Uno strano profumo, dolce e persistente, ci invade i polmoni appena varchiamo la soglia della legatoria Antolini di via Aldighieri. All’odore della carta mescolata alla colla, biancastra e liquida, si aggiungono il legno ed i solventi in una strana e particolare miscela, per nulla sgradevole. Ogni luogo, si sa, ha i suoi odori peculiari. Quelli appena descritti si possono incontrare solo entrando in una legatoria.

Ma cos’è una legatoria? Senza esagerare si potrebbe descrivere come un luogo un po’ magico, pieno di libri, carte, presse e strani macchinari, serenamente sospeso nel tempo. Almeno, quella gestita dal signor Franco, ci è parsa così. Dalla metà degli anni ottanta quest’uomo, una sorta di medico dei libri, si è occupato di centinaia di volumi. Con il suo sguardo attento li ha esaminati, cercando tracce di parassiti e di macchie da eliminare, per poi donargli una nuova veste, riparando o sostituendo la copertina e lavorando sulle legature, così da farli risplendere di nuovo. Perché Franco non si occupa solo di rilegare volumi ma è un vero restauratore: carta ed inchiostri non hanno segreti per lui e sotto le sue cure ogni tipo di libro – a stampa o vergato a mano, su carta o pergamena, con antiche e solide legature o semplici cuciture – torna a nuova vita.

Foto di Corradino Janigro

Egli stesso ci racconta che, fin dai suoi esordi, si è occupato di recuperare opere manoscritte, tra cui alcune lettere scritte da Torquato Tasso nel suo periodo di “detenzione” e conservate presso la Biblioteca Ariostea. Un incarico importante e molto delicato dal momento che con questi fragili pezzi di storia, salvati dal tempo, non si può certo scherzare. Oltre a quest’impresa, negli anni, ha anche restaurato opere su carta di artisti molto noti e amati dai ferraresi quali Boldini, De Pisis e Gaetano Previati. In tali casi il suo intervento avviene solo sul supporto, cioè la carta, e non sui materiali pittorici (pastelli, matite o inchiostri).

Anche il pomeriggio in cui ci accoglie sta finendo di “lavare” alcune incisioni di proprietà privata. La carta su cui erano realizzate è fortemente danneggiata dalla luce, diventando giallastra, e da quella che comunemente chiamiamo muffa. È da poco arrivata anche una commessa dalla Biblioteca Ariostea. Sotto i nostri occhi increduli apre un meraviglioso volume a stampa di fine ‘400. Un’opera strana, che mostra la transizione dai testi manoscritti a quelli a stampa, con i capolettera ancora dipinti a mano. La pesante copertina, realizzata in legno ed inserti in metallo, necessita visibilmente di un intervento.

Davanti a queste opere non si può non riflettere su come in passato fosse diversa la concezione del libro. Un’opera richiedeva molto lavoro per essere realizzata, era un oggetto prezioso, riservato a pochi e creato per durare nel tempo. Possedere un libro significava essere potenti, avere le chiavi del sapere e della conoscenza e poterle tramandare da una generazione all’altra.

Foto di Corradino Janigro

La legatoria Antolini, oltre ad essere un luogo magico e speciale, racconta anche la storia di una famiglia ferrarese. Franco ci spiega che fu sua madre a cominciare l’attività, rilegando libri a mano nella tranquillità di casa sua. Poi, dopo aver seguito gli opportuni corsi di formazione, egli stesso è subentrato nell’attività di famiglia ampliandola con le sue conoscenze nel campo del restauro. Non una scelta scontata: Franco ricorda ancora i tempi in cui si chiedeva se fosse più giusto intraprendere gli studi di restauro o diventare un artista. Non è un mestiere che regala gloria, ne grandi guadagni. Però è una vocazione. Il bisogno di recuperare il nostro passato, le nostre origini. In quest’attività si rimane nell’ombra. Il restauro, secondo Franco, non deve mai diventare protagonista ma permettere che il libro o la stampa vengano conservati al meglio. Si finisce però per trovarsi faccia a faccia con il lavoro e la maestria di altre persone che, in tempi lontani, facevano questo stesso mestiere. Ed è bello, racconta Franco, rifare gli stessi gesti e sentirsi parte di una storia che si ripete.

Cosa consiglia ad un giovane desideroso di intraprendere il suo stesso percorso? Studiare sodo, frequentare i cinque anni di università senza farsi allettare da facili corsi, falsamente abilitanti. Poi serve tanto amore e passione, ma questo non l’ha detto a parole… era implicito nei suoi occhi.

Se volete saperne di più su questo “piccolo mondo antico” non avete che da recarvi sul suo sito o, con un libro un po’ malconcio sottobraccio, in Via Aldighieri 29/a per lasciarvi sorprendere da uno strano profumo, dolce e persistente.

1 Commento

  1. Roberto Vincenzi scrive:

    Pensa…ricordo ancora l infanzia passata in quel negozio quando mio nonno ci aggiustava i televisori…sono lieto che ora abbia nuova vita…Roberto

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