Il bisogno di vedere la propria città contemporanea. Viva, allineata alla costellazione nella quale è sì inserita, anche se spesso non lo sa o se ne dimentica, preferisce rievocare antichi splendori invece di guardare avanti e sbocciare. Così nasce Electrodock, una notte elettronica sul fiume, e più in generale il progetto nel quale è inserita questa serata, ovvero Smart Dock. Tattiche per provare a riutilizzare in maniera intelligente la darsena. Azioni dal basso, fatte da persone trentenni, per portare la cittadinanza a riappropriarsi degli spazi, soprattutto se belli, per renderli ancora più belli. Umani per gli umani.

facebook_event_1630771207234095

Electrodock è un festival che dura cinque ore, con musica dal vivo pronta a far increspare le acque della darsena di Ferrara con una corrente elettronica. Un tuffo nelle sonorità contemporanee con quattro diversi progetti musicali dove domani, 10 settembre, a partire dalle 19 musicisti, dj e producers suoneranno da una chiatta attraccata sul molo davanti allo spazio Wunderkammer di via Darsena 57.

Electrodock nasce da una volontà. Da una necessità, un’urgenza. «Pensare Ferrara come a una città contemporanea è una necessità che ho sempre sentito, ma vederla realizzata altrove mi ha fatto capire che era possibile. Poteva accadere anche qua». L’altrove, nel caso di Jacopo Mari, organizzatore della serata per Basso Profilo, è Milano e Londra, dove ha vissuto qualche anno prima di tornare nella sua città di nascita. Una scelta, il tornare, cercando di apportare al suo mestiere tutto quello che ha imparato appunto altrove. «Si può pensare a un vizio del salto di scala – spiega –, confrontando Ferrara a delle metropoli, ma non è così, perché la contemporaneità può operare in qualsiasi posto. Penso al Mart che è una eccellenza della contemporaneità ma sta a Rovereto e non a Milano o Roma».

Foto di Andrea Bighi

Foto di Andrea Bighi

Electrodock nasce da un bisogno. «Ferrara é in realtà una città fondamentalmente giovane, anche se demograficamente è la più anziana d’Italia. Vive grazie all’università, raggruppa tanti giovani in piazza, nei bar. Molti di loro rimangono anche dopo gli studi, perché qui trovano una precarietà stabile. A questa città ti ci affezioni non solo perché è bella ma anche perché è accessibile, molto più che una Roma o una Milano». E questo, secondo Jacopo, sia in termini economici e di facilità nel creare relazioni che a loro volta creino qualcosa. Come la sua con Basso Profilo e lo spazio Wunderkammer.

Vedere la città con il proprio sguardo, con un festival di musica elettronica, vicino alle acque della darsena. «Nelle parole del filosofo Slavoj Zizek, che è sempre molto bravo ad addensare concetti ampi in frasi brevi, si parla dell’evento. Esso è sia la percezione di qualcosa che sta cambiando nella realtà ma anche il cambiamento stesso. È come se unisse la soggettività, il proprio sguardo sulle cose, all’oggettività, percepibile da tutti». Una crescita collettiva, che parte dal lavoro di pochi. «Ho pensato subito a un luogo che fosse in fase di ‘risignificazione’. Il Colosseo è ancora il Colosseo perché ha anche oggi un suo senso. Lo abbiamo risignificato tanto quanto risignifichiamo le ideologie, le costituzioni». Dare un apporto alla crescita contemporanea di questa città, attraverso un evento musicale. «Penso alla musica come a un veicolo e al contempo uno stratagemma per capire il nostro tempo, perché la musica è la cosa che si è sempre adattata ai tempi. C’è sempre stata una musica contemporanea, che nel Seicento poteva essere la classica e che ora è l’elettronica. E il suo bello è che prescinde dai gusti, lo è e basta tanto quanto Ringo Starr non lo è più».

La darsena di San Paolo a una certa ora del giorno, appena prima della notte. Un luogo per molto tempo inaccessibile, che si trova ora al centro del progetto di riqualificazione urbana del lungo fiume. L’estetica post-industriale della banchina, unita al paesaggio fluviale e all’architettura di palazzo Savonuzzi rendono Wunderkammer già il set perfetto per un evento di musica elettronica. «Se prima era un magazzino fluviale, ora rimane un contenitore, ma di attività legate al mondo contemporaneo – aggiunge Jacopo Mari –. È come se al contempo fosse una piattaforma ma anche un substrato che può essere abitato da questo tipo di idee, con una doppia forza: c’è una volontà e c’è un luogo adatto per esprimerla».

Come lui, anche altri ragazzi di Wunderkammer hanno fatto un percorso simile, acquisendo competenze, vedendo altri mondi che poi hanno riportato e riutilizzato nelle dinamiche di Ferrara. «Di Londra e Milano rimane l’elettricità di quei luoghi, la velocità di pensiero e azione nel progettare qualcosa e di metterla in campo proprio perché la gente è abituata a un vivere veloce, cosa che qui non c’è. Capitava spesso di veder creare un evento del tempo di un giorno, usando metodi di informazione virale e manifesti attaccati alle sei di mattina per un evento la sera stessa. E solo grazie alla grafica, un luogo stilizzato ma riconoscibile e un orario segnati, per capire di che evento si trattasse. Di volta in volta, vedere in atto una scissione tra chi la notava quell’immagine e chi no, tra chi ne era colpito e chi rimaneva indifferente. La nuova tribù cominciava a cercarne traccia. Dove? Ovviamente in rete».

Foto di Corradino Janigro

Foto di Corradino Janigro

La rete è il luogo fisico dove la musica viene distribuita e dove si diffonde. L’accesso a piattaforme di pubblicazione gratuita di composizioni originali ha dato l’opportunità di allargare la consapevolezza di chi è ascoltatore. «Così ho conosciuto Helle, DAAM, Paolo Iocca e Minimalafrika. La loro scelta deriva da vari fattori. La curiosità e la ricerca personale, oltre alla voluta scelta di dare spazio alla scena indipendente italiana. Il concerto comincerà con le sonorità nordeuropee degli Helle, e proseguirà attraverso lo spettacolo musico-teatrale dei DAAM, entrambi gruppi provenienti dalla vivace scena bresciana. Paolo Iocca è un artista eclettico, tanto che dopo una carriera nel post-rock come chitarrista muta continuamente forma. Si esibirà con il suo ultimo progetto, molto vicino ad un estetica deephouse. A chiudere la serata sarà un duo proveniente da Milano di producers. Marco Guizzi e Luca Fontaneto, ovvero Minimalafrika, uniranno suoni saturi da synth anni ‘80 alle ritmiche della musica etnica africana. Se la musica è il volto della velocissima società contemporanea, ecco, questi gruppi riescono a stare al passo. Rispetto agli altri festival musicali di elettronica a Ferrara, che propongono personalità più o meno riconosciute, Electrodock vuole essere anche una serata alla ricerca del suono contemporaneo». Uno sguardo laterale su un luogo che è a Ferrara, ma che in alcuni momenti, se ci si siede in riva al fiume mentre il sole sta per scomparire del tutto, sembra essere lontano anni luce da qui.

Lascia un commento

Prima di lasciare il tuo commento, ricordati di respirare. Non saranno ospitati negli spazi di discussione termini che non seguano le norme di rispetto e buona educazione. Post con contenuti violenti, scurrili o aggressivi non verranno pubblicati: in fondo, basta un pizzico di buon senso. Grazie.