Venerdì scorso, al negozio temporaneo “Vinili a Natale” di via Centoversuri – dietro al Mercato Coperto – c’è stata la mostra “30 anni di Piola”. Se posso dire la mia, con la mia consueta moderazione, ecco: è stato l’Evento dell’anno. Il negozio è piccolino ma era PIENO, con i muri tappezzati con le bellissime locandine della Piola, casse di dischi ovunque, Claudio, France, Stefano, Aiace, Fioro e Bassa che mettevano la musica e tutti a fare civilmente dentro e fuori dal negozio. Aspettavo un posto così da anni, una stanzina con delle belle piastrelle, dei bei tappeti, dischi ovunque – anche gran cestoni di offerte – bella musica, luce morbida, tarallini e patatine da sgranocchiare, birra rigorosamente in lattina, alla brutto dio. Il posto per me, non mi sembrava vero, non volevo più andare a casa. E fuori c’era persino una scatoletta con dei singoli GRATIS che potevi prendere su! Così alla fine sono pure tornato a casa con un pregevole manufatto: una copia di “The Power of Love”. Niente tessere, chiacchiere in tranquillità, niente fighetteria gratuita, persone che non sembravano dei meme e, incredibile: in tutta la sera nessuno ha detto le parole “Bello” e “Figo”. Anche se ho visto una copia di Goo.

Insomma, una bellissima bolla fuori dal tempo, una bolla in cui per una sera il cattivo gusto sembrava aver smesso di essere eterno (cit.) In più qualche giorno prima mi avevano chiesto di scrivere un articolo proprio sulla Piola, una roba che per me è un po’ la chiusura di un cerchio. Quindi ho reagito prontamente, in modo davvero pacato, ponderato e, soprattutto, nel rispetto delle posizioni di tutti. Nel senso che ho detto Sì subito e a qualunque condizione bestemmiando come un turco. 

Perché la Piola e le bestemmie sono due cose legatissime sia per la Piola che per la mia storia con la Piola. Sputo subito il rospo: purtroppo io, alla Piola, non ho proprio fatto in tempo a metterci piede. La sera in cui ci dovevo andare paccai come un cretino perché dovevo studiare per la patente. Una delle stronzate più grosse della mia vita perché alla patente mi hanno bocciato due volte. E mi sono pure perso la Piola. Quindi eccomi qua senza patente ma soprattutto senza essere stato alla Piola.

A questo punto la cosa più logica da fare era – soprattutto per rispetto – impostare questo articolo “alla Please Kill Me” in modo da lasciar raccontare questa storia meravigliosa solo a chi c’era. Così, proprio il giorno stesso in cui mi hanno chiesto di scrivere ‘sto articolo mi sono recato proprio per direttissima presso il negozio Vinili a Natale, vicino al mercato coperto. Li ho trovato France, storico dj della Piola e non solo, e soprattutto Claudio che la Piola l’ha fondata insieme al mai dimenticato Angelo. Ci sono rimasto due ore, a fare domande come uno di quei castori rompipalle di Papà Castoro. Ho immagazzinato tutto a mente perché tutto era indimenticabile. Le altre voci le ho raggiunte via mail o in altri modi e il tutto è stato riportato testualmente e senza filtri di alcun tipo.

Quindi adesso mi faccio da parte e lascio parlare chi c’era.


Claudio
Io, Angelo e l’altro Claudio abbiamo preso in affitto il posto nel giugno o luglio del 1985. Ci siamo fatti due mesi a mettere a posto tutto e ad agosto o settembre dello stesso anno eravamo già partiti, principalmente facendo solo jazz e un po’ di blues. L’affitto era di 500.000 £, una cifra che all’epoca si faceva sentire un po’. Il posto era strutturato su due piani, palesemente un’ex balera tant’è che era precedentemente nota come “al tira pel”, uno di quei posti in cui la gente – anche gentaccia – andava a inganzare. Al piano superiore ci abitava il figlio del proprietario: incredibilmente non ci ha mai rotto le palle. Angelo se ne uscì col nome “Piola” perché era stato per circa trent’anni in Piemonte e là “la piola” è qualcosa di simile all’osteria da noi. Piano piano poi dal jazz e/o dal jazz/blues degli inizi ci siamo un po’ distaccati.

