Lo sappiamo, il concetto di settimana è relativo e per molti non inizia di lunedì e non finisce di domenica, ma a qualcosa dobbiamo pure aggrapparci, in questa città dove ci sono pioppi alti come Dolomiti e le montagne sembrano fatte di foglia e i pascoli invece di mattoni rossi e tutti i sentieri anche se siamo in pianura sembrano comunque andare in salita. Tutto al contrario. E insomma, per una settimana abbiamo provato a immaginarci come sarebbe stato, per noi di Listone Mag, avere un profilo instagram. Fortunatamente per voi, ancora non ce l’abbiamo, ma intanto, girando per Ferrara con un telefono in mano, questo è quello che abbiamo casualmente incontrato. Viene fuori una città in cui si passa per le vie del Barco alle due delle notte di lunedì cantando una canzone di Mina a finestrini aperti, e ritrovando quella stessa canzone su una radio localissima con due etti di pasta davanti, al venerdì sera. Gente che disegna, gente che aspetta, gente che non chiede aiuto, gente che si aiuta. Trincee scavate nel sagrato del Duomo e trincee invisibili in cui finiscono pensionati, giocatori di cricket, turisti e pure noi, in effetti. Proviamo a metterne insieme i pezzi?

Lunedì

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Ho questa canzone di Mina che mi impasta la bocca, non riesco a tenere le note alte, non so nemmeno cantare, ma finisco i miei tentativi maldestri di imitarla sul ponte levatoio del fossato del Castello, è lunedì e devo iniziare a ricordarmi di ricordare una serie infinita di cose. Poi arriva la pausacaffè e nel Cortile interno, quello dove suonano a Ferrara Sotto le Stelle o sfilano gonfaloni o nei giorni di festa ci sono code infinite di turisti, stamattina ci sono dei ragazzi chinati sui ciottoli che stanno disegnando. Sono sparpagliati a gruppetti, in modo disordinato, e ritraggono a matita particolari architettonici, un volto, una finestra, una prospettiva. Ci sono più colori nei loro capelli che sui fogli e nelle mie tasche, ma per un attimo mi sembra di essere in una di quelle città straniere del Nord Europa dove ci piacerebbe tanto scappare, quelle dove i bambini sono tutti intelligenti e fanno soltanto cose creative e di riflesso ci fanno sentire creativi pure noi mentre li guardiamo dalla vetrina di Starbucks. Segno.

Martedì

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C’ho questa idea in testa di farmi a piedi tutte le vie di Ferrara all’interno della cinta muraria (soltanto perché un limite bisogna pur darselo, se no perdiamo l’abitudine), così da poter dire un giorno “sì, io ho percorso tutte le strade della mia città”, poi non trovo mai il tempo e allora quando posso, baro un po’, parcheggio un po’ più lontano di dove dovrei parcheggiare (una cosa che mi riesce sempre con estrema facilità, peraltro, vista l’assenza di posti auto a certe ore del giorno) e finisco per attraversare zone di Ferrara che in teoria non mi appartengono per residenza o umore. E mentre cammino altro non faccio che restare in attesa, che piova, che non inizi a piovere prima di essere arrivato, che il mio commercialista non mi chieda quella carta che ho sicuramente dimenticato, che anche oggi non veda niente di spiacevole aprendo il mio lettore di feed, che mi paghino quella fattura in tempo. Più che camminare è un’attesa in costante movimento, e quando passo a fianco di Santa Maria in Vado, preferisco deviare nel sentiero a fianco della navata laterale, ricoperto da erbe che crescono dispettose e mi fanno sembrare di essere in Svizzera in un film di Sorrentino con Michael Caine a fianco. Non è Sorrentino, tuttavia, questo martedì, e al posto di un hotel di lusso c’è il Bar Scandiana. Le persone davanti al bar Scandiana però hanno le stesse rughe di Caine, e Harvey Keitel e fanno la stessa cosa dei personaggi di Sorrentino, aspettano, emettono battute ristrette, asciutte, che tutti capiscono ma nessuno afferra. Non ho un carrello per scendere dal campanile stanco di Santa Maria in Vado e inquadrare diagonalmente in primo piano i volti dei pensionati davanti al Bar Scandiana, ma in quell’incrocio credo che Sorrentino ci avrebbe ricavato un film anche su Ferrara.

