E così l’Expo atterra anche su Listone Mag. Inevitabile farci i conti. Credevamo forse di poter ignorare il più discusso evento italiano dell’anno, solo perché viviamo chiusi nella città della metafisica, dove il tempo non passa e se passa gli si fa ciao con la mano, tanto stiamo tutti fermi qui? Certo che no. Le mura hanno spiragli grossi abbastanza da farci scappare fuori un cappellaccio, una salama da sugo. Abbastanza grossi da portare la gastronomia estense alla fiera milanese, ma non solo quella. Nella piazzetta dedicata all’Emilia-Romagna, tra teste d’aglio di Voghiera e anguille comacchiesi, è finito anche un artista: Marcello Carrà, conosciuto ai più come “quello della Bic”.

La sua presenza all’Expo non può considerarsi casuale: quest’anno Marcello si è impegnato sul tema dell’alimentazione ma già nel 2012 aveva dedicato una personale al tema “Nè carne né pesce”, svolto non tanto in chiavo culinaria quanto in chiave etologica, ma insomma la sostanza resta la stessa. Maiali e scorfani, la volontà di richiamare l’attenzione sull’attentato alla biodiversità in corso, la necessità di riconsiderare lo sfruttamento intensivo degli animali.

Per parlare della sua visita all’Expo e della mostra “Ricettario visionario” che sta per inaugurare a Ferrara, sabato 19 settembre presso la Mlb Home Gallery, fissiamo un appuntamento a casa sua, per cenare assieme e chiacchierare di cibo seduti a tavola, tra una forchettata e l’altra, come solo gli italiani sanno fare.

Lui ci accoglie in braghette e maglietta con stampa ittica. Si scusa perché la casa è troppo in disordine, «ma quando sono impegnato per una mostra va sempre a finire così». Per terra rotoli e opere già imballate da portar via, in cucina una fila di bottiglie d’acqua vuote. Una piena a metà di caffè, «mi serve per tingere la carta». Sul tavolo confezioni di china e scatole di Coco Pops. «Li mangio tutte le mattine da quando avevo sei anni, una bella manciata nel latte freddo, fino a quando diventa scuro di cioccolato».

Sul fuoco una padella antiaderente piena di melanzane e pollo, da girare con un cucchiaio di tanto in tanto. Sale, un’abbondante spolverata di curry e un filo d’olio completano la ricetta, che viene venduta dallo chef come la sua specialità, «insomma è l’unico piatto che ho inventato da quando sono qui, però è buono». Marcello apparecchia la tavola, approfittiamo per recensire il suo frigorifero: uova scadute, coppa, salamino e salame, burro, mele da buttare, insalata idem, succo di pesca, Coca Cola, una zucca, yogurt all’ananas, pesto, funghi, grana, pecorino, salsa di fichi, marmellata di pere. Chissà quale di questi alimenti può vantarsi di esser stato modello del maestro, che nel frattempo si vergogna e butta nel pattume una mozzarella andata a male. Ci sediamo a tavola.

Tavola

Come è andata a Expo? Cos’hai fatto mentre eri là?

La prima volta ci sono andato a luglio come visitatore, ma non sono riuscito a vedere granché. La fiera è veramente enorme. Sono tornato ad agosto per la performance, dal 19 al 21. Ho disegnato tre giorni di fila per realizzare un ritratto in stile Arcimboldo, composto dai prodotti più famosi della cucina ferrarese, pasticcio, pampepato, coppia di pane, vongole, cose così. Dalle dieci di mattina alle sei di sera, con una pausa di un’ora per il pranzo. Il terzo giorno ero veramente saturo, non ne potevo più, anche perché stavo in mezzo a tantissima gente, c’era un gran vociare, le voci registrate trasmesse dagli altoparlanti, la musichina dell’Expo che andava in loop. Andavo a letto che la sentivo ancora nelle orecchie. Ogni tanto provavo a mettermi le cuffie e regolarmente arrivava qualcuno a chiedermi, «ma è tutto fatto a biro?».

Erano tanti i curiosi? Chi è che si fermava?

Bambini e signore di una certa età, tanti ragazzi giovani. Qualche straniero ma soprattutto italiani, i milanesi poi erano tantissimi.

E cosa succedeva attorno a te?

Stavo in un angolo della piazzetta, nelle giornate riservate alla Provincia di Ferrara. Nel frattempo presentavano il carnevale di Cento, oppure suonava la banda di Voghiera, un successone, con i madley di Micheal Jackson e dei Queen.

Boccone

Non ti sentivi a disagio in un contesto così?

Ci sono andato soprattutto per fare esperienza, per disegnare in pubblico, perché non l’ho quasi mai fatto. Sono abituato a lavorare da solo. Ero curioso di vedere se le gente sarebbe stata curiosa. In generale piace vedere l’artista all’opera, è una cosa che ho provato spesso in prima persona, fermandomi a guardare gli artisti di strada durante il Buskers Festival. A posteriori comunque posso dire di esser contento di quella performance, mi ha permesso di vivere l’Expo come da visitatore non avrei mai potuto fare.

Alla fine sei riuscito a finire il disegno?

No, non sono riuscito. L’impresa era ciclopica, parliamo di un foglio grande 160 per 160 centimetri. La struttura c’è ma manca la cura del dettaglio. Pensavo di completarlo qui ma alla fine ho deciso di esporlo com’è. Quello che si vedrà in mostra è il lavoro di quei tre giorni.

Di cosa parla la prossima mostra?

Dell’inquinamento del suolo che coltiviamo, degli animali a rischio di estinzione, in generale della necessità di preservare le risorse che abbiamo. In tutto una dozzina di opere. Ricette a base di animali rari o estinti, come il mammuth e il dodo. Ci saranno anche delle ampolle piene di elisir improbabili, per i quali ho realizzato l’etichetta e inventato le composizioni. Le ho scritte a macchina con una vecchia Olivetti che ho trovato a casa di mio padre. Cose come “Brodetto di rinoceronte di Sumatra”, oppure “Intingolo di Damalisco”, “Salsina di camaleonte Tarzan”. Ci saranno anche quattro disegni con l’acqua.

Foto di Corradino Janigro


Cosa significa? Cosa sono?

Mi sono fatto fare delle cornici di ferro apposta da una ditta di Finale Emilia, e una vetrocamera da posizionare di fronte alla carta, che contiene l’acqua colorata che si muove e completa il senso delle opere. Tre di questi lavori rappresentano verdure cresciute da un terreno contaminato. Per la quarta mi sono ispirato a Brugel, come già mi era capitato di fare in passato per la serie dedicata al terremoto, quando riproducevo i suoi dipinti svuotandoli dei personaggi, come se fossero scenari abbandonati. Questa estate sono stato a Parigi e ho comprato un libro dedicato alle sue opere su carta, che sono bellissime ma purtroppo poco conosciute. Lì ho trovato questa immagine: due cechi si guidano a vicenda ma finiscono nel fosso. Li ho convertiti in un maiale grasso che addenta panini e leccornie varie, seguito da un levriero magro sfatto che implora per avere un pezzetto. Il finale non cambia: entrambi finiscono nel fosso.

Ma davvero sei così ecologista e attento al pianeta?

Se si può fare del bene, si fa. Faccio la raccolta differenziata. Non sono vegetariano, anche se mangio quasi esclusivamente carne di pollo. Il maiale giusto la domenica, quando vado a trovare mio papà che ha la passione delle grigliatine.

E cosa comprende la cucina di Carrà? Dove fai la spesa?

Tanta pasta al tonno, oppure all’olio, sono per i sapori basic. E quasi sempre spaghetti, perché con i maccheroni ho paura di sporcarmi. Frutta e verdure non mancano mai, di stagione. Adoro il melograno. La spesa la faccio alla Coop, è qua dietro.

Olio

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