Un po’ perché iniziammo a collaborare con il Clandestino di Faenza – quindi passandoci day off e gruppi che magari due sere prima suonavano da loro o da noi– e un po’ perché in quegli anni a Ferrara le band stavano iniziando a venir su come funghi. Praticamente tutti i gruppi di Fe son passati di qua: dagli Strike agli Impact di fine ’80 – quella volta salì sul palco anche Aiace per cantare un paio di pezzi – passando per le Dizzy Dolls (future Sorelle Kraus), i Dawn Fades, gli Elle Doppia Elle di Bistek ex Impact. Nel ’96 suonarono anche i Tre Allegri Ragazzi morti che allora erano agli inizi e più tardi anche i Three Second Kiss ma io all’epoca avevo già mollato. Con il Clandestino invece ci siamo passati a vicenda un sacco di gruppi esteri, gruppi esteri che quando passavano dicevano tutti la stessa cosa: sembra di essere in una bolla indefinibile a livello geografico e temporale.

Nel 1986 aprimmo già ai dj set e il primo a saltare su fu Fioro, poi nei ’90 arrivarono prima France e Rubo e successivamente France e Bassa.

Fioro
Quando mi nominano la Piola l’associazione di idee mi porta subito alla parola libertà, nella nebbiosa Codrea alle porte di Ferrara c’era questo localino su 2 piani, di sopra il grande Angelo fra storie di vita e birra, di sotto Caio, Lello e la Rita fra profumi orientali… e musica a chiodo. Ho avuto la fortuna di mettere i dischi decine di volte, ho suonato di tutto dallo ska all’hip hop di fronte ad un pubblico veramente preparato, se la Piola fosse stata a Milano (tanto x dire) sarebbe diventata una sorta di icona per l’intero panorama rock italiano, ma per fortuna (nostra) è nata  nella bassa, dalla mente geniale del buon Angelo vero factotum del locale, persona da un cuore grande cosi! Sempre disponibile, ti lasciava suonare tutto quello che volevi senza metterci mai il naso, unica richiesta chiudere puntualmente alle 2 e sbrisga… per evitare multe e sopratutto per aiutare il popolo della Piola a defluire… tempi sempre molto rallentati visto il grado di durezza che alla fine coinvolgeva un po’ tutti. Ricordo il gabbiotto vicino al bar dove fra una birra e l’altra si mixava la musica (rigorosamente in vinile). Poi la gente, gli amici, un agglomerato di tendenze fra Punks, Skins, Ultras della Spal, Mods e tutta quella gente che, stanca delle solita minestra riscaldata, aveva visto nella Piola il futuro. Sì perché il locale di Angelo ha anticipato i tempi diventando il fulcro della cultura da strada made in Ferrara e come diceva Califano tutto il resto è noia. Firmato: Fioro aka The Kids are UTD.


France

Ho iniziato ad andare alla Piola che ero piccolissimo. Andavo per sentire la musica che metteva Claudio, quel Claudio, che metteva del gran dark e un po’ di industrial. Grazie a lui ho beccato un sacco di roba che non conoscevo. Io però ero un pischello e volevo pogare. Così dopo un po’ iniziai a farmi i miei giretti, un po’ più fuori da Ferrara ma presto per un motivo o per l’altro iniziammo a romperci ad andare così lontano e così, ogni  venerdì o sabato sera, chiedendoci cosa fare, la risposta era sempre: “ma andiamo alla Piola diomà”. La Piola era strutturata in modo davvero tentacolare. Non erano solo due piani, erano proprio stanze che sbucavano fuori da altre stanze. Scalini, anfratti, salottini e il giardinetto esterno. Ogni volta che andavi sapevi che il giorno dopo avresti dovuto buttare via i vestiti perché l’odore di fumo era così costante che non era neanche più odore di fumo, ormai era l’odore della Piola.

Il pavimento era perennemente taclento e in mezzo alla pista c’era una stufa che veniva puntualmente urtata da qualcuno, cosa che scatenava dei cori di bestemmie e una domanda: è morto qualcuno? Nei primi ’90 io e Rubo abbiamo chiesto ad Angelo se ci lasciava una sera fra il venerdì o il sabato. Ce le alternavamo con Gianluca il gobbo a seconda dei nostri impegni. Gianluca metteva della roba definibile come crossover, noi eravamo un po’ più irregolari. Se quella settimana ci prendeva una fissa, quella settimana rompevamo le palle al mondo con quella fissa lì.

Chiedo lumi a France sulla famosa “leggenda della diffusione dei Beat Happening a Fe e mi conferma: la settimana in cui scoprì i Beat Happening andò così, “quella sera là, via coi Beat Happening”

Poi ci stabilizzammo sul venerdì e lì nacquero i “Piola Fridays”. Angelo ci lasciava la massima libertà e il free drink era davvero free. Solitamente la nostra scaletta partiva così: un po’ di ska per scaldarci noi e scaldare i pochi che arrivavano in anticipo, poi pian piano un po’ più su con un po’ di sixties, poi più sul garage, poi ancora più su con del punk e quando arrivavamo al massimo, SBENG! Ci cacciavamo una sberla con un po’ di quell’elettronica che all’epoca andava. E poi due o tre pezzi dub per chiudere fra le bestemmie di Angelo. La postazione dei dj era in un gabbiotto con tanto di rete e per arrivarci dovevamo passare dietro al bar del piano di sotto. Dentro la gabbia c’erano un sacco di cassette che aveva fatto Claudio. Claudio metteva una cassetta vuota nella piastra quando suonava qualche dj o qualche gruppo e registrava. Lì dietro c’era anche ‘sta cartolina cacciata là a mo’ di santino che mi aveva sempre colpito. C’era questo tipo marcissimo e questa tipa con un taglio vagamente da skin girl che mi sembrava bellissima. Anni dopo scoprii che erano i Royal Trux e dopo anni che Claudio aveva già mollato me la son presa io e me la sono appesa in casa.

Qui a Claudio guizzano gli occhi e io capisco subito, mangiandomi le mani: mi dice che li ha visti nel ’98 circa. Entrambi facciamo un po’ di fatica con le date ma molto probabilmente è il famoso concerto a Bologna, molto probabilmente è quel tour in cui ogni concerto finiva in quel modo così improbabile: quella versione cacca-contro-il-muro di “Money for nothing” dei Dire Straits con quel campanaccio stronzo e molesto.

Bassa
La prima volta che sono andato alla Piola dovrebbe essere stato nell’88. Ci andavo tutti i weekend, il sabato c’era Fioro, il venerdì c’erano France e Rubo ma soprattutto c’era sempre Claudio che per me rimane IL dj della Piola e non ha mai smesso di mettere musica neanche quando ha mollato. Poi ho iniziato a mettere i dischi anch’io con France. La regola per noi era di mettere sempre qualcosa di diverso, conoscere cose diverse, non la roba che passava in radio. Non era tanto un discorso di ballo, era un discorso di comunicazione. Altrimenti sarebbe stata solo un’altra discoteca.

Volevamo offrire un mazzo di colori ampio, senza regole, creare degli umori seguendo anche i nostri del momento, mettendo tutti nelle condizioni di essere loro stessi, condividendo delle cose e facendo in modo che tutti, a loro volta, condividessero delle cose. Anche a scapito della pulizia e della perfezione tecnica, cose che in un posto che si prefigge obiettivi come questi a mio avviso sono impensabili. Ricordo un sacco di serate fatte con il mixer letteralmente aperto, France che suonava e io che cercavo di sistemare il mixer. Me le ricordo ancora le casse della Piola, un impianto che aveva fatto dei tour di Vasco Rossi negli anni ’80. Avevano sopra queste luci strobo scrause, di quelle che adesso becchi dai cinesi e i cavi erano spesso scotchati. Io e France non avevamo mai la scaletta e mettevamo sempre, rigorosamente, un pezzo a testa. Spaziavamo di brutto, senza paletti sui generi, la gente pogava e ti chiedeva cosa mettevi o di mettere certe cose. Io venivo dal northern soul e nel northern soul fino a fine ’90 i dj mettevano i dischi col centrino coverato, bianco, in modo da non farsi “rubare” i pezzi. Ma alla Piola quest’idea non c’era proprio.

