di Erika Tebaldi

In quanto tempo si può percorrere il Po in bicicletta? Credo che in pochi lo sappiano. Ci vogliono tre giorni: tre giorni in cui le ore diventano lunghissime, tre giorni in cui le notti diventano cortissime, tre giorni che sembrano diventare una settimana.

Ognuno affronta la Rapha Festive500 con la sua motivazione per una sua sfida personale, per un suo sentimento, per un suo obiettivo. Quello che spinge a pedalare una così lunga distanza non è uguale per tutti e quello che ho imparato è che nessun motivo è più giusto di un altro. C’è chi li percorre per mettere alla prova i propri limiti, chi per stare in compagnia, chi per vincere un premio, chi per mangiare e bere in abbondanza, chi per scoprire  posti nuovi e ammirare nuovi paesaggi, chi solo per pedalare…

La Rapha Festive500 è una pedalata di 500 km tra Natale e Capodanno. Quest’anno il gruppo di Ferrara l’ha programmata per il 27-28-29 dicembre e il percorso vede la risalita del fiume Po. I suoi argini sono stati il fil-rouge del percorso, dalla sua foce alla sorgente sul Monviso, la partenza è stata fissata alle 4 del mattino da Gorino. Le ore che precedono l’alba sono di un freddo pungente e la speranza è quella che il sole decida di arrivare prima del solito sfuggendo all’abbraccio della nebbia che sembra essere padrona del paesaggio. Al freddo ci si può anche abituare, ma per il momento non è ancora nelle mie corde, il buio poi, non mi permette di godermi il paesaggio che scorre lungo i miei pedali… i miei limiti già li conosco, sono “Festive” e me le voglio godere appieno.

Il gruppo di Festive 500 all’arrivo della prima tappa, da Gorino a Ferrara

Anteprima – Prima della partenza

Decido  di partire un giorno prima rispetto al resto del gruppo, in mattinata arrivo a Gorino e mi posso godere  i primi 95 km in solitaria nella campagna immersa in una bianca coltre di nebbia. La luce del mattino è magica, sembra di pedalare in un dipinto impressionista, il volo e il planare degli uccelli trasmette pace ed equilibrio. Ecco il ponte di barche, il castello estense di Mesola, un passaggio nella caratteristica Ariano nel Polesine … Questa parte del Po la conosco, l’ho pedalata tante volte, ma riesce a stupirmi ogni volta.. La curiosità cresce per la parte ancora da scoprire. Per le 13.30 le gambe sono sotto la tavola a festeggiare Santo Stefano con dell’ottimo pesce recuperato a Comacchio! Nel tardo pomeriggio ci siamo dati appuntamento, in piazza Ariostea, con il resto del gruppo per caricare armi e bagagli in vista della partenza ufficiale da Gorino. Un saluto alle biciclette ben incatenate, qualche piccolo bagaglio lasciato sulla macchina di supporto, un rapido brindisi (con quello che doveva essere un prosecco e invece era un rosso e fermo…l’eccitazione gioca brutti scherzi) e un ennesimo morso a un panettone. Siamo pronti, tutti a letto!

Foto di Fabio Carlini

Primo Giorno

Alle 05.30 apro gli occhi nel mio letto nonostante la sveglia sia puntata alle 7, controllo la posizione dei ragazzi sulla App NeverAlone e mi accorgo che sono ancora fermi a Gorino. Non dovevano partire alle 04:00? Che sarà successo? Dopo poco li vedo muovere lungo il tragitto. Bene, vorrà dire che ho più tempo per la colazione! Alle 9.00 mi faccio trovare al Duca D’Este, in centro a Ferrara, dove incontro, oltre a parenti e amici passati per un saluto, altri ragazzi che pedaleranno per qualche chilometro con  noi. Un po’ in ritardo rispetto alla tabella di marcia e   infreddoliti, ma sempre sorridenti, eccoli arrivare: si fermano per la meritata colazione, i saluti e le foto nella suggestiva  e oggi per fortuna anche soleggiata Piazza Castello. Il gruppo si riscalda e si sfama raccontandosi le peripezie del primo tratto: il recupero dell’acqua della foce, una scivolata sul ponte di barche, il freddo…

Alle 10.30 si rimonta in sella: la strada e la giornata sono ancora lunghe. Per fortuna il sole ci accompagna per un po’. Siamo a Stellata, intravediamo la Rocca e ci accingiamo a lasciare l’Emilia Romagna per entrare in Lombardia.

