Facoltà di ingegneria di Ferrara, sabato 24 ottobre, ­ LinuxDay.

Di ciò che trovo mi piace tutto: Creative Commons, GNU, open source, software libero, OpenStreetMap, kernel Linux, CoderDojo… ma già con l’amica che mi accompagna mi accorgo di parlare da solo, di esaltarmi in solitudine (a proposito: in coda al testo una nota semiseria per i non addetti ai lavori). Tutte queste parole sono lontanissime da chi non ha interesse per questo universo parallelo, e questa volta non per problemi legati allo smodato utilizzo di inglesismi. Ma è una distanza reale o solo apparente? Forse la risposta giusta è la seconda, considerando che su questi termini si basa l’85% dei siti web, Google Chrome, Firefox, Android, VLC, Wikipedia, la maggioranza dei server web oltre a decine di migliaia di altri progetti.

Avevo invitato anche un amico all’evento, non riusciva a venire ma si raccomandava di «dire agli organizzatori che Ubuntu non è adatto ad un uso professionale». Lui ne sa, e aggiungeva così alla lista un’altra parola dal significato vago ma già più diffusa. LinuxDay uguale Ubuntu, un sistema operativo che molti hanno provato a installare sul proprio PC al posto di Windows, per necessità più che per scelta.

Ma quindi, di cosa si parla al LinuxDay? Non è riduttivo chiamarlo in questo modo? Lo chiedo a Mauro Tortonesi, professore di ingegneria informatica, tra i fondatori del Linux User Group di Ferrara (LUG), l’associazione promotrice della giornata.

«Anche a mio parere bisognerebbe cambiare il nome di questo evento, perché oramai l’open source è diventato talmente importante che Linux, per quanto fondamentale, è solo uno degli ingranaggi della macchina. Chiamerei la giornata Open Source Day, credo che questo sarebbe proprio il termine ideale, più pragmatico rispetto alle accezioni di free software e libre software, perché ritengo giusto che questi strumenti contribuiscano a creare valore economico».

Creare valore economico? Quindi non siete estremisti o integralisti?

«Assolutamente no, anzi, io non mi vergogno di venire al LinuxDay con un MacBook Air, non mi piace il software Apple ma ha di bello che ci girano tutti i programmi Linux. Odio il sistema operativo ma adoro l’hardware».

Foto di Giulia Paratelli

Alla luce di quello che mi stai raccontando, come sono cambiate le persone che ruotano attorno al LUG di Ferrara negli ultimi anni?

«È cambiato molto lo scenario attorno a noi, una volta il LUG era il punto unico dove convergevano gli attivisti della provincia. Ora tantissime persone e tantissimi studenti trovano risorse e punti d’aggregazione online. Nel LUG vedi veramente solo la punta dell’iceberg delle tantissime persone che lavorano con l’open source, è diventato uno strumento professionale».

L’open source è uno strumento professionale? La frase suona molto forte.

«Per fare un esempio, i miei studenti escono dall’università sapendo di dover sviluppare in open source, non si pongono neanche il problema, non devi nemmeno più spiegargli le ragioni, oramai è assodato».

Oltre agli incontri divulgativi della mattinata e a quelli molto più tecnici del pomeriggio, vogliamo parlare di tutti questi bambini? Che ci fanno qui?

«Quest’anno per la prima volta apriamo il pomeriggio ad una sessione di CoderDojo, un marchio diffuso in tutto il mondo che ha come obiettivo l’insegnamento della programmazione informatica ai più piccoli, bambini tra i 7 e i 12 anni. In pratica ognuno di loro attraverso uno specifico linguaggio di programmazione di nome Scratch impara a creare piccoli videogiochi interattivi e con essi le basi concettuali della programmazione informatica.  I bambini assorbono queste nozioni come spugne e si divertono tantissimo. Devo poi ammettere che sempre più genitori hanno piacere di iscriverli a questo tipo di incontri, basti pensare che abbiamo raggiunto il limite delle iscrizioni in meno di due giorni, e di solito a Bologna ci mettono trenta minuti a chiuderle».

È un attività che proponete in maniera continuativa?

«Purtroppo no, l’iniziativa di oggi è stata possibile grazie ai volontari del CoderDojo di Cento e del Ferrara LUG, ma l’obiettivo è quello di rendere questo tipo di iniziative continue e costanti nel tempo».

Chi volesse partecipare ai vostri eventi dove vi può trovare? Avete qualche altra iniziativa in agenda?

«Chi è interessato ci può trovare nelle ex scuole elementari di Gualdo, frazione di Voghiera, nella sede che abbiamo inaugurato prima dell’estate. Lì giovedì 12 e 19 novembre proponiamo un minicorso di Arduino, una fantastica piattaforma con scheda e tutti gli strumenti sviluppati in open source, con il quale si possono fare cose semplici ma incredibili. Il corso è rivolto a tutte le età, basta prenotarsi».


Arduino: “prende il nome da un bar di Ivrea (che richiama a sua volta il nome di Arduino d’Ivrea, Re d’Italia nel 1002), frequentato da alcuni dei fondatori del progetto”.

CoderDojo: “Be Cool (motto)”.

Creative Commons: “Some rights reserved (motto)”.

GNU: “la parola GNU si pronuncia /gnu:/ (gh-nù) e non /ɲu:/”.

Linux: “lo studente finlandese Linus Torvalds (il suo creatore) preferiva chiamarlo Freax”.

Open source: indica un software di cui gli autori rendono pubblico il codice sorgente, da qui il classico errore di confonderlo con source code, film nel quale un pilota di elicotteri si sveglia in un treno e poi in una capsula e poi di nuovo sul treno e poi ancora nella capsula, e via così.

OpenStreetMap: utilizza le ortofoto aeree concesse gratuitamente da Yahoo! e Bing, chi è il cattivo ora?

Software libero: si basa su 4 libertà, incredibilmente numerate da 0 a 3.

Ubuntu: “dopo circa 6 anni dagli esordi, si decise di sostituire i colori con marrone-arancione. Mark Shuttleworth spiegò che il rinnovamento derivava dall’esigenza di avere un aspetto più professionale, per ottenere maggiore appeal in ambito aziendale; si scelsero il colore aubergine (melanzana) e, per mantenere il lato “umano”, una particolare tonalità di arancione, per bilanciare il viola-melanzana, chiamata Ubuntu orange”.

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