L’idea di fondo era condividere, dal punk al garage, dall’electroclash – ovviamente non il solito – fino anche a certo metal tipo boh, gli Slayer. Per come la vedo io l’idea era proprio come in quel pezzo di Joe Jackson, “Friday”, quell’idea di venerdì… ho questo lavoro di merda ma questo è il mio venerdì e quindi spacco tutto. In sostanza volevamo mettere le persone nelle condizioni di sfogarsi, metterci tutti nelle condizioni di essere noi stessi perché l’aria della Piola è sempre stata quella, eri semplicemente libero di essere te stesso.

Angelo mi ha sempre detto che non voleva diventare ricco. Diceva sempre “quando ho dato qualcosa a te, a France a Lello e alla Rita (i baristi) io sono a posto”. Delle volte ti diceva “stasera non c’è nessuno che suona” e tu se potevi andavi, anche a nano, per la causa. Tutte le volte che ero là non ho mai percepito freddezza, astio, cattiveria. Ci sentivamo sempre a casa e in fondo la Piola era questo, lo scantinato di una casa.

Euge
Ho iniziato ad andare alla Piola alla fine degli anni ’80, ci andavo sempre infrasettimana con un mio amico. Ci prendevamo delle bottiglie di Matheus o di Lancers perché costavano meno, ce le smezzavamo e a volte uscivamo per andare a ‘fumare’ al suppostone, il monumento al milite ignoto poco distante dalla Piola. Claudio metteva un sacco di dark, alternative ’80 e industrial, ho beccato i Sundays e parecchi altri gruppi grazie a lui. Mi facevo fare le cassette. Tra i primi concerti che ho visto alla Piola ci son stati i Dawn Fades e i Libagions all’inizio degli anni ’90.

Nello stesso periodo ho iniziato ad andare là coi punkettoni. Ci trovavamo al Cral, sotto lo stadio o in Piazza (A)Rio(stea), al cosiddetto “angolo dei punk” e quando non andavamo in giro per il Nord Italia a sentire dei gruppi  andavamo verso Codrea. Poco tempo dopo con un po’ di amiche abbiamo messo su il nostro primo gruppo,  le Dizzy Dolls. Con le Dizzy Dolls abbiamo suonato alla Piola a fine gennaio ’94 e di quel concerto esiste addirittura un filmato intero in VHS! Mi ricordo che quella sera la Piola era PIENA, con la gente stipata anche sulle scale. Poi nel ’96 sono andata ad abitare un po’ lontana da Codrea e ho iniziato ad andarci di meno, non prima di aver fatto alla Piola la mia festa di laurea (delirio!). Janz aveva fatto 7 o 8 cassette coi miei pezzi preferiti già mixati, così da metterle in automatico e godersi la festa in tranquillità senza la sbatta di dover fare il dj. Alla Piola si poteva davvero fare tutto…

Tornai verso il 2001 e lì incominciò un vero e proprio periodo da “Piola aficionado”, soprattutto a partire dal 2003, quando formammo le Sorelle Kraus insieme a Janz, l’Elena e la Cri (già entrambe parte delle Dizzy Dolls). Fu un periodo molto bello perché dal 2004/2005 facemmo stecca con i Bankshot, gruppo in cui suonava Janz più due degli attuali Problems, portando alla Piola gruppi di nuovi amici, quali Tunas, Hormonas, High School Lockers e divertendoci (e sbronzandoci!) sempre un casino.


