Gianna e io non siamo mai andati d’accordo. Tra noi era un confronto continuo e forse è stato questo che mi ha cresciuto: avere due posizioni differenti. Un conto, però, è il gioco delle parti tra due modi diversi di fare associazionismo, un altro è non stimarsi, o peggio, ignorarsi a vicenda. Lei e io non ci siamo mai persi di vista.

Ero alla stazione di Francoforte quando mi sono arrivati i messaggi di due Tassi sulla sua scomparsa inaspettata. Devo ammettere che mi ha scosso, che ho dato una ragione alle nubi sopra la mia testa. Devo a Gianna Vancini l’opportunità di aver conosciuto a fondo molti degli amici con i quali condivido i miei ideali. Rapporti umani che valgono più di qualsiasi pubblicazione o successo letterario. Eleonora Rossi, Federica Graziadei, Matteo Pazzi, Alberto Amorelli, Dario Deserri, Piergiorgio Rossi, Alessandro Moretti, Stefano Muroni e Valentino Tartari sono solo alcuni di coloro a cui Gianna diede ascolto e che mise in relazione tra loro. Da quel momento e poco alla volta abbiamo preso confidenza con le nostre parole scritte e con quelle dei vicini. Non ci siamo più allontanati. Ero certo, magari ingenuamente, che neanche lei se ne sarebbe andata.

Mi ricordo, con fermento e dolcezza insieme, la telefonata dell’ottobre 2009, a bruciapelo, tanto da interrompere un allenamento: «Non avrai mica deciso di fondare il Gruppo del Tasso per lasciarci – mi disse imbronciata – Lo sai che c’è sempre spazio per te nell’Ippogrifo». È cominciata così la palestra di noi Tassi, prendendo la posizione opposta, cercando di essere noi stessi per negazione, come fanno i piccoli con i grandi; tanto sapevo che prima o poi ci saremmo riabbracciati. L’ultima volta che l’ho sentita è stato quando mi ha chiesto la spalla per il saggio su Contardo d’Este, era elettrizzata. Doveva riuscire bene. Talvolta sono passato a casa sua e parlavamo per ore. Mi faceva il caffè. Succedeva quando non ci trovavamo e alle presentazioni ci si guardava di traverso, ci si evitava, o ci si lanciava qualche frecciata tra un intervento e l’altro. Era la prassi, appunto il gioco delle parti: da una c’è chi ti instrada e dall’altra ci sei tu, che vuoi dire la tua, che ti senti dentro in diritto di superarli. Poi col tempo capisci che è necessario tornare da dove sei partito, anche solo per un saluto a chi hai apprezzato, per la tenacia e per la credibilità da lei ottenuta nella tua stessa Ferrara. Senza mai trascurare la sua generosità.

Quello che mi pesa di più è non essere riuscito a salutarla di persona. Forse il vero lascito di Gianna è avermi fatto improvvisamente comprendere che dietro la sigla “Gruppo Scrittori Ferraresi” c’era la fiducia nelle potenzialità intellettuali delle proprie radici, la volontà di credere nel terreno culturale dove si sono aggrappate. Non sempre la città ha brillato, ma l’importante per lei era non perdersi d’animo. Forse sono l’ultima persona da cui si sarebbe aspettata queste frasi, ma con un vuoto imprevisto ho inteso un pieno che davo per scontato e non vedevo; con il nero della sua scomparsa ho rivisto il suo bianco onesto. Pertanto so che chi ancora del Gruppo del Tasso non ha la tessera e non ha confidenza con il Gruppo Scrittori Ferraresi l’acquisirà, si avvicinerà per dare una mano. In maniera da non lasciare che svanisca quella sua tenera caparbietà.

Matteo Bianchi

Nella splendida poesia “Poeti Futuri” Walt Whitman scrive questi versi:

“L’oggi non può giustificarmi e chiarire che cosa sono,
ma voi, una nuova nidiata, nativa, atletica, continentale,
più grande di quelle conosciute prima,
sorgete! perché voi dovete giustificarmi”

In queste ore, in queste giornate, queste parole non possono farmi pensare con tristezza e malinconia alla scomparsa di Gianna Vancini, presidente del Gruppo Scrittori Ferraresi.
Chi, come me, si è addentrato nel difficile mondo della letteratura della nostra città deve molto a Gianna. E’stata la prima persona a credere nelle possibilità e nelle potenzialità di un nuovo canone letterario ferrarese.
Se mi dovessero chiedere da quando conosco Gianna, direi semplicemente: –da sempre-.
Ed ora non mi sembra nemmeno possibile non vederla più, non vedere il suo sorriso mentre parla di letteratura e il suo sguardo attento posato su tutti noi.
Gianna c’è sempre stata da che ho iniziato a fare poesia e poi narrativa e, anche se non sempre da vicino, ha seguito assiduamente ogni novità che usciva dalla mia penna. Aveva sempre una parola di riguardo per me e per noi, per tutti i giovani cresciuti in seno del Gruppo Scrittori Ferraresi e che si sono fatti strada a fatica in questo difficile mondo della letteratura.
È triste quando ci rendiamo conto che alcuni debiti che abbiamo con determinate persone non potranno mai essere ripagati. Non potrò mai ripagarla per tutto quello che ha fatto per me. L’unica cosa che posso fare è continuare a fare quello che faccio, oltre che come passione, anche come tributo a lei, a quello in cui credeva, al sogno di ridare lustro letterario alla nostra tanto bistrattata città.

Gianna mi ha insegnato, ci ha insegnato, che nessuno di noi è una voce solitaria nel coro, ma è una parte di una moltitudine di voci. Insieme la strada, seppure in salita, è più lieve.
E, come diceva Whitman, noi dobbiamo giustifcare il suo operato.
Gianna ci ha lasciato un’eredità, un dono di condivisione che dobbiamo far crescere e alimentare.
Non lo dimenticheremo.

Alberto Amorelli

Lascia un commento

Prima di lasciare il tuo commento, ricordati di respirare. Non saranno ospitati negli spazi di discussione termini che non seguano le norme di rispetto e buona educazione. Post con contenuti violenti, scurrili o aggressivi non verranno pubblicati: in fondo, basta un pizzico di buon senso. Grazie.