Improvvisamente la signora Magda rompe i ranghi del gruppo silenzioso e composto che sta effettuando il tour all’interno della Manifattura Berluti di Gaibanella. Fino a quel momento il rispetto delle stringenti regole dettate dagli accompagnatori erano state seguite alla lettera: niente foto, muovetevi negli spazi consentiti, non toccate nulla, nessuna ripresa. Nel tempio dove vengono realizzate le calzature da uomo tra le più celebri al mondo, la condotta è ferrea, a partire dall’ingresso, con tanto di uomini della sicurezza e controlli.

Però qualcosa deve essere scattato dentro Magda, più forte di ogni divieto, un moto che le ha dato un coraggio inaspettato e che ha spiazzato il gruppo, le guide, e un po’ meno il marito Oreste.
Magda si è avvicinata a una signora che stava dando forma a una tomaia con la macchina da cucire e le ha detto qualcosa. L’artigiana, una delle maestranze esperte assunte dalla Berluti e chiamate in una domenica di maggio a dare dimostrazione del proprio savoir faire durante le journées particulères, è parsa in imbarazzo. Probabilmente non era prevista un’interazione con i visitatori, ma l’impeto di Magda è stato incontenibile. Si sono parlate, e il gruppo è stato rapidamente fatto ripartire.

Per un attimo ho pensato che Magda sarebbe stata fatta sparire in qualche antro segreto, come i bambini impertinenti della fiaba “Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato”, invece me la sono ritrovata accanto e le ho chiesto cosa si fossero dette.

“Per 13 anni io ho lavorato alla Zenith di Ferrara, in via Caldirolo, una delle prime fabbriche di calzature pret à porter. Eravamo 600 operaie, io facevo l’orlatrice. Quando ha chiuso, all’inizio degli anni ‘70, è stato un duro colpo. Ho amato il mio lavoro e venire qui è un’emozione enorme, mi sento a casa, mi sembra di essere tornata a quei tempi, volevo condividerlo con chi ora fa il mio stesso lavoro”.

Siamo rimaste indietro rispetto al gruppo, ferme nell’agorà, come viene chiamato l’enorme atrio sul quale affacciano le grandi vetrate dei laboratori con le varie fasi di produzione: taglio e cucitura delle pelli (di vitello, alligatore e coccodrillo), assemblaggio della tomaia, montaggio e finitura e infine la patina, elemento caratterizzante delle Berluti.

Courtesy Berluti

Magda si guarda attorno con emozione e nostalgia, piccola, ma non smarrita, negli 8.000 metri quadri di questo parallelepipedo che sembra calato nella campagna ferrarese da un’altra dimensione, e che vuole ricordare, come ci hanno spiegato poco prima, una scatola da scarpe.
Il sole filtra tra le travi in legno che sorreggono il soffitto in vetro, disegnando per terra un intreccio che, nelle intenzioni degli architetti parigini Barthélémy e Griño, richiama dei lacci.
E’ tutto elegante, perfetto, efficiente, originale, ma nell’ordine studiato in ogni dettaglio, è Magda, elemento imprevisto, fermo in mezzo al gioco di luci e ombre, a dare un senso a tutto questo.

Il senso è che senza Magda, e tutti gli esperti artigiani usciti prima dalla Zenith, e poi dalla Stefano Bi, altro marchio nostrano di nicchia per le per le scarpe da uomo di alta gamma, la Maison Berluti non sarebbe mai arrivata a Ferrara, come è successo nel 1994, un anno dopo essere entrata nel prestigioso Gruppo LVMH – Louis Vuitton Moët Hennessy, una delle holding specializzate in beni di lusso più famose al mondo, che detiene marchi come Moët & Chandon e Dom Pérignon, tra i vini, Louis Vuitton e Fendi, nella moda, Christian Dior e Acqua di Parma, per i profumi, Bvlgari e Zenith, fra gli orologi, oltre alle catene Sephora e Le Bon Marché. Solo per citare alcuni nomi.

La Berluti, nata nel 1895 dal marchigiano Alessandro Berluti, poi trasferitosi a Parigi, ha da sempre puntato sull’alta qualità, che ha ritrovato nelle maestranze e nei macchinari orfani di padrone in terra estense, dove si è insediata, oltre vent’anni fa, in modo discreto, ma con un impegno sempre crescente. Inizialmente i negozi Berluti nel mondo erano 8, oggi sono 54. E dall’anno scorso tutta l’attività è stata concentrata nell’elegante monolite in legno e vetro tra il mais verdeggiante di Gaibanella, dando nuovo vigore alla produzione e alle assunzioni.

