Alessandro Marcigliano ha 54 anni e vive tra Roma e Bruxelles, dove lavora come interprete.

Quando sei emigrato? Cosa facevi prima? Cosa fai ora?

Sono arrivato a Bruxelles nel settembre del 1988 per seguire uno stage di sei mesi presso la Commissione europea per diventare interprete di conferenza. Ferrara, però, l’avevo già lasciata da qualche anno: l’ultimo anno di università l’ho trascorso a Nancy in Francia, e subito dopo la laurea, sono stato circa sei mesi a Madrid e poi per due anni in Inghilterra, come lettore d’italiano all’Università di Manchester, dove ho incontrato quella che sarebbe poi diventata la mia compagna di vita, Marcella.

Sono però un “emigrante” intermittente: a Bruxelles sono rimasto fino al 1995 come funzionario europeo, poi ho dato le dimissioni e per dodici anni ho fatto il pendolare tra Roma, dove Marcella lavorava come docente di economia politica all’università, e Bruxelles, dove ho lavorato come interprete di conferenza free-lance. Assieme a noi, i nostri due figli Agnese ed Eugenio.

Poi l’inizio della crisi e la diminuzione del lavoro, mi hanno spinto a rifare un concorso e a rientrare come funzionario, sempre nel servizio di interpretazione di conferenza, nel 2007. Da allora lavoro nell’unità italiano, interpretando in italiano da inglese, francese, spagnolo, portoghese e rumeno (e prossimamente dal croato) in riunioni che vanno dalla taglia delle mele ai vertici europei.

Nel 2009 abbiamo deciso di portare i ragazzi a Bruxelles per frequentare la scuola europea, ed è stata Marcella a fare la navetta.

Ora siamo metà a Bruxelles e metà a Roma: io e mio figlio in Belgio e mia figlia, che studia architettura, e Marcella a Roma.

A Ferrara però torno spesso a vedere la mia famiglia e gli amici.

Cosa ti manca?

Ferrara l’ho lasciata quando ero ancora studente e la sentivo un po’ stretta. Ora mi manca la dimensione umana, la sua bellezza, la nebbia certo e i cappellacci di zucca, di cui mi strafogo ogni volta che vado. Mi mancano i semi dei pioppi quando in primavera ti s’infilano nel naso e negli occhi (“maial” come bruciano!), e il caldo allucinante delle estati…quando si scioglie l’asfalto e la notte non si dorme.

Cos’hai trovato?

A Bruxelles ho trovato una città che nel tempo è diventata internazionale, ben collegata, in un’ora di treno si arriva Parigi, in due e venti a Londra, per l’Italia ci sono tanti voli, anche se Bologna non è servita molto bene. Una città piena di verde, di belle case Art Nouveau, di una vita culturale ricca e variegata. Anche il clima nel tempo è migliorato (venire a vedere per credere) con periodi lunghi di sole. E poi il cioccolato! Soltanto guardare le vetrine dei grandi maestri cioccolatai belgi fa ingrassare di cinque chili, ma si vive una volta sola, no?

A Bruxelles è bello perdersi nei quartieri e scoprire sempre cose nuove, per esempio vicino a casa nostra c’è una targa che mi ha rivelato che  Audrey Hepburn è nata qui.

Quando il lavoro me lo permette, la mia passione è scrivere storie, soprattutto per bambini. Lo faccio davanti a una grande finestra da cui vedo un campanile e un bellissimo albero che diventa tutto rosso in autunno. Una grande fonte di ispirazione!

Come trascorri questa domenica? Che cosa mangi? Con chi?

Questa domenica è importante, perché è il compleanno di mio figlio Eugenio, 16 anni, e per l’occasione tutta la famiglia si è riunita non per un pranzo, ma per una cena. Anche se Marcella non è ferrarese, si è festeggiato comunque a tagliatelle al ragù! Marcella ha anche imparato a fare la zuppa inglese (ricetta di famiglia). Un aneddoto: quando ancora non eravamo sposati, e stavamo Bruxelles, non potendo rientrare per Natale, mia madre ci spedì una zuppa inglese di 5 chili per corriere. Quando l’aprimmo, i vapori dell’alcool ci fecero girare la testa, essendo rimasta chiusa per qualche giorno in un contenitore ermetico! Invece quella che abbiamo fatto fare per la festa di Eugenio è una torta speciale: lui studia russo e ha una passione per l’Unione Sovietica…saranno i geni emiliani! Alla cena di compleanno è stata invitata anche un’altra “emigrante” Giulia, torinese.

Devo confessare che spesso la domenica quando siamo a Bruxelles, a pranzo siamo in giro per la città, al mercato delle pulci, a qualche mostra, e quindi spesso per noi non è tanto il “pranzo della domenica”, ma la cena il momento in cui ci riuniamo in casa. E se qualche ferrarese arriva in visita, Ryanair permettendo, mi faccio portare qualche cappelletto, tanto per gradire.

2 Commenti

  1. chicca scrive:

    molto di lusso come emigrante, addirittura funzionario europeo…

  2. Paola scrive:

    Che bello questo racconto ! vedo tanto impegno e tanti sacrifici, certamente ricompensati,
    è d’esempio per tanti giovani. Fa onore alla nostra città !

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