(segue da prima puntata: il canvìn)


mignonIl cinema a luci rosse in un’antica Cattedrale

È storia notissima in città quella di questo piccolo cinema, il Mignon, su cui Massimo Alì Mohammad ha girato un delizioso film, raccontando con ironia e delicatezza questo mondo nascosto oltre la facciata di una chiesa sconsacrata. Dove, dai primi anni ’80, vengono proiettati film porno tutti i giorni dell’anno, Natale compreso, per nove ore di fila. Un amico che abita proprio di fronte al cinema mi racconta che una campanella che segnala l’ingresso degli spettatori suona con ritmo costante: non è importante vedere il film dell’inizio, ma gustare quel tanto che basta…
Il binomio chiesa-film a luci rosse come perfetta contraddizione tra osservanza religiosa e trasgressione.

Che San Pietro, quindi, edificata nel X secolo nel cuore del Castrum bizantino, di cui era la chiesa più importante, abbia svolto per un secolo pure le funzioni di Cattedrale, tra la prima di San Giorgio e l’attuale, non impedisce a noi ferraresi di continuare a convivere allegramente e impunemente con un paradosso che non ha uguale in nessuna città al mondo. Se l’espressione attonita dei turisti a questo racconto ci potrebbe far riflettere, invece non ci scompone affatto. Tutt’altro: siamo quasi orgogliosi di questo record. Forse perché ovunque tante chiese ormai sconsacrate hanno ora usi impropri. Qui in città la medievale San Giacomo, dove si svolgeva la veglia d’armi, è cinema anch’essa; quella che era San Nicolò di Biagio Rossetti si divide tra birre e tango e molte altre, se non chiuse e regno dei colombi, hanno comunque meste destinazioni d’uso. Nessuna purtroppo è, come in altre città avviene, sede di esposizioni culturali o artistiche. Ma il Mignon è il nostro paradosso insuperabile.

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Lo sgambetto de Il Sorpasso ad Ossessione

ossessione1Uno dei film più importanti della storia del cinema, Ossessione, come si sa è stato girato in parte a Ferrara da Luchino Visconti, di cui da poco sono trascorsi i quarant’anni dalla scomparsa. Alcune scene sono ambientate nel giardino di un’irriconoscibile Piazza Repubblica ed altre nello slargo di Via Saraceno, in cui aveva casa al numero 105 (la porta di legno è ancora la stessa) un’amica del protagonista. E’ inquadrata pure la pizzeria Orsucci, esistente dal 1936, anche se appare l’insegna Latteria, posta per esigenze filmiche.

Ma l’ambiente fulcro della scena è quello che nel 1943 era il bar Tripoli e in anni più recenti il bar Ferrara, di cui vediamo anche l’interno seguendo Clara Calamai ed infine lo slargo antistante con molte comparse attorno a Massimo Girotti.

A Roma esistono cartelli illustrati che ricordano in quali famosi film appaiono molti angoli delle vie, perché è bello riconoscere il luogo di una inquadratura. In quello slargo di Via Saraceno non c’è nulla che ricordi che è stato il set di un film memorabile. Così pure per altri angoli ferraresi in cui sono state girate scene da De Sica, Antonioni, Vancini ed altri ancora.

Ma cosa penserebbe Visconti se vedesse riportare nell’insegna di questo locale, oggi ristorante Il Sorpasso, il titolo non del suo film che lo ha immortalato, ma quello di un film di un altro regista, Dino Risi? Che con Ferrara non ha proprio nulla a che fare? Chissà…ossessione2

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Il picnic sui grifoni

Dentro al Museo del Duomo sono esposte le preziose sculture che adornavano la distrutta Porta dei Mesi (o dei Pellegrini), aperta fino al XVIII secolo al centro della fiancata. Le famosissime formelle del Maestro duecentesco sono talmente preziose che una barra metallica obbliga i visitatori a non avvicinarsi ad esse a una distanza inferiore a un metro. E gli occhi attenti dei custodi li seguono come ombre. Giustissimo.

Ma ai leoni e grifoni che facevano parte della stessa Porta, opere antichissime, fragili e preziose come le loro sorelle dello stesso Maestro dei Mesi, oggi tocca una funzione ben diversa ed una dose di gran lunga inferiore di attenzione e di rispetto. Non sono nel museo dentro la chiesa sconsacrata di San Romano, ma sono rimasti all’aperto sul sagrato del Duomo.

E diventano sempre più lucidi e levigati, perché su di essi ci si può sedere, anche in diverse persone e di qualsiasi peso, fare picnic e talvolta vengono usati come base d’appoggio per il lancio dei petardi di capodanno.
Un paradosso misterioso ed inspiegabile.

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(continua…)

7 Commenti

  1. Deny scrive:

    Articoli stimolanti: vivere in luoghi e conoscerne storiie e , talvolta purtroppo, degrado ti porta a sentirne l’anima

  2. Saro Mantarro scrive:

    Piccoli paradossi…film a luci rosse in chiesa e Il Sorpasso nei luoghi di “Ossessione”.
    Nel 2008 abbiamo iniziato l’attività ristorativa in via Saraceno per risvegliare un luogo storico per la cinematografia ferrarese, ed abbiamo creduto di non modificare il nostro nome anzi ci è sembrato un segno del destino accomunare due opere così importanti per la storia del cinema italiano, non potevamo tra l’altro intitolare il locale all’opera del Maestro Visconti, un ristorante che si chiama “Ossessione” non avrebbe avuto vita facile…
    Condividiamo pienamente il richiamo ad una toponomastica più attenta alla storia dei luoghi, sarebbe molto bello attivarsi per installare delle “opere” che descrivessero cosa è successo in un determinato luogo o dove esso viene citato, penso a tutti i richiami delle vie del centro di Ferrara presenti nei romanzi di Bassani e altro ancora.
    Grazie per la sua attenzione Flavia.
    Saro Mantarro
    Cuciniere del “Sorpasso”

    • Grazie delle sue considerazioni, tanto garbate e pienamente condivisibili. Personalmente non avrei trovato fuori luogo, in ogni senso, una dedica ad Ossessione (magari si potrebbe sognare per lo slargo della via? Chissà). Non sarebbe meno originale del titolo riferito all’altro film. D’altronde non manca la fantasia nei nomi di tanti ristoranti ferraresi, da Quel fantastico giovedì a L’oca giuliva, o Borgomatto e Ariosteria, oppure Scaccianuvole o I matti anni 30 e L’orba canocia..
      Sono felice che lei abbia compreso il tono non accusatorio ma amorevole verso questi piccoli paradossi. E confidiamo che Visconti dall’aldilà sorrida anche lui dello..sgambetto!

  3. davide mantovani scrive:

    Flavia Franceschini scrive molto bene, forse meglio di suo fratello…..confido che non glielo dica…per via di un’antica amicizia. Il suo sguardo su Ferrara ed i ferraresi è molto gentile ed indulgente, forse deriva dalla divertita ironia che spesso modellava il sorriso ed il riso di suo padre. Tuttavia l’atteggiamento dei ferraresi vero le cose della città è spesso determinato da una allegra ed inestricabile ignoranza – nel senso letterale del termine. Quanto – a questo proposito – all’intitolazione del ristorante, credo che Ossessione sarebbe stato sì un tantino audace, ma nella sua ambiguità non privo di richiami positivi. Inoltre avrebbe reso giustizia a Visconti che non si scordò di quel soggiorno ferrarese. Quando, nel Gattopardo, girò la scena di famiglia con Tancredi, Angelica etc. pretese che l’inquadratura fosse la stessa di quella del dipinto La famiglia del Plebiscito di Giovanni Pagliarini che egli aveva ammirato trent’anni prima al Museo del Risorgimento a Ferrara…

    • Caro Professore, grazie davvero. Prima ho riso di gusto, poi le perfette parole con cui ha ricordato mio papà sorridente mi hanno commosso..
      E grazie per aver raccontato l’episodio ferrarese, che non conoscevo, del grande regista. Sarebbe bello poter raccogliere ogni ricordo in merito, dalla storia della piccola maniglia a forma di mano, nella porta del numero 105, che Visconti ha voluto sostituire a quella esistente, a questo straordinario che lei ha descritto. Che invoglia a rivedere l’altro film per confrontare la scena con il bel quadro di Pagliarini, che ben pochi conoscono.
      E chissà, magari altri episodi ancora che nessuno finora ha raccontato..

  4. Paolo Holzl scrive:

    Penso che leoni e grifoni belli lucidi stiano meglio lì che in un museo.
    Sono un assoluta memoria storica di un rito che si ripete, hanno visto penso le natiche di tutti i ferraresi, e non solo. Sfido a trovare un ferrarese che non ci sia salito, aiutato dalla mamma o dalla nonna.
    Un combattimento alla pari con il tronco del Cedro del Libano del Parco Massari, che anche lui di culi ne ha visti tanti.
    Loro sono lì, vivi più che mai per la gioia di grandi e piccoli in un rito che sfida i tempi e le mode.
    Quelli nel museo dicono poco ai pochi che li guardano distrattamente.

    Sono un nostalgico, rimpiango i piccini che buttavano i tozzi di pane nel fossato del castello per vedere i ‘pescioloni’, oggi abbiamo l’acqua pulita … che nessuno guarda più.

    • Già, i leoni e grifoni romanici a nostra diposizione, come marmoree giostre sempre presenti, fanno parte del nostro dna ferrarese.
      Che al valore simbolico e religioso si sia di questi tempi sostituito quello puramente funzionale è un dato di fatto, ma ho l’impressione che sia diversa cosa se ci si siede sopra un bimbo o se invece due signori di un quintale l’uno. Che di quel che hanno sotto le natiche se ne fanno un baffo, anzi lo troveranno forse duretto. L’avesse Nicholaus fatto imbottito!
      Ma direbbe Catalano: “Meglio quattro sculture duecentesche su cui riposarsi che stare fermi in piedi e affaticarsi”..

      L’acqua tutto tranne che pulita del fossato del Castello a forza di bricioline (o forse di disinteresse) ospita pesci lunghi un metro, quasi Nessie locali. Chissà che spettacolo dal giro in barchetta! Da ritornar bambini..

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