Mercoledì

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Maggio è il mercoledì dell’anno per Ferrara, forse, perché si respirano nell’aria promesse che soltanto i turisti sanno accogliere (e mantenere), i muri e le piazze si sono risvegliati dal torpore invernale, un briciolo di operosità si avverte per le strade. Ho in testa righe di codice che non sono riuscito a mettere in fila, ho questo bug da risolvere al lavoro e ho tutta una serie di responsabilità addosso che mi fanno venire il fiatone. E’ mercoledì mattina e appena sveglio vorrei tanto veder parcheggiato sotto casa un rimorchiatore, un tir con una gru, e scendere e salire alla guida, infilare le chiavi nel cruscotto, e caricare tutte le situazioni alla rovescio, e riversarle abusivamente nei fossi, perché i fossi di Ferrara sono alti abbastanza, si sa, per saltarli per la lunga e nasconderci una quantità sufficiente di nevrosi. Di fronte al Duomo, il cielo è velato e questo maggio non sembra maggio e questo mercoledì non sembra un mercoledì. Ci sono questi gruppi di turisti, di nuovo, disseminati come figuranti negli angoli del centro storico, ma improvvisamente come uno strappo sulla tela compare un tir, una gru, e parcheggia sfrontato proprio di fronte al Duomo, pronto, forse, a caricare tutti i turisti sul rimorchio, a portarli via, a lasciare il selciato sgombro, come a dire, adesso riempilo tu, adesso che abbiamo fatto ordine.

Giovedì

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Dentro il nostro Castello c’è una macchina sfornaselfie memorabile e non tutti ancora lo sanno o sono consapevoli di questo potenziale. In alcune sale stazionano infatti enormi specchi, dalle dimensioni giganteschi, pulitissimi e luminosi, il cui scopo originario è duplice: consentire un’agevole visione dei decori del soffitto e riscaldare delle sale spogliate da papi e imperatori passati molto avidi di arte. Nel 2015 però questi specchi servono soprattutto a una cosa, far sorridere, e la tentazione di fotografarsi di fronte a queste Dolomiti di specchi in miniatura è irresistibile. E mentre sto fotografando le mie scarpe verdi compare alle spalle un turista straniero (di nuovo) e si mette a ridere come un bambino che ha visto una bancarella di zucchero filato, e chiama a sé la moglie, lei invece molto più compita, avvolta da una sciarpa rossa e un cappello di paglia cinto da una fascetta, sempre rossa. Ride, il turista, come se non avesse mai visto uno specchio, o forse non avesse mai visto uno specchio così grande, o forse come se non avesse mai visto uno specchio così grande dentro un Castello, vallo a sapere. Poco distante, un vigilante di sala ci guarda perplessi e accenna a uno sbadiglio.

Venerdì

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Sembra di essere arrivati alla fine e invece si ricomincia da capo. Le giornate strane finiscono guardando giocare a cricket nel sottomura di Porta Catena, con gli spettatori che indossano le stesse divise dei giocatori, e non si capisce se quelli seduti sul muretto intenti a osservare la dinamica della partita (inspiegabile, peraltro) siano in panchina in attesa di subentrare o semplici tifosi. Hanno tutti maglie colorate, e si mescolano, e non si capiscono i ruoli, le intenzioni, i giorni della settimana. E’ venerdì ma sembra il primo lunedì del mondo, le scadenze non sono state rispettate, i lavori da completare non sono stati finiti, ho provato a girare per intero questa città, dal Castrum al Bricoman, rimediando inquadrature alla Sorrentino e una tavola di pioppo 120x60cm, spessore 4mm, da tagliare prima di mettersi a discutere di progetti da terminare. Mi sembra di ricordare che le partite di cricket durino molto più dei 90 minuti calcistici, durano a volte anche giorni, e finiscono con punteggi altissimi, e si allungano come le code delle canzoni che superano i cinque minuti, canzoni che non finiscono mai e nelle quali finiamo ingargugliati, che so, un Hey Jude dei Beatles o una Tender dei Blur. Questa settimana sembra una partita di cricket, e non finisce oggi e non è iniziata da lunedì, e più che i monumenti o le persone o i loop o i nodi che non si sciolgono, di questa settimana e di Ferrara, mi ricorderò le trincee invisibili, le nostre zone d’ombra dove possono finirci soltanto palline da cricket respinte maldestramente.

2 Commenti

  1. Angela scrive:

    Magnifico pezzo. L’ho riletto due volte.

  2. Andrea Forlani scrive:

    bel pezzo e bell’idea, bravo

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