Frabbo

La prima volta che andai alla Piola sarà stato per suonarci coi Tunas. Doveva essere una di quelle serate Tunas-Sorelle Kraus-Bankshot. Ci venne a sentire anche un nostro amico in carrozzina che portammo su e giù per le scale in quattro bestemmiando come dei pazzi mentre lui ci ghignava in faccia. Forse è stata la stessa sera in cui sparai le solite stronzate giovanili sul natale, il natale che è una gran rottura di maroni e così via. Un tipo che era davanti al palco si incazzò peso chiedendomi come potevo permettermi di dire ‘ste cose su Gesù Cristo e il natale per poi girare i tacchi e togliere il disturbo nel silenzio generale. Le feste erano sempre assurde e la cosa che mi rimane ancora in testa della Piola era questa spaventosa somiglianza del posto con il clebbino con le battone nel “Secondo, tragico Fantozzi”. C’erano ‘sti divanetti assurdi ovunque e Angelo che scancherava di continuo. Quando la Piola chiuse noi a Bologna ci siamo rimasti tutti malissimo.

Euge

Nel ’94 o giù di lì ci feci persino lezione di inglese alla Piola, guadagnandomi l’appellativo di tìcciar da Angelo in persona. Tutto nacque in modo molto easy: chiedemmo ad Angelo se ci potevamo mettere in una stanzina al piano di sopra, il martedì, facendo lezione per poi cenare lì con i cappellacci super buoni della madre di Angelo, in versione tortello mantovano quindi con dentro l’amaretto. Bastava dire ad Angelo con un po’ di anticipo che avremmo cenato lì e pam! cappellacci e ragù di verdure buonissimo sempre fatto dalla mamma di Angelo. L’ultimo ricordo che ho è che purtroppo che con le Sorelle Kraus (più altri due gruppi) facemmo quello che fu di fatto ultimo concerto della Piola gestione Angelo. Era la primavera del 2006, e dopo il concerto eravamo rimasti fuori a fare delle chiacchiere con Angelo e Pido degli Hormonas, birra in mano e camperone di Angelo, che se l’era comprato dicendo di voler vendere la Piola e girare un po’ (e di solito non gli credeva nessuno perché con quella storia lì è andato avanti per un bel po’ ma non vendeva mai…).

Qualche giorno dopo di mattina, mi chiamò Janz dicendomi che l’aveva chiamato suo fratello per dirgli che Angelo era morto. Nessuno riusciva a crederci, nessuno voleva crederci. Al funerale di Angelo c’erano TUTTI. Lo fecero a Tresigallo perché credo sua madre fosse di lì. C’era un casino di gente, anche la chiesa era piena; molti di noi non entrarono ma restarono al bar di fronte a bere, perché sembrava la cosa più giusta da fare per Angelo. Quando uscì il feretro partì il bestemmione classico di Angelo ovvero un “PORCA M*****A” enorme, seguito da un applauso commosso e partecipato. Noi poi facemmo di nuovo la cosa che ci sembrava più giusta. continuare a bere al Circolo Arci che stava di fianco alla Piola. La sera iniziò a piovere in modo davvero tempestoso, tipo “La Tunica”, e infatti tra noi di diffuse subito la leggenda del temporale causato dall’ascesa al cielo di Angelo.

A questo punto chiuderei con l’unica cosa che mi ha detto Janz, poche parole ma ben chiare e sempre ponderate:

Era sempre un burdèl, non c’è altro da dire.
Ma un bel burdèl, intendo.

2 Commenti

  1. Delez scrive:

    Ho passato anni alla Piola, fra musica, concerti, birre e maccheroncini. Ricordo di pogate, di rock and roll, di sudate e risate. I migliori anni. Grazie Anzul, grazie Angelo, grazie Claudio.

    Delez

  2. Michele Bertelli scrive:

    Dalla nebbia dei tempi (e non solo in senso metaforico) riemerge un bel ricordo: nell’88 con un gruppo di cabaret “Lo Sbuffo” facemmo una serata indimenticabile alla Piola e ci portò bene (poco dopo saremmo approdati a Zelig (il primo, quello di Paolo Rossi in Viale Monza a Milano)
    In prima fila c’era Stefano Tassinari e un pezzo di redazione di Luci della Città che poi dedicò un articolo a noi e a quel locale che ormai stava diventando un punto di riferimento in città e non solo.
    Bei tempi, bella energia e belle mangiate.
    Grazie!! Ai prossimi 30 anni.
    Michele

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