A ora di pranzo il gruppo si è già un po’ disgregato, decidiamo quindi di sostare in una trattoria a Revere, piccolo paese di fronte a Ostiglia che ospita il Museo del Po (tra le altre cose a Ostiglia termina la Via Claudia Augusta, antica via di commercio romano che collegava il Danubio con il Po). La mattinata è stata lunga, il freddo si è fatto sentire e qualcuno ne ha risentito, Luca  ha gli occhi lucidi e molto probabilmente qualche linea di febbre. Nel mentre l’oste propone un’entrè di pane e prosciutto, un primo di pappardelle all’anatra, un bis di dolci e fiumi di birra. Il pieno e fatto, pronti a ripartire! Tre di noi optano per la variante bici più treno che prendono a Mantova per arrivare a Cremona.

Nel primo pomeriggio siamo di nuovo in sella! Il sole ha ripreso a farci compagnia. Si unisce per un tratto anche un ciclista della zona che ci fa da Cicerone. Passiamo di fronte alla splendida Piazza di San Benedetto a Po la cui Abbazia  racchiude ancora opere di illustri pittori quali il Veronese e Mantegna. Costeggiamo la vasta golena allagata con l’alluvione del ‘51.

Il calar del sole ci regala dei colori pazzeschi, rendendoci piacevole la pedalata e ricordandoci perché facciamo certe cose. La breve sosta caffè a Luzzara ci catapulta in un tempo passato con i vecchietti che giocano a carte nel bar facendo venire ora di cena. Cala il buio ma le gambe girano ancora abbastanza bene e abbiamo le forze di godere di posti come la piazza di Gualtieri , l’imperdibile Brescello, casa di Don Camillo e dell’On. Peppone, la Reggia di Colorno.

Torna anche il freddo e in alcuni tratti le strade sono sterrate, saranno le 20:00, sembra quasi notte fonda. La luce dei nostri fanali illumina le buche e poco altro. Noi ormai stanchi cerchiamo di concentrare le energie nella pedalata e  non parliamo quasi  più,  è il momento in cui subentrano i suoni della natura, siamo in luoghi isolatissimi, per me è un’esperienza tutta nuova.

Non ricordo bene l’orario o il posto ma ecco l’immancabile imprevisto: DEVIAZIONE per lavori in corso. Difficile spiegare la sensazione, ma  dopo 250 km in cui si sta seguendo una traccia precedentemente studiata, trovarsi un cartello “deviazione” senza una precisa indicazione di quanti chilometri in più toccherà fare, taglia il morale a metà. Decidiamo di andare avanti, ignoriamo il cartello, arrivati fino a qui che ci ferma?! Incontriamo  due signore che ci rassicurano su un pertugio da cui si riesce a passare. Lascio all’immaginazione di ciascuno di voi quel che è capitato, ma l’esperienza si avvicina molto alla ferrata.

Ancora dello sterrato e anche un single track con lepri che corrono a destra e a manca. La meta ora è vicina, lo sappiamo, ma la sensazione è che non arrivi mai.

Sono ormai le 22.15, siamo a Castelvetro Piacentino (dall’altra parte del Po c’è Cremona), ecco l’hotel! Dritti in pizzeria. Qualcuno di pizze se ne mangerà due, poi il dolce, poi la birra, quella non manca mai, d’altronde è un ottimo integratore di sali. Il morale è ancora alto e nell’euforia generale riesco a strappare la partenza alle 6.30 anziché alle 6.00, un po’ di sonno in più non guasta!

Secondo Giorno

Il ritardo in partenza abbiamo scoperto essere un trend di questa avventura, per cui eccoci alle 06.50 in sella, direzione ovest. Purtroppo Luca sta davvero male ed è costretto a rinunciare, credo che la sua scelta sia una lezione per tutti: a volte bisogna dire no alla vetta, anche se ci siamo allenati tanto e anche se mancano pochi metri. La strada luccica sotto la luce dei lampioni e noi pedaliamo per scaldarci aspettando l’alba che pian piano si avvicina. Anche oggi sembra essere una bellissima giornata!

