Da ventisette anni resiste, tra mille difficoltà, con sempre meno finanziamenti. Forse è un’agonia, l’inizio di una fine, la presa d’atto che ormai un luogo così non sia più utile a nessuno nell’era dei social, delle infinite reti virtuali, ideali, globali. O forse no, è solo un momento, è giusto attendere, pensare a nuove possibilità di rinascita, e fare in modo che non continui a essere un mero centro di smistamento di informazioni e bandi, o solo un “polveroso” archivio (seppur digitale).

Il luogo fisico dove incontro Leonardo Punginelli, Responsabile del poco noto Ufficio Giovani Artisti, è una piccola stanzetta arroccata e quasi dimenticata nella Palazzina estense dei Bagni Ducali in Viale Alfonso I d’Este, 17 a Ferrara.

L’abbiamo intervistato innanzitutto per farci raccontare l’utilità – più o meno potenziale – di questo “storico” servizio del Comune, e quindi per riflettere su quale sia la causa di un interesse sempre decrescente dei giovani artisti indigeni verso questa struttura.

Nel lontano 1988 nasce ufficialmente il GAI, ovvero l’ “Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti Italiani”, costituita da numerosi Comuni: Ancona, Aosta, Arezzo, Biella, Campobasso, Caserta, Ferrara, Forlì, Genova, Messina, Modena, Padova, Parma, Pisa, Ragusa, Reggio Emilia, Roma, Siracusa, Torino, Trento, Udine e Venezia, oltre alla Regione Piemonte.

«All’epoca – esordisce Punginelli – l’attenzione verso i giovani, e in particolare i giovani creativi, era piuttosto bassa», gli artisti in erba «non avevano riferimenti nel sistema artistico-culturale. Poi dagli anni successivi c’è stata un’evoluzione». Anche per questo nasce il GAI, per «costruire antenne sul territorio» attraverso la documentazione (con un archivio cartaceo, poi digitalizzato), l’investimento nella produzione, la promozione e percorsi di formazione in vista di sbocchi lavorativi. Il GAI intende essere, dunque, un «primo punto di raccolta per interloquire poi col mercato culturale (critici, gallerie e spazi d’arte, stampa ecc.)».

Una rete diffusa in tutta la Penisola, da Torino a Siracusa. A Ferrara da quest’Ufficio sono passate diverse centinaia di giovani artisti, circa quattro generazioni. «Ciò avviene – continua Punginelli – soprattutto grazie al passaparola e alla continua campagna di informazione che facciamo. Siamo un ufficio aperto al territorio, in continua relazione con artisti, curatori, critici e istituzioni pubbliche e private». Ai giovani che qui arrivano con in mano il CV e il loro materiale artistico, l’Ufficio propone concorsi, bandi, buoni studio, eventi a livello nazionale, e anche consulenza su problematiche legate al loro ambito, alla loro professione.

Foto di Pier Paolo Giacomoni

I giovani interessati hanno perlopiù dai 20 ai 30 anni, sono ragazzi appena usciti dalle scuole superiori e iscritti all’università. «Circa venti ragazzi all’anno si rivolgono a noi». Una media mensile, impietosa, di nemmeno due giovani artisti al mese.

«Da circa quindici anni l’Ufficio ha avuto sempre meno risorse a disposizione», mi spiega Punginelli, e non si fa fatica a credergli. Lui è rimasto, praticamente, l’unico impiegato.

Ma il ruolo, mi spiega, è anche diverso da quello che forse io stesso immagino, meno “potente” e decisionale. «Noi stessi non vogliamo essere autoreferenziali o voler mettere il cappello sulle realtà, vogliamo essere un catalizzatore, siamo sì importanti, ma rimaniamo semplici interlocutori».

Oltre alla questione economica e a quella, ancor più oggettiva, dei ruoli specifici che gli spettano, vi è il discorso su una città come Ferrara «favorevole per muovere i primi passi», ma che non può esaurire le aspirazioni di un creativo di vent’anni. «Se un ragazzo ambisce a diventare un professionista deve mettersi nell’ottica di andare altrove, di uscire, di mettersi in gioco in altre realtà, fuori da Ferrara e dall’Italia, dove c’è più competizione».

Parlando, però, ad esempio, dell’ultimo bando nazionale di Movin’up, scaduto lo scorso 21 novembre, ben misero è stato il numero di ferraresi partecipanti, forse anche «perché i giovani di qui sono pigri», chissà. Negli ultimi dieci anni altrettanti ragazzi della nostra città hanno partecipato a questo bando, e nessuno di loro è stato mai selezionato. «La mobilità degli artisti è in continua espansione – prosegue Punginelli – ma noi qui a Ferrara evidentemente siamo ancora indietro su quest’aspetto importante». In ogni caso, la situazione è in movimento, sempre più creativi nostrani si trasferiscono in grandi città, dentro e fuori l’Italia, o comunque prendono contatti con gallerie nazionali o estere.

Per concludere, cerchiamo di ragionare su un’idea, qualcosa per far “uscire” questo piccolo Ufficio dal cono d’ombra nel quale è finito, per diventare, davvero, uno strumento utile al tessuto artistico-culturale cittadino, aspetto non irrilevante in una città come Ferrara. Punginelli mi spiega, infatti, come «in un futuro, speriamo prossimo, possa essere molto utile andare nelle scuole e nelle facoltà della città per spiegare a cosa serve l’Ufficio». Ripartire, dunque, dal contatto diretto, personale con i potenziali artisti, andare a scovarli, incontrarli di persona, presentandosi come punto di riferimento, bussola per orientarsi nel complesso circuito artistico cittadino e nazionale.

A onor del vero non possiamo nemmeno dimenticare i tanti creativi che, anche grazie all’Ufficio, sono riusciti a farsi conoscere a livello nazionale. Tra questi, senza voler far torto a nessuno, Giulia Bonora, Simona Paladino, Alessio Bolognesi, Luca Zarattini, Lucia Bruni, Riccardo Catozzi, Silvia Sartori ed Elisa Leonini . Ricordiamo, inoltre, la collaborazione del GAI ferrarese con gallerie private come la MLB home gallery, o con l’Istituto d’Arte Dosso Dossi e la Facoltà di Architettura; e poi, diverse mostre collettive, a Ferrara e non solo, come NOW all’ex Refettorio di S. Paolo o a fine anni ’90 Quotidiana a Padova, solo per citarne due.

È, dunque, destino di questo Ufficio ridursi a essere un mero archivio, perlopiù incompleto, delle nuove leve di creativi del nostro territorio? Oppure la causa sta altