Non mettevo piede a Copparo da anni, probabilmente da quando frequentavo le elementari. La piazza da paesone, con il Bar Amarcord e la sua insegna sbiadita hanno effettivamente un che di felliniano, quasi senza tempo. Teresa Mannino deve aver avuto la stessa impressione: appena si accendono le luci sul palco, si legge una certa incredulità nei suoi occhi. Probabilmente si sarebbe aspettata come pubblico un gruppetto di allegri “umarell” con mani incrociate dietro la schiena, invece il Teatro De Micheli è pieno di gente di ogni età.

“Ma che bello questo teatrino! E voi laggiù, non mi dite che siete arrivati tardi per il traffico eh! La verità è che siete venuti perché ero compresa nel prezzo”: così esordisce Mannino perché “per fare lo spettacolo devo conoscervi meglio”. “Sono nata il ventitré” è un lavoro su cui l’artista siciliana ha lavorato tanto, e si vede: i temi che affronta sono molteplici, dall’amore alla famiglia, dall’ultimo libro letto ai viaggi in 500 per andare “a mare”.

Dopo aver scambiato qualche battuta con delle signore copparesi su un libro sconosciuto ai più in sala (“Le braci” di Sandor Marai), Teresa Mannino inizia a raccontarci di come un altro testo (sicuramente più conosciuto) sia stato per lei fonte di ispirazione: l’”Odissea” di Omero. Grazie alla sua struttura narrativa forte e originale, che svela tutto ciò che accadrà fin da subito, il lettore non perde l’interesse e si ritrova coinvolto in un turbine di eventi di ogni tipo, a partire dalle “scappatelle” di Ulisse finendo per il giro infinito che fa da Troia a Itaca. Mannino continua e non si risparmia: la verità è che Odisseo, con il suo nome così importante, non è veramente l’eroe del poema epico, bensì Penelope, che, con la sua pazienza, lungimiranza e fortuna nel non avere né Facebook né Whatsapp, è finta ignara di ciò che sta facendo il suo amato in giro per il Mediterraneo. Qua la nostra cara Teresa snocciola pillole di saggezza (un po’ comuni, ma pur sempre piacevoli) sugli uomini dei nostri anni: un esempio sono coloro che sostituiscono il nome dell’amante nella rubrica del cellulare sotto il falso “Papa Francesco”.

Foto di Giulia Paratelli

Teresa Mannino sul palco è svelta, parla un po’ di tutto: arriva anche il momento degli episodi divertenti sulla sua famiglia. Nata il 23 novembre del 1970 a Palermo, Teresa è circondata da medici, e lei è ipocondriaca. Ultima di tre figli, le dicono continuamente di esser stata adottata, “infatti tu assomigli alla zia”. Addirittura da piccola non si vestiva da principessa, ma da Ivana Spagna. Il peggio (o meglio, dipende dai punti di vista) erano i viaggi in 8 su un’unica 500 blu, con mamma, zia, fratelli e cugini: si andava in spiaggia cantando Montagne Verdi di Marcella Bella.

Lo spettacolo scorre, Teresa è brava, ha ritmi televisivi, con il sorriso sempre stampato sul volto e pause d’effetto. I copparesi “campagnoli” (come vengono da lei definiti) ridono ad ogni battuta carina ed effettivamente c’è da ridere, Mannino ci sa fare. Il dialogo continuo con il pubblico funziona, la scenografia con i palazzi di Palermo rende l’atmosfera sicula. Sarebbe stato interessante cogliere attraverso la fotografia la radiosità di Teresa e le sue espressioni sconvolte e basite davanti ai vari titoli dei libri letti dal pubblico copparese: purtroppo per scelte organizzative ciò non è stato possibile.

Si torna a casa, lascio dietro di me il Bar Amarcord, le chiacchiere sugli uomini fedifraghi e sulla Sicilia anni ’70 senza acqua né walkman.

Lascia un commento

Prima di lasciare il tuo commento, ricordati di respirare. Non saranno ospitati negli spazi di discussione termini che non seguano le norme di rispetto e buona educazione. Post con contenuti violenti, scurrili o aggressivi non verranno pubblicati: in fondo, basta un pizzico di buon senso. Grazie.