Il grande Fiume ci ripropone strade sterrate che si fanno sempre più frequenti,  sono molto affascinanti e nel paesaggio si stagliano meglio di una striscia di asfalto, ma le buche sono tante, troppe, l’andatura ne risente e la strada è ancora tanta.

Una breve sosta per pranzo a Bastida Pancarana in provincia di Pavia in un tipico ristorante calabrese e via che si riparte.  Ci troviamo ancora in zone pianeggianti, ma sono molto diverse dalle nostre. Gli argini sono diversi, le campagne sono diverse. Sarebbe tutto da fotografare!  Lo sterrato non dà tregua e in alcuni punti è il fango a vincere sulle bici e sul gruppo, ormai sta calando anche il sole. Luca, veterano del gruppo, ci fa focalizzare la meta: il Monviso, e decidiamo di optare per strade sicuramente meno suggestive ma più veloci, proseguiamo il nostro percorso sulle statali per accelerare il passo e recuperare un po’ di tempo.

Di fronte al Castello dei Paleologi a Casale Monferrato facciamo un’altra sosta caffè/cioccolata calda. Mancano solo 46 km e siamo a Chivasso! Le gambe iniziano a farsi sentire, il freddo si fa pungente con il buio, soffriamo anche la segnaletica tipica delle statali che in questo caso, man mano che procediamo, continua a indicare Chivasso a 43, sembra che anche i cartelli non ci aiutino dal punto di vista psicologico.  Il mio morale inizia a vacillare, ma per fortuna il gruppo continua a tirare. In fila indiana lungo la statale tra le macchine, il freddo e il buio, devo ammetterlo ho perso quell’emozione che mi aveva portato fin lì, l’unico pensiero era poter arrivare all’albergo e scongelare le mani e i pensieri. A pochi chilometri da Chivasso ho capito che il giorno dopo non sarei ripartita con il gruppo al buio e al freddo, li avrei raggiunti sul Monviso una volta riabilitato il mio morale.

Foto di Fabio Carlini

Terzo giorno

Ore 8.30. Il gruppo è partito da molto, controllo NeverAlone e vedo che sono ormai a Torino, le foto che mi inviano dell’abbondante colazione lo confermano. Piccolo brief con Francesco (autista del pulmino per il ritorno), Ermes (verace dj) e Simone  per organizzare gli spostamenti della giornata. Io e Simone lasciamo Ermes e Francesco, che avrebbero raggiunto Pian della Regina, e carichiamo le biciclette in macchina per recuperare i numerosi chilometri  percorsi dal gruppo. Nuovamente in sella, deviamo per Pinerolo, come da coppa Cobram,  per poi tornare verso il Monviso. E’ inizia la salita. Chissà i ragazzi come se la cavano. I chilometri  nelle gambe sono tanti, le pendenze si fanno sempre più dure, ma la meta è sempre più vicina e a volte sembra che sia la bicicletta a portarmi su. Il paesaggio è sempre più montano, l’aria  più frizzante, l’odore della neve  più intenso, il Po come un normalissimo torrente. Non saprei descrivere a parole quello che mi trasmette la salita:  come il mio morale si era rifiutato di pedalare per altra pianura, lo ritrovavo sempre più agguerrito  man mano che salivo, sempre più in alto.

Tornante dopo tornante, pendenza dopo pendenza all’improvviso il Monviso, bianco, maestoso, bellissimo. Sono le 14.45 del 29 dicembre 2016 e sono sul Monviso.

Non faccio comunque in tempo a finire di guardarmi intorno che stanno già arrivando i primi del gruppo.  Il tempo di recuperare in pulmino, affrontando le strade ghiacciate, chi è stato abbandonato dalle gambe, a pochissimo dalla meta, e il gruppo è al completo.  Dalla foce alla sorgente, per riempire una borraccia con l’acqua del Po e berla, l’impresa è compiuta.

Ci scaldiamo con cioccolate e bombardini nell’accogliente rifugio Pian della Regina e mi rendo conto che è già finita. La partenza sembra così lontana eppure la fine è arrivata così in fretta. E’ già ora di rientrare e pianificare la prossima avventura!

2 Commenti

  1. Giuseppe scrive:

    Bell’ avventura e bell’ articolo.
    Bravi tutti.

  2. Tonina Droghetti scrive:

    Complimenti davvero. Tonina

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