barbera – il robot cameriera azionava una stampante in grado di fabbricare oggetti. La fantascienza di ieri è la progettazione di oggi e possiamo averne un assaggio questa settimana. Come? Venite a dare un’occhiata a MEME Makers exposed, al Mercato Coperto. Volete vedere un vaso per le piante che rincorre il sole in casa? MakeinBo e FabLab Bologna presenteranno il progetto eVaso venerdì 13 a partire dalle 17. Sapete che si può stampare un’intera città in 3D? Gli Wasp, insieme a Francesco Bombardi e Fernando Arisa, presenteranno sabato 14 dicembre un progetto che ha dell’incredibile: creare delle case per gli abitanti delle favelas brasiliane con una stampante 3D grande, per ora, dieci metri. Il Festival è alla sua edizione zero. Il Mercato coperto, invece, è un’opera architettonica del Novecento che conosciamo già ma non sempre è valorizzata come dovrebbe.

Cos’è MEME? E’ un’associazione di persone e non di aziende. Persone di Kuva e Canapé, tanto per dirne un paio. Che hanno pensato bene di strappare i makers dai loro garage e dai loro laboratori per metterli di fronte ad aziende e imprese per farci svelare, con le loro antenne bioniche, scenari possibili di un futuro non troppo remoto.

Cos’è un MAKER? Ce lo spiega Michele Travagli, uno degli organizzatori del festival. “Un maker è l’artigiano del futuro. Qualcuno che sa fondere tradizione e innovazione. Gli artigiani del futuro sono progettisti, designer, talenti nel campo della moda, dell’hi-tech. Lo scopo è farli uscire allo scoperto, collegare il garage di casa all’azienda”. Durante la prima settimana del festival, dal 9 al 15 dicembre, agli artigiani sarà offerto un incontro ravvicinato con le imprese produttive del territorio: investitori, banche e realtà economiche nazionali. Il vademecum del maker è “Futuro artigiano” di Stefano Micelli, il guru del movimento e uno degli ospiti di spicco del festival insieme a Stefano Maffei del Politecnico di Milano, Francesco Bombardi direttore della FabLab (digital fabrication laboratory) dell’Emilia-Romagna.
Le imprese che partecipano sono tante: Slam Jam, Felisi, Material Connexion Italia, istituti come Isia di Faenza, Poliarte di Ancona, FrizziFrizzi.it. Oltre alla visibilità i makers vincono un anno di
di e-commerce, in collaborazione con MakeTank, artefice di alcuni dei workshop. “MEME non sarebbe stato possibile senza l’aiuto di Laura de Benedetto – racconta Michele – una designer innovativa di Firenze, fondatrice di Maketank.it e del crowdfunding per il finanziamento del festival”.

Foto di Giacomo Brini

Si ricorre molto ai termini inglesi in questo festival che fa invece del Made in Italy il suo giusto orgoglio. Peccato che gli italiani vadano pazzi per parole come mission, director manager, project, meeting, coffee-break ma poi, quando si tratta di passare ai fatti, rivelano un inglese che è, nel migliore dei casi, masticato male. Ed è uno dei problemi della scarsa competitività dell’Italia in ambiti come l’hi-tech e la progettazione anche se certo non il più grave. I talenti invitati sono, comunque, tutti italiani, eccetto l’Asociación Piovra di Madrid. Bisogna però riconoscere che l’inglese di MEME non è impiegato solo perché-fa-cool: il movimento dei makers viene dagli USA, patria del computer. “Il maker quindi è un marchio americano – continua Michele – mentre MEME l’abbiamo inventato noi. MEME sta per unità minima duplicata, quello che ci auguriamo per i nostri talenti, duplicati come i gattini su YouTube per intendersi”.