Sono arrivate 3700 candidature, sono stati fatti 1200 colloqui, selezionati 160 allievi per la scuola di formazione, 138 di loro hanno completato il corso, e 99 sono stati assunti. Oggi 250 persone sono impiegate qui, provenienti da tutto il mondo, ma soprattutto dal ferrarese.

Li vediamo al lavoro, durante la visita. Ragazzi giovani, alcuni visi noti, amici pieni di talento e risorse finora inespresse che fa piacere ritrovare ora operosi e concentrati. Ma anche signore, come quella con cui si è fermata a parlare Magda, che possono rimettere in gioco la loro esperienza, e la cui maturità professionale è un valore aggiunto e non un limite.

Ascoltiamo di taglio e concia delle pelli, vediamo la modellatura sulle forme di scarpa, la cucitura a mano, la fresatura della suola, camminiamo tra gli scaffali con le boccette in vetro dei colori iconici oliva, giallo Roma, turchese, chestnut, sbirciamo i tableau delle nuove tendenze corallo e lavanda, ammiriamo i modelli classici di sandali, stivali, mocassini morbidi e scarpe derby, ma anche le sneakers in pelle, tanto amate dai giocatori dell’NBA. Ci vengono mostrati anche borse e zaini. Un signore chiede il permesso di toccarne uno e dice “che dolce!”. Un altro visitatore con una lunga tunica e una pochette Louis Vuitton sotto braccio, dice che per lui sono come una droga.
Assistiamo alla tatuatura a mano di accessori per un fotografo del National Geographic che vuole riprodurre su pelle le sue foto della savana africana.

Alla fine del percorso ci chiedono una dedica. Non è facile riordinare le idee, le sensazioni sono contraddittorie. Ci aiuta a riassumerle Paolo Dall’Aglio, Direttore sviluppo e industrializzazione, “il lusso è la riscossa dell’artigianato”.
Ci è stato mostrato un mondo di oggetti tanto desiderabili quanto inaccessibili per un consumatore medio come è la maggior parte dei visitatori. Una scarpa Berluti può costare da alcune centinaia ad alcune migliaia di euro. E in più non c’è una linea donna, quindi doppia frustrazione per metà della popolazione mondiale. Ma è anche vero che questa nicchia esclusiva sta generando benessere per decine di famiglie in un territorio come il nostro, così carente di imprenditori che investano e in un momento come questo, in cui la tendenza è a delocalizzare. “Per noi è importante stare qui, perché altrove il nostro prodotto non avrebbe lo stesso valore”. E’ il rassicurante commiato di François Berthet, Direttore di stabilimento.
E allora questa è la mia dedica: il piacere di indossare una Berluti non lo proverò mai, ma lo cambio volentieri con quello di sapere che è fatta a Gaibanella.

4 Commenti

  1. giorgia casadio scrive:

    anche mia mamma , classe 1922 ha lavorato alla Zenith e prima di lei mia nonna quando la fabbrica era in Corso Isonzo….

  2. Stefania Andreotti scrive:

    Cara Giorgia, grazie per aver condiviso questo ricordo con noi.

  3. Paolo Dall'Aglio scrive:

    Buongiorno Stefania,
    Sono felice che la sua visita presso Berluti le abbia trasmesso tutte la passione e le emozioni che i nostri fantastici Artigiani provano ogni giorno.
    Splendida la signora Magda che queste emozioni le prova ancora dopo tanti anni.

  4. Sergio Ambrosone scrive:

    Buon giorno a tutti sono l imprenditore che ha voluto ,costruito la società Immobiliare Gaibanella ,ho urbanizzato l’area l ho collaudata e consegnato al comune di Ferrara le strade i parcheggi il “verde”. Poi ho venduto a la società ad altri imprenditori ,ma c’é un po’ di “mio” li dentro ! Sono orgoglioso che da una mia ,forse rischiosa idea ,oggi ci sia l’ insediamento “Berluti” Ferrara ne aveva bisogno .Spero che l’idea di un raddoppio diventa presto una realtà !grazie dell’ospitalitâ, siete bravi !!!!

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