di Valentina Sarti Mantovani

Durante il Festival di Internazionale capita di ritrovarmi a qualche incontro dove la lingua inglese o la mia lingua madre non la fanno da padrone. Solitamente lì sul palco o nelle retrovie compare la figura del traduttore, o dell’interprete per meglio dire.
Cioè colui o colei il cui compito non risiede soltanto nel tradurre da una lingua all’altra, ma anche nell’ interpretare il concetto esposto e renderlo con la medesima forza in un’altro idioma. Nell’evoluzione rapida di questo processo, che io solitamente elaboro a posteriori, mi fermo a pensare a quanto sia difficile il lavoro dell’interprete.

Avere la responsabilità e soprattutto la capacità di traghettare emozioni e significati da una riva linguistica all’altra.
Da un mondo a noi sconosciuto verso la nostra routine linguistica, così da creare ponti, legami e incontri.

Beh oggi vi presento una squadra di interpreti, non propriamente interpreti linguistici, ma interpreti della realtà che ci circonda, dei fenomeni che vediamo ogni giorno ma sui quali non ci soffermiamo mai a chiederci “il perché”.
Si fanno chiamare “Fisici senza frontiere” e, in modo speculare ai traduttori linguistici, si impegnano a rendere fruibile e comprensibile le leggi della natura che sono responsabili dell’acqua che bolle, della luce emessa dalla nostra lampadina sul comodino del letto, del magnete attaccato al nostro frigo e così via.

Oramai passiamo davanti alla pentola a pressione, al lampione fuori casa senza chiederci nulla. Connessi alle rete wi-fi, senza domandarci come diamine possiamo cercare i pokemon e scaricare la posta a 7 Mega (poi chiederete a loro cos’è un Mega) senza avere nessun cavo connesso. Perché è così importante il bosone di Higgs? E con le onde gravitazionali cosa ci facciamo?
Ecco, a tutte queste domande che non trovano risposta e che tormentano le vostre notti, loro possono dare risposta, possono interpretare quell’astruso linguaggio matematico e tradurvi come funzionano le leggi fisiche che governano l’Universo.
E Sabato e Domenica potrete trovarli all’interno del Festival di Internazionale, al Polo degli Adelardi.
(info e iscrizioni: http://www.fe.infn.it/fisicisenzafrontiere/Eventi/festival-di-internazionale/)

Nello specifico sono un gruppo tra dottorandi e assegnisti di ricerca di fisica dell’Università degli studi di Ferrara, che si occupa di divulgazione scientifica. L’idea di questo progetto nasce nel 2014, in occasione di Porte Aperte al Polo Scientifico Tecnologico, una manifestazione in programma quest’anno dall’11 al 16 ottobre, in cui la cittadinanza ha accesso alle strutture di ricerca che vengono usate e in cui si spiega il lavoro condotto all’interno del Polo.

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Lo scopo del progetto è quello di promuovere l’educazione scientifica attraverso attività ludico-didattiche, per rendere un po’ meno ostica la matematica e la fisica per gli studenti di scuole elementari, medie e superiori. Lo ammetto sono di parte (essendo fisica anche io) ma vi prometto che sentirsi spiegare come funziona la trasmissione del calore attraverso un giochetto e senza formule matematiche sarà assai divertente. Non vedrete più il vostro termosifone allo stesso modo.

Oggi sono qui con Martina ed Enrico per fare due chiacchere su com’è questo ruolo da interpreti della realtà. Entrambi lavorano come assegnisti di ricerca qui al Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra di Ferrara: Martina è una fisica dell’atmosfera mentre Enrico si occupa di fisica computazionale (anche se nasce come ingegnere). Non fatevi impressionare da queste parole – che a noi fisici sembrano chiare e cristalline – ma potrebbero suonare come supercazzole brematurate a voi che leggete.

Fondamentalmente Martina studia dati da satellite per cercare di capire qualcosa di più sulla formazione dei fulmini e sui fenomeni meteorologici, mentre Enrico “fa andare più veloce i programmi dei computer (cit.)” e costruisce simulazioni che riguardano soprattutto sistemi caotici (come alcuni fenomeni presenti nella dinamica dei fluidi).

Cosa vi ha spinto a far parte di questo progetto, a volersi impegnare nell’arduo compito della divulgazione scientifica?
M: “E’ partito tutto da Porte Aperte al Polo Scientifico. Lì mi sono trovata ad organizzare laboratori di acustica durante il dottorato e mi sono resa conto di quanto fosse divertente coinvolgere i bambini negli esperimenti, fare vedere loro cosa facciamo e cercare di insegnare loro un po’ di fisica.
Insegnare loro che la fisica non è brutta e cattiva!
A partire da quell’esperienza, sono stata scritturata da Valentina che mi ha coinvolto e ho iniziato ad aiutare con il percorso di acustica e mi sono fatta prendere la mano.
Ho frequentato un master in Comunicazione della Scienza e continuo nel progetto sempre con entusiasmo!”
E: “Per me è molto divertente organizzare i laboratori. Riuscire a spiegare, riuscire a far capire un certo fenomeno fisico ai bambini che capiscono è molto gratificante”.
M: “Mi ricordo che durante How I met Science stavo spiegando cos’è il calore ad una platea di bambini attentissimi e genitori distratti. Faccio una domanda, ed ecco i bimbi che mi rispondono esattamente mentre i genitori falliscono miseramente. E’ stata una soddisfazione!”

In effetti il bambino è una tavolozza bianca, non ha preconcetti e non è portato a dare una risposta solo perché ricade nel senso comune. Quindi se un bimbo capisce e comprende ciò che gli state raccontando, beh significa che avete centrato l’obiettivo.
Non è una cosa banale, questo lavoro da interprete eh!

E: “In effetti ho partecipato a questa iniziativa anche perché da piccolo mi sarebbe molto piaciuto avere questo tipo di laboratori, avere avuto la possibilità di avvicinarmi alla scienza con giochi e attività ludiche. Quindi un motivo in più per continuare è che noi stessi avremmo voluto una sorta di Fisici senza Frontiere degli anni Ottanta.”

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Che attività offrite come Fisici senza Frontiere?

E: “Organizziamo percorsi nelle scuole, elementari e medie per ora, di tutta la Provincia. Per le superiori in realtà all’interno del Dipartimento esistono già altre attività che coinvolgono direttamente gli studenti all’interno dei laboratori, e cominciano già a fare misure avendo già delle basi matematiche.”
M: “Abbiamo percorsi che approfondiscono la meteorologia, il calore, la luce, l’elettricità e durante il Festival di Internazionale troverete sia il laboratorio meteo che quello sulla luce”
E: “Oltre questi principali annunciati, siamo anche disponibili a rispondere ad altre curiosità in base alle richieste del pubblico”
M:” E ci potete trovare anche venerdì 30 settembre in Piazza durante la Notte dei Ricercatori e qui improvviseremo, in base a come ci sentiamo, a quanto interagisce il pubblico, vedremo su cosa concentrarci. Non esiste mai una presentazione uguale all’altra, è un’esperienza molto interattiva.”

Rimarrei sul tema Scuola.
Andando in giro tra medie ed elementari avete ancora la conferma che la fisica e la matematica sono le materie più ostiche?

M: “Mah, forse questo discorso non vale per i più piccoli. I piccolini , forse per la loro curiosità, non hanno paura di sbagliare, danno risposte e pensano un po’ più fuori dagli schemi. Dalle superiori si inizia a perdere un po’ questa spinta per le scienze.”
E: “E inoltre alle elementari e alle medie, per quanto riguarda i nostri laboratori, la descrizione dei fenomeni è più qualitativa. Mostriamo qualche processo e lo descriviamo a parole. Il formalismo matematico non è coinvolto, quindi tutto sembra meno pauroso se così si può dire. Cerchi di capire in modo divertente. La paura compare quando alle superiori si iniziano a scrivere le prime formule matematiche e forse viene introdotto per descrivere qualche fenomeno noioso. Problema: descrivere il moto del carrellino sulla rotaia ad aria compressa, e la matematica che c’è dietro può risultare anche complicata. Qui l’interesse può calare. Se si riesce a tenere alto l’interesse e la curiosità poi la matematica e la comprensione del linguaggio matematico viene di conseguenza”

Nelle varie esperienze quali sono stati I momenti migliori e I peggiori?

M: “Beh io confermo che uno dei momenti migliori è stato quando i bambini mi hanno risposto esattamente sul calore mentre i genitori hanno sbagliato. Lì ho capito che avevo fatto bene il mio lavoro da divulgatrice e avevo reso chiaro un concetto astratto come il calore per dei bimbi di 6 anni. Forse i momenti più difficili e che maggiormente ci mettono alla prova sono quando ci troviamo davanti un pubblico eterogeneo, dai bimbi dell’asilo a bimbi delle elementari, in cui mantenere alto il livello di interesse e attenzione può risultare complicato. Ma onestamente aspetti negativi in questa esperienza non me ne vengono in mente!”
E: “Anche io, confermo di non aver mai avuto un momento peggiore finora!”

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Ognuno di voi lavora nel suo ambito specifico di ricerca, che si allontana parecchio da questo tipo di fisica. C’è qualcosa di questa esperienza di “Fisici senza Frontiere” che vi è utile anche nel lavoro di tutti I giorni?

E:” Qualche trucchetto di divulgazione lo riutilizziamo anche nei corsi di didattica che abbiamo qui all’Università, per mantenere alta l’attenzione. Impari a fare un po’ di cabaret per tenere alto l’Interesse. Inoltre è molto utile imparare a lavorare in gruppo e quest’aspetto ritorna anche nella ricerca in Università.”
M:” Verissimo, anche quando iniziamo a scrivere un nuovo percorso didattico occorre confrontarsi, trovarsi, fissare scadenze. Questi aspetti aiutano moltissimo anche nel lavoro quotidiano.
Mi sono anche resa conto che spesso un fenomeno non lo capisci a fondo finché non mi ritrovo a doverlo spiegare, pensavo di saperlo ma poi realizzi che ha qualche lacuna.”

Bene, vi ringrazio ragazzi per la vostra disponibilità e vi verrò a trovare al Polo degli Adelardi, sabato 1 Ottobre e Domenica 2 ottobre dalle 10 alle 18 per vedere quali lacune mi porto dietro dai primi anni di Università.

E qui si conclude l’intervista ai “Fisici senza Frontiere”. Passate a dare un’occhiata, con I vostri bimbi, nipoti o anche solo per curiosità, ai laboratori che hanno preparato per Internazionale e sono sicura che ne uscirete piacevolmente soddisfatti.

In fondo ditemi voi cosa suona meglio:
“Sabato ahimè dovrò passare l’intera giornata a mettere in ordine casa, sob!”
“Sabato contribuirò ad aumentare un pochino l’entropia dell’Universo”.
Beh, io voto la seconda!

NOTA: Per dovere di cronaca, ricordo che sia dottorandi che assegnisti di ricerca (figure precarie cosidette di pre-ruolo all’interno dell’Università) solitamente non hanno così tanto tempo libero da dedicare ad attività extra-lavorative – anche se tecnicamente secondo il ministero del Lavoro non sono proprio lavoratori – o che esulino dal loro ambito di ricerca.

Quindi, personalmente, sono molto orgogliosa di questi colleghi e colleghe che hanno deciso di investire tempo, forze e voglia nella divulgazione scientifica – ambito non facile – e nel rendere visibile la qualità dei giovani ricercatori (a scadenza) che abbiamo nelle nostre Università.

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