Cos’è un totem? La parola ha origine nell’America dei nativi, fa riferimento a un’entità naturale o sovrannaturale, un’animale o un vegetale, un oggetto oppure un fenomeno al quale si attribuisce una relazione speciale, quasi parentale. L’antropologo Radcliff Brown, nelle sue ricerche, scoprì che i totem rappresentavano simbolicamente i legami tra tribù.

Cos’è il Totem Arti Festival? Il tentativo di coniugare in un unico evento forme artistiche diverse – musica, teatro, danza contemporanea e arti performative – ma anche generazioni troppo stesso lontane. E non è un caso che quest’anno la manifestazione, avviata a Ferrara nella primavera 2013, si proponga in continuità con “L’eredità vivente” – serie di workshop e spettacoli organizzati affinché i grandi del teatro contemporaneo possano insegnare ai ragazzi disposti ad imparare.

Entrambe le iniziative sono state organizzate dal Teatro Nucleo, entrambe approfondiscono e cercano di rendere fertile lo scambio, l’incontro. Listone Mag è andato a curiosare a Pontelagoscuro, presso il parco Tito Salomoni, per raccontarvi cosa succede in questa terza edizione del festival. Qualche cambiamento rispetto agli scorsi anni c’è stato: la location non è più la strada principale della frazione, ma appunto l’area verde racchiusa tra via Ricostruzione – dove ha sede il Nucleo ­ – e l’argine del fiume Po. “Ci siamo resi conto che questa nuova disposizione delle attività attira di più le persone, anche le famiglie con i bambini – raccontano gli organizzatori – ­. L’ambiente è accogliente e fresco, la gente ha voglia di fermarsi ad ascoltare la musica, è più invogliata a guardare gli spettacoli che proponiamo”. Anche le partnership sono nuove rispetto al passato: con il centro sociale La Resistenza e con la particolare gastronomia di via Catteneo, La Vegana.

Il programma resta ricco. Concerti di singoli e gruppi locali – noi abbiamo avuto il piacere di ascoltare Cold Hands e King Bean – e piccole perle di teatro italiano contemporaneo. Il tema intergenerazionale ritorna nella scelta del cartellone. Sabato sera abbiamo potuto fare due chiacchiere con i Fratelli Dalla Via, Marta e Diego. Tra un sorso di birra e una piadina vegana i due ci hanno raccontato com’è nato “Mio figlio era come un padre per me”, spettacolo vincitore nel 2013 dell’importante Premio Scenario.

Foto di Fabio Zecchi

“Io faccio una proposta di plot e Diego la stravolge, la arricchisce – spiega Marta -­. Anche questa volta è andata così. Ho sempre avuto in mente di parlare del suicidio ma in modo grottesco, tirato allo stremo, il più fantastico possibile. L’ispirazione l’ho presa dal film “Ho affittato un killer” di Aki Kaurismaki. Il tema è l’accettazione del fallimento, la trama che abbiamo costruito è fondamentalmente un gioco nel quale i figli sfidano i genitori a chi si uccide per primo. È un percorso di castigo e di ripicca, un sabotaggio nei confronti del padre e della madre ma anche nei confronti del mondo – un mondo teso alla costante espansione. Questo, come il nostro precedente lavoro, è una riflessione sul rapporto esistente tra il sistema economico e l’individuo, inteso sia come singolo che in relazione alla società. Esista una soglia di povertà reale ma esiste anche una soglia di povertà percepita, che ha molto a che vedere con ciò che vuoi far apparire agli altri.

Questo spettacolo parla di economia ma non in termini tecnici, in termini emotivi. Parla della vergogna del fallimento. Perchè non è superabile? Noi veniamo dal Veneto – da Tonezza del Cimone, provincia di Vicenza, ndr – ­ dove la peggior offesa è dire a qualcuno che non ha voglia di lavorare. Se non hai dei risultati in termini di soldi, se non lavori 10 o 15 ore al giorno, difficilmente ottieni rispetto. Non è un problema che riguarda solo gli imprenditori, nel teatro avviene la stessa cosa. Tutti devono arrivare, non si capisce bene dove. C’è sempre una fame che spinge, vogliamo tutti essere davanti. Parliamo di questo”.

Se avete visto lo spettacolo non serve aggiungere altro, se ieri sera avete preferito – o siete stati costretti – a guardare la finale di Champions League… male. Ma potete recuperare stasera. Il programma di domenica 7 giugno comprende il laboratorio di acrobatica area su tessuto tenuto da Irene Guerrini, lo spettacolo di Officina Duende – “Twin Show” – e “Memorie dal Reparto n.6”, recentissima produzione del Nucleo tratta dal racconto di Anton Cechov.

“Egli parla della bassezza umana, della violenza che calpesta la giustizia, della mirabile vita che col passar del tempo si instaurerà sulla terra, di queste finestre inferriate che gli vengono prospettando, istante per istante, l’ottusità e la ferocia dei prepotenti. E ne risulta un disordinato, sconclusionato guazzabuglio di vecchi, ma non ancora scontate canzoni”.

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