Capire un artista è un’impresa decisamente impegnativa. Meglio evitare di provarci o si finisce col naufragare in discussioni infinite per poi approdare al solito porto, o luogo comune di sempre: l’arte è soggettiva, non bisogna ragionarci troppo. Descrivere quindi Marco Jannotta in poche righe lo vivo come una sorta di tradimento. Preferirei accuratamente sottrarmi dal farlo, e inoltre non credo di averne le competenze. Fortunatamente posso lasciare in gran parte questa fatica, almeno indirettamente, allo stesso artista, avendo avuto la possibilità di intervistarlo presso la sua abitazione vicino al Mercato Coperto. Lo stesso mercato che si è prodigato di decorare, chiedendo apposita autorizzazione al comune, realizzando uno splendido murales, e che ora lui stesso sembra leggermente minimizzare come “semplici scarabocchi” nonostante l’edificio risulti avere un aspetto giocoso e piacevole.

Detto ciò, su Marco mi limito ad anticipare ciò che è necessario ad introdurvi, nel caso non abbiate già avuto modo di conoscerlo, questo pittore nostrano che non ha mancato di raggiungere diversi traguardi. Marco Jannotta è un artista ferrarese che ha realizzato numerose mostre fuori e dentro varie gallerie d’arte, sia in Italia che all’estero. Può vantarsi di essere l’unico ad avere un suo quadro appeso al Ronnie Scott Jazz Club di Londra, storico locale decorato perlopiù da fotografie di famosi jazzisti. Dal 1999 in poi le sue opere sono state in parete in diversi locali, club e ristoranti ferraresi e ha esposto, sempre a Ferrara, alla Galleria Sekanina nel dicembre 2005 e alla Galleria dell’Uva nel 2007. Allargando gli orizzonti ai confini nazionali i suoi lavori hanno trovato casa a Perugia durante l’Umbria jazz, a Marostica al Panic Jazz Club e per due anni di seguito a Padova alla fiera d’arte en plen air.

Oggi alcuni suoi lavori si possono trovare, sempre del panorama ferrarese, in luoghi come l’Osteria del Babbuino, il Clandestino, il Bar Duomo, solo per citarne alcuni. Altri in più occasioni vengono esposti direttamente sulla strada, dall’autore stesso, permettendo ai visitatori più fortunati una passeggiata più piacevole.

Nel 2008 Franco Farina, storico direttore di Palazzo Diamanti (lo stesso Franco Farina che nel 1975 portò Andy Warhol a Ferrara) scrisse una breve prefazione ad un opuscolo di presentazione dell’artista dove specifica come nelle sue opere si possa di riscontrare la “concretizzazione” di molte idee, idee dello “spazio e delle campiture”, della “materia che dà forma e consistenza all’immagine”, del “pensiero animato da molte curiosità”.

Incontro Marco in un bell’appartamento decorato con quadri dipinti sia da lui che realizzati da altri artisti con cui ha avuto collaborazioni nel corso della sua carriera. Lui è un amante dei gatti e della musica jazz. In sottofondo lo stereo riproduce un pezzo molto piacevole e probabilmente anche piuttosto famoso, ma che sul momento non riesco a riconoscere. Il gatto non smette di saltellare dalle mie gambe a quelle del padrone di casa e quando finalmente si ferma comincia a miagolare. Ci accendiamo entrambi una sigaretta mentre faccio partire il registratore vocale.

Se dovessi descriverti in poche parole quali useresti?
Oh mamma mia che brutta domanda, è una domanda complicata, non so auto descrivermi. Fammi pensare… No, per ora non mi viene in mente nulla.

Parlaci della tua formazione, come hai cominciato a dipingere e cosa hai fatto.
Si, vediamo di partire dall’inizio. Io ho sempre disegnato. Mio nonno oltre ad essere un eccellente violoncellista era anche un abile disegnatore, faceva anche quadri ad olio. Come lui ho avuto la fortuna di avere la mano capace nel disegnare, e ho sempre continuato e coltivato questo dono, con la china, il pennino, pennarelli fini al tempo del liceo… Ricordo che per aiutarmi nello studio della storia, materia a me ostile, ebbi l’idea di realizzare la “storia a fumetti”. Molti anni dopo un mio amico giornalista mi chiamò per prendermi in giro, dicendomi che un suo collega mi aveva fregato l’idea. Si trattava di Biagi ovviamente. Anche io avevo fatto qualcosa di simile, perché nonostante la storia mi piacesse, come le altre materie umanistiche, avevo difficoltà a ricordare le date.
Ecco nelle materie scientifiche ero meno bravo. Con la pittura invece ho cominciato tardi, nel 1998. Avevo ancora il mio vecchio ristorante, “Quel Fantastico Giovedì”. Un anno dopo ho fatto la mia prima mostra alla birreria La Corte. Ho venduto qualche quadro, è andata bene, e così ho continuato. Nel 2000 ho lasciato il ristorante, perché è un lavoro massacrante che ti occupa tutto il tuo tempo. Siccome non volevo morire sui fornelli, avendo avuto la fortuna di saper disegnare, ho deciso di cambiare. Ho lasciato l’attività di chef dopo 18 anni, ogni tanto ancora faccio qualcosa per divertirmi. Al ristorante ora c’è un mio allievo, ho anche insegnato alla scuola alberghiera.

