Se volete passare un oretta rilassata, e svagarvi dalle incombenze del quotidiano, non avvicinatevi neppure al Padiglione d’Arte Contemporanea di Corso Porta Mare.

La sedicesima edizione della Biennale Donna (storica manifestazione ferrarese, nata per volontà dell’ UDI-Unione Donne in Italia di Ferrara nel 1984 e tornata a risplendere dopo un blocco forzato dovuto al terremoto del 2012) non è adatta a chi è debole di stomaco… o assopito nello spirito.

Quattro artiste sudamericane, quattro donne carismatiche in lotta contro una società ingiusta e distorta, vi “urleranno” in faccia con tutta la loro forza dalle pareti di alcune stanze dipinte di bianco. Le loro grida sono acute e assordanti, a volte diluite in lunghi lamenti o in singhiozzi soffocati. Sono grida mescolate al pianto e alla rabbia, troppo spesso inascoltate ed isolate e che sanno anche trasformarsi in silenzio, un silenzio vivo e potente. Le potrete sentire annidarsi dentro strane sculture, emergere da fotografie in bianco e nero o da filmati proiettati, si celeranno tra volti comuni e rumori di fondo. Forse vi lasceranno perplessi e confusi, oppure indignati, spaventati e disgustati, ma senza dubbio non vi lasceranno indifferenti. I problemi trattati nell’esposizione sono quelli che ci affliggono da sempre: la violenza, l’incomunicabilità, la morte, l’indifferenza… Sono tutte problematiche che incombono sull’universo femminile come pesanti ed asfissianti nubi plumbee cariche di pioggia.

La bellezza e la grazia, attributi tipici della femminilità, sono stati spazzati via dalla voglia di denuncia, dai gesti provocatori e di forte impatto visivo, dal coraggio e dalla realtà, analizzata nei suoi aspetti più crudi e più veri.

Le artiste Anna Maria Maiolino (Italia-Brasile, 1942), Teresa Margolles (Messico, 1963), Ana Mendieta (Cuba 1948 – Stati Uniti 1985) e Amalia Pica (Argentina, 1978) si sono trasformate per noi in soldati, decise a combattere con le loro opere una difficile e spaventosa battaglia fatta di arte e verità.

Per capire meglio la genesi di questa esposizione, e le volontà che la sottendono, ci siamo affidati al prezioso aiuto delle curatrici del progetto Lola G. Bonora e Silvia Cirelli.

Quali motivazioni vi hanno spinte a portare a Ferrara queste grandi artiste sudamericane?

É prassi normale per il Comitato Biennale Donna coinvolgere artiste il cui lavoro non sia solamente un esercizio estetico, ma rappresenti anche una testimonianza ricca di contenuti e di esperienze legate a problematiche esistenziali che investano la società nel suo complesso, non solo quindi riferite alla condizione femminile. Con questa edizione ci siamo indirizzate verso un preciso panorama artistico, quello dell’America Latina, un panorama che in Italia non ha lo spazio e la visibilità che si meriterebbe. Abbiamo dunque sviluppato un progetto che potesse sintetizzare la grande varietà che questa scenario creativo offre, attraverso alcune figure che sono state, e che sono tuttora, fra le artiste che meglio rappresentano il pluralismo espressivo latinoamericano.

I temi trattati dalle artiste sono molto forti e decisamente scomodi. Come credete possano essere percepiti e recepiti dal pubblico?

Indubbiamente SILENCIO VIVO non è una mostra consolatoria, il pubblico l’ha capito e l’ha soprattutto apprezzato (le numerose testimonianze lasciate all’uscita dell’esposizione, lo testimoniano). I temi della mostra sono scomodi, è vero, ma rappresentano la nostra storia contemporanea – non solo latinoamericana – sono una memoria condivisa che legge questioni sociali e culturali purtroppo familiari a molti: le dinamiche sociali conseguenti le dittature militari, il caratterizzante flusso migratorio, gli squilibri interni causati dalle porzioni di una criminalità elevata.

L’arte rappresenta un’importante testimonianza storica e Silencio Vivo cerca di andare esattamente in questa direzione, interrogandosi su questioni difficili del nostro vivere quotidiano.

Foto di Giacomo Brini

Raccontatemi qualche retroscena sulla genesi del progetto, l’allestimento e la scelta delle opere.

Un retroscena sicuramente da raccontare è il momento in cui abbiamo iniziato l’allestimento dell’opera Pesquisas di Teresa Margolles, un lavoro site specific che l’artista ha realizzato appositamente per la Biennale Donna. L’artista ci ha chiesto di tirare fuori uno ad uno i trenta manifesti che compongono l’opera, affiancandoli poi a terra, cosicché lei potesse pensare e decidere come posizionarli a parete. Seppur nella sua semplicità, il gesto di tirare fuori i manifesti è diventata una vera e propria azione performativa. Il silenzio si è subito impadronito dello spazio e la partecipazione emozionale è venuta da sé. Ogni manifesto rappresentava infatti il volto di una giovane ragazza scomparsa a Ciudad Juarez e aprirli uno dopo l’altro, è stato come dare “voce” a queste vittime dimenticate, prendendo coscienza della tragica quotidiana di molte città messicane del nord. È stata un’emozione fortissima, nata in modo completamente casuale, e che ha catturato immediatamente tutte le persone in quel momento presenti.

Quanto credete sia importante una manifestazione quale la Biennale Donna per la nostra città?

Fin dalla prima edizione del 1984, l’obbiettivo della Biennale Donna è stato quello di esplorare realtà critiche della nostra storia contemporanea, con la certezza che attraverso la lettura di alcune figure chiave del panorama artistico, avremmo potuto raccontare e dunque riflettere su questioni che bene o male coinvolgono tutti. La dimensione narrativa è dunque di chiara sensibilità socioculturale e geopolitica. A questo si affianca poi la volontà di costruire progetti espositivi che coinvolgono artiste di innegabile profilo internazionale, come Carol Rama, Nancy Spero, Mona Hatoum, Louise Bourgeois, Anna Mendieta appunto, solo per citarne alcune. Nomi che inseriscono la Biennale Donna, e quindi Ferrara, nel circuito culturale nazionale, senza nulla da che invidiare ai più prestigiosi Musei italiani.

Se vi sentite pronti ad ascoltare le grida nascoste dietro al silenzio, recatevi con coraggio e cuore aperto in un misterioso viaggio verso l’anima femminile dell’America Latina, un viaggio che comincia proprio tra le mura della nostra città.

SILENCIO VIVO ARTISTE DELL’AMERICA LATINAXVI BIENNALE DONNA
FERRARA, PADIGLIONE D’ARTE CONTEMPORANEA CORSO PORTA MARE 5
17 aprile- 12 giugno 2016

Orari:
da martedì a domenica  9.30 – 13.00 / 15.00 – 18.00
Aperto anche 23 e 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno
www.biennaledonna.it
www.udiferrara.it

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