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Sala Boldini · 18 marzo 2016 · ore 21.00

FUOCOAMMARE di Gianfranco Rosi – intorduzione a cura di Cooperativa Sociale Camelot

Dove

Sala Boldini

Quando

da 18 marzo 2016 · ore 21.00

Info


Ingresso: 7,50 - 5,00 €

Venerdì 18 marzo al Cinema di Boldini di Ferrara verrà proiettato alle ore 21.00
Fuocoammare di Gianfranco Rosi
vincitore dell’Orso d’Oro 2016 al Festival del Cinema di Berlino.
Aprirà la serata Federico Tsucalas, Responsabile del settore Società e Diritti della Cooperativa Sociale Camelot, che farà un focus sul sistema di accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, con particolare attenzione a come si sviluppa nel territorio regionale e ferrarese.
Nel suo viaggio intorno al mondo per raccontare persone e luoghi invisibili ai più, dopo l’India dei barcaioli (Boatman), il deserto americano dei drop-out (Below Sea Level), il Messico dei killer del narcotraffico (El Sicario, room 164), la Roma del Grande Raccordo Anulare (Sacro Gra), Gianfranco Rosi è andato a Lampedusa, nell’epicentro del clamore mediatico, per cercare, laddove sembrerebbe non esserci più, l’invisibile e le sue storie. Seguendo il suo metodo di totale immersione, Rosi si è trasferito per più di un anno sull’isola facendo esperienza di cosa vuol dire vivere sul confine più simbolico d’Europa raccontando i diversi destini di chi sull’isola ci abita da sempre, i lampedusani, e chi ci arriva per andare altrove, i migranti. Da questa immersione è nato Fuocoammare.

Gianfranco Rosi è un regista che ama il tempo e gli esseri umani, i suoi film sono un viaggio nello spazio-tempo dominato da una strana quotidianità. E in Fuocoammare, così come in Sacro Gra, i protagonisti sono lo spazio, il tempo e le sue persone. È un film che incita, con delicata ma profonda severità, a una diversa partecipazione, a una più profonda sensibilità nei confronti di temi che ci riguardano tutti da molto, molto vicino. Rosi ha impiegato così un intero anno sull’isola di Lampedusa per riprendere i flussi migratori verso le coste italiane, l’orrore dei corpi intrappolati nelle stive di barconi fatiscenti e lo spirito essenzialmente marittimo di un posto dove tutto ha a che fare con l’acqua e la natura. In Fuocoammare c’è la Lampedusa dei migranti, delle navi che individuano e soccorrono gli scafi in cui migliaia e migliaia di persone sono sopravvissute a fatica, provenienti da diverse parti del mondo guidate tutte dal sogno di una vita migliore. Ma insieme a questi “vivi” ci sono, e non potevano non esserci, i morti chiusi nei sacchi neri rimasti sul fondo, soffocati e corrosi dal caldo e dalla benzina.
Poi c’è la lenta, quasi metodica, quotidianità degli abitanti dell’isola scandita dal lavoro della pesca, della vita di famiglia e da un nostalgico programma radiofonico, fatto di dediche e anniversari. Due temi dunque che si intrecciano e trascinano lo spettatore da una parte all’altra della stessa isola, a volte bruscamente a volte con delicatezza, ma sempre con pudore e rispetto. In questo modo con una verità -che nulla ha di artificioso- vediamo i lampedusani gesticolare e muoversi lenti nel loro mondo, insieme alle immagini dei migranti, avvolti da una coperta dorata come spiriti fluttuano in uno spazio a loro alieno. Rosi unisce queste due Lampedusa grazie alla la figura di un medico, il dottor Pietro Bartolo, che da trent’anni assiste ogni singolo sbarco e si occupa di curare i migranti. Il medico, l’ unico a rivolgersi direttamente in camera, ci racconta cosa significa assistere, curare i migranti, o – troppo spesso – constatarne la morte. Fuocoammare è un grande film documentario, perché tutto quello che vediamo sul nostro schermo è nato dalla realtà. Nessuna scena è stata scritta prima che si palesasse davanti alla telecamera del regista. Il regista lascia libero spazio agli abitanti dell’isola, che sono stati scelti con incredibile talento. Con loro si gioca alla guerra tra i cactus, con loro si va cucina, in camera a rifare con cura il letto, in sala da pranzo con spaghetti al sugo di pesce e insieme a loro si avverte che il mare è sempre presente.


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