In seguito ho fatto molte mostre. Ti dirò, è una cosa che ho fatto, ma non amo esporre nelle gallerie d’arte. Preferisco la strada, i locali, o i club. Credo che in questi ambienti il contatto tra le persone e le opere sia più intimo. Le opere sono più visibili. Sono un socio animatore del jazz club Ferrara, dove ho operato anche come chef, fatto diverse mostre e coltivato l’organizzazione estetica in genere. Ho sempre avuto una forte passione per il jazz. Un mio vanto è di aver realizzato l’unico quadro che ora è esposto al Ronnie Scott a Londra, al piano terra insieme a fotografie di jazzisti famosi. Ecco si, il mio quadro è l’unico esposto, si chiama Ronnie Scott Night, sono due figure con dietro un sassofonista.

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Dal profilo Facebook dell’artista

Hai fatto solo quadri? Sculture? Murales?
Ho fatto anche murales, sia in case private che locali, anche di una certa dimensione, abbastanza grandi. Di sculture ne ho fatte diverse ma ora è un periodo che non ne faccio più. Forse dovrei ricominciare. Mio nonno diceva che ero molto bravo, nonostante non avessi la tecnica. Ho lavorato solo sulla creta, nessun oggetto in marmo in legno.

C’è un tema o dei temi ricorrenti nei tuoi lavori? Se si, sai spiegarci perché?
Sicuramente l’Africa. Ho fatto lunghi soggiorni in questo continente, anche per prendermi dei periodi di isolamento da Ferrara. Sono stato in Senegal, in Kenya… Ho viaggiato da solo per diversi mesi. Questo forse mi ha permesso di trovare ispirazione per molti miei lavori, anche nel tipo di materiale da usare nei quadri. Non solo colore, ma stoffe, bottoni, monete e legno. La musica jazz è un altro tema molto ricorrente. Adesso invece sto cercando di creare qualcosa di più informale.

Sei ferrarese di nascita?
Si, mio padre è napoletano e mia madre è di Ferrara, io sono nato qui. Mio nonno invece veniva chiamato l’egiziano perché nato al Cairo. Insegnava nelle scuole italiane all’estero Ci ha lavorato per circa trent’anni, poi si è trasferito a Venezia. La mia bisnonna era egiziana.

Come è il tuo rapporto con Ferrara?
Trovo che sia spesso, non vuole essere una critica, una città un po’ ferma. È bellissima ma le persone che la vivono dovrebbero movimentarla di più. Ecco, io ho la fortuna di avere una compagnia di amici, grazie anche al jazz club, nella quale mi trovo molto bene. Facciamo molte cose, sia a livello musicale che nel campo gastronomico, o fuori da questi contesti. Ricordo che tipo vent’anni fa, ora le cose stanno cambiando, quando ancora avevo il ristorante molti dei miei clienti venivano fuori da Ferrara e mi domandavano a fine cena dove potevano andare per divertirsi, se ci fosse un piano bar… Io non sapendo come rispondere gli consigliavo di andare a Bologna. Ripeto, ora qualcosa fortunatamente si muove. Ci sono cose interessanti come lo Street Dinner, dove gli ospiti tutti vestiti di bianco vengono invitati all’ultimo per cenare insieme di fianco a i monumenti, o il festival di Internazionale, che è sicuramente un vanto per la nostra città. Anche i Buskers, ma alla lunga possono sembrare un po’ stantii… Certo che Ferrara potrebbe si potrebbero fare ancora altre moltissime cose, un festival jazz sarebbe bellissimo. Pensa all’Umbria Jazz, si potrebbe creare qualcosa di simile anche qui, perché no? Ferrara si presta benissimo a qualcosa del genere.

Una suggestiva mappa di Ferrara

Una suggestiva mappa di Ferrara (tratta dal profilo Facebook dell’artista)

Ci sono opere a cui sei particolarmente affezionato? che hai fatto di tua iniziativa o su commissione?
Mah…diverse. Di solito tengo delle fotografie se non posso più visionare le opere alle quali sono più affezionato. L’ultima di queste è una mappa di Ferrara. L’idea non fu mia però, ma di un amico che ha il Caffè Del Mercante, lì trovi molti miei quadri se vuoi andare a vedere. Realizzai quindi una mappa a modo mio, 120cm per 120cm, di cui ho come vedi una foto anche qui ma in un formato più piccolo. Si vede lo stadio con una partita in corso, nell’originale si nota bene anche la maglietta della Spal, il palio, il palazzo di Ludovico il Moro, piazza Ariostea, biciclette, il jazz club, anche il tabacchi, il cimitero ebraico, il grattacielo… che se non c’era era meglio, ma ce lo abbiamo e dobbiamo tenercelo.