Come è nata l’idea? “Alcuni tra coloro che hanno organizzato MEME, come Federica Poggi o Paolo Vettorello, pensavano a un festival del design diverso dai soliti. L’abbiamo arricchito con l’hi-tech. Come i gioielli tagliati con il laser. O i circuiti indossabili.” racconta Travagli. Un lavoro di gruppo insomma: molti sono architetti come Maurizio Bonizzi, Diego Farina e Sergio Fortini, designer come Paolo Bevilacqua o esperti in social media come Matteo Buriani.

Che settimana sarà quella dal 9 al 15 di dicembre? Martedì e mercoledì mattina i makers presenteranno al Comune di Ferrara e alla Camera di Commercio le loro creazioni di fronte alle aziende. Nel pomeriggio saranno invece a Palazzo Rovella. Questi saranno gli incontri privati. Ma il pezzo forte sono i seminari aperti al pubblico al Mercato Coperto e a Palazzo Roverella. La sera, invece, dj set e open bar per rallegrare un po’ anche i neuroni stanchi.

Il Workshop più allettante è quello sulle startup: come si lancia una startup in Italia? Che finanziamenti ci sono? Come si superano gli ostacoli burocratici, economici, politici? Qui non è Londra o Berlino, la burocrazia infernale e i finanziamenti inesistenti tagliano le gambe non solo al primo venuto. Come si fa se mancano i soldi di papà? Secondo Michele resistere si può, un modo è possibile.

Ancora una volta la città di Ferrara ospita un festival nuovo. Ancora una volta si dimostra dinamica e curiosa. Michele dice la sua: “E’ il post terremoto. Abbiamo pensato tutti: ecco, siamo morti, la città è morta. Cosa ne sarà di noi, di questa città che già economicamente non è molto allegra? Dobbiamo fare qualcosa. Dopo il terrore è nata una città nuova. Una vitalità del genere non si è mai vista”. Ferrara è sempre più una città di satelliti che s’incontrano e si scontrano, un posto dove creare rete è più facile che altrove, una città a misura d’uomo ma con un fermento culturale sempre meno in sottofondo e sempre più vivace.

“La nostra ambizione è riuscire a impiantare un ecosistema di startup a Ferrara. Ma è dura. Faccio un esempio: al momento avrei bisogno di quattro-cinque persone per funzioni ben precise. Peccato che siano tutti all’estero. Uno lavora nel Wisconsin, l’altro a Barcellona, l’altro ancora a Londra! E’ dura. Perché gli italiani non parlano inglese e il loro livello di conoscenza delle infrastrutture è demoralizzante. In Italia parole come startup, coworking, crowdfunding, green-tech, digital startup sono ancora parole aliene. Insomma, cerchiamo persone nuove, modelli nuovi, un po’ di ossigeno”.

Il dramma è sempre quello: chi ha un talento, un’idea, un progetto e non ha i soldi della mamma ha due possibilità di fronte a sé: o espatria o accantona talenti, studi e passioni e fa altro. Per sopravvivere. “La situazione è dura e la crisi economica è stata solo il colpo di grazia, bisogna rinnovarsi e innovarsi. L’abbiamo fatto anche noi. Ci siamo tutti inventati una professione che prima non c’era”. “Mia mamma ancora non ha capito che lavoro faccio” dice Paolo Vettorello, ex gestore di Zuni e responsabile di Ferrara sotto le stelle (e un milione di altre cose), chiamiamolo burocrate del rock and roll. “Io questa città la amo, non siamo i più bravi di tutti ma abbiamo delle buone carte da giocare”.

Sabato sarà festa grande al Mercato Coperto: ci sarà la prima ferrarese del promo Mila in bloodstein delta della regista ferrarese Lyda Patitucci, vincitrice dell’ultimo Filmfest di Catania. Domenica mattina all’ora di pranzo Massimiliano de Giovanni (che abbiamo già incontrato per Tag Festival e Officina del Vintage) preparerà uno dei suoi pranzetti creativi.

Con tutta la frutta e la verdura di là dalla parete non dovrebbe aver problemi.

La settimana del futuro è dal 9 al 15 dicembre 2013. Il programma completo qui: http://memexposed.com/

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