Camminare, in questa società contemporanea è una pratica che sempre meno trova spazio nel nostro quotidiano.
Anzi la si pratica quando non ci si prefigge un traguardo: per andare da un luogo A ad un luogo B si usa la macchina e, fortunatamente, a Ferrara anche la bicicletta; capita che si vada a passeggio, il che però non prevede un percorso prefissato e talvolta neanche una meta certa, si passeggia in una sorta di danza collettiva disarmonica.
L’uomo, nella sua storia ha sempre compiuto percorsi lunghissimi a piedi, coperto di armature o dei propri pochi averi, per andare a cacciare o per cercare nuovi luoghi, per esplorare o per andare a comunicare accadimenti, per pensare o per scappare.
L’uomo contemporaneo, quello del terzo mondo, marcia per scappare, alla ricerca di un luogo in cui guerre, violenze, fame restino solo un ricordo.
L’uomo contemporaneo marcia verso il primo mondo, e lo fa con ogni mezzo e con grande volontà di cercare una condizione umana migliore.

Proprio lungo questa marcia, però, talvolta, tocca i punti di più difficoltosi della propria esistenza.

Foto di Paola Arquà

Sabato, rispondendo, ad un’appello che ha abbracciato molte città ci siamo ritrovati in via Saraceno, nello slargo antistante la Chiesa di Sant’Antonio Abate e abbiamo iniziato a “decidere da che parte stare”, l’abbiamo fatto nella consapevolezza che con un gesto plateale avremmo potuto sia manifestare che provare a capire una piccola parte delle difficoltà che tutti quegl’esseri umani vivono ogni giorno e da qualche anno nella loro marcia verso un mondo lontano da guerre, violenze ed un futuro migliore.

Circa in 400 ci siamo tolti le scarpe e abbiamo iniziato a camminare verso il centro cittadino, lungo una di quelle strade che ospita più negozi di scarpe della nostra città.

La marcia accumunava tanti: donne, uomini, bambini, ragazzi, professionisti, avvocati, dottori, operai e studenti di ogni età, eravamo tutti uguali, con gli stessi piedi neri, a scoprire che camminare a piedi nudi, anche se su una strada ben lastricata, non è per niente facile.
Man a mano che si procedeva capitava sempre più spesso di vedere persone che, fermandosi, osservavano il grado di colorazione della propria pianta del piede.
I bimbi osservavano i propri genitori alla ricerca di una potenziale gara tra chi aveva i piedi più neri, stupiti da quella concessione “sui generis” di non indossare calzature.
Tutti noi ci siamo ricordati che, di fatto, l’estate non è ancora finita e che camminare a piedi scalzi regala sensazioni tattili del tutto simili a quelle provate al mare, nel percorso acqua stabilimento balneare, seppur su materiali differenti.
Tutti noi, decidendo di marciare come segno di solidarietà ed uguaglianza con quei popoli in fuga, abbiamo capito meglio le difficoltà e ci siamo tinti naturalmente di nero la pianta dei piedi.

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