Cosa significa fare arte? Cosa rende una persona un artista?
È difficilissimo spiegarlo, un artista è qualcuno che riesce a fare qualcosa che ti interessa, ma è un discorso davvero complesso, ognuno ha un gusto molto personale… Un’opera d’arte deve trasmettere comunque qualcosa di più o meno profondo, meglio se di più. Ho visto un video su internet recentemente dove c’era una ragazza che realizzava a tempo di record un ritratto simile ad una fotografia. Era ovviamente straordinaria, ma è un artista? Ecco, io non lo so. È molto brava tecnicamente, ma forse bisogna andare oltre. Un mio amico disegna delle nuvole che sembrano vere, le dipinge ad olio, tu le guardi e sembra di vedere il cielo. In un’occasione l’ho chiamato artista e lui mi ha corretto. Mi ha detto: “No, io sono un pittore. Perché non ho idea di come creare le cose, le so solo riprodurre”.

Un’opera deve mandare un messaggio? Deve raccontare qualcosa del suo autore?
Un’opera deve colpire il cuore delle persone, ognuno ha poi dentro qualcosa di particolare. Una volta ho venduto ad un’amica un quadro di un elefante, no… Era un cavallo, lei mi ha chiesto di rifarlo perché le creava inquietudine. È questo lo scopo, creare delle emozioni. È bello poi quando ciò che hai dentro viene percepito dagli altri attraverso un tuo lavoro.

L’arte può essere utilizzata per mandare un messaggio sociale o politico?
Si, ed è un bene. Io credo di non averlo mai fatto, forse inconsciamente… È un mezzo utile che può essere utilizzato anche in questo modo.

Prima era più facile fare arte che oggi?
No, direi di no. Si vendeva solo di più.

Come nasce un quadro, sia dal punto di vista creativo che tecnico?
Io uso colori acrilici e altri tipi di materiale: gesso, stoffa, bottoni, chiodi… Dal punto di vista creativo ho difficoltà a rispondere, non ho mai un’idea precisa, a meno che non faccia un lavoro su commissione, lì sei più vincolato. Quindi nasce così, da solo.

Tratte dal profilo Facebook dell’artista

Parlaci del murales che hai fatto al mercato coperto, quale è la sua storia.
L’idea di decorare il mercato coperto mi è venuta circa un anno fa. Prima era devastato da scarabocchi, i muri erano deturpati. Così ho chiesto il permesso al comune di decorarlo, di mia iniziativa non mi è stato commissionato. I vicini mi hanno aiutato, anche economicamente, nell’acquisto dei colori. Ora è un po’ rovinato dalla pioggia e ho già ricominciato a sistemarlo.

Hai fatto altre opere in strada? Si può chiamare street art?
Si, si può chiamare street art. Ho sempre fatto esposizioni in strada, in piazza municipale soprattutto. Ne faccio di solito durante le feste. Accade di frequente, non solo a Ferrara, ad esempio ho fatto delle esposizioni anche a Padova.

Cosa ne pensi della street art? Come si inserisce nel contesto artistico di oggi? Ha qualche cosa di diverso rispetto all’arte in genere?
Credo sia un modo di far arte positivo, sia per la visibilità che per la funzione: vivere con i colori gli aspetti artistici della città, è una cosa importante. Per quello mi è sempre piaciuto esporre in strada e in contesti diversi dalle gallerie d’arte. Qui a Ferrara credo di averlo fatto solo io, in altre città si fanno molte esposizioni di questo tipo, si trovano molti murales, all’estero poi…

Quali sono i tuoi, sia classici che moderni, artisti preferiti?
Oh, diversi. Da quando mi interesso all’arte ne ho avuti tanti. Mi piace molto Picasso, Dalì non molto, Magritte, Modigliani…

Ti hanno in qualche modo influenzato?
No, questo non credo. Ovviamente qualcosa ti resta dentro se ti piace, ma non così tanto.

Potendo tornare indietro cosa diresti ad un te giovanissimo?
Di rifare le stesse cose, sia a livello artistico che in generale. Forse di non perdere tre anni a fare giurisprudenza…

Riusciresti a vivere senza dipingere?
Assolutamente no. Quando dipingo sono in pace con me stesso, come quando ascolto la musica jazz. Anzi spesso sono due cose che vanno insieme, a volte dipingo anche con la classica.

Dal profilo Facebook dell'artista

Dal profilo Facebook dell’artista

Ti dedichi ad altro oltre che alla pittura?
Qui realizzo degli eventi. Spesso il giovedì suoniamo. Organizzo dei buffet per far vedere la galleria che ho al piano di sopra, a volte dei piccoli pranzi, chiaramente non si tratta di un ristorante. Mi piacerebbe aprire un circolo.

Hai qualche progetto nell’immediato o a lungo termine?
Sicuramente ad ottobre farò qualcosa, forse una nuova mostra in una galleria. Sto inoltre preparando un nuovo catalogo per fine Settembre, si credo uscirà per allora…

Una personale di Marco Jannotta è attualmente in mostra al 91sanromano Bar Bistrot (in via San Romano 91, a Ferrara) fino al 30 settembre 2015.

2 Commenti

  1. Marco jannotta scrive:

    errore…la mostra è in 91 san romano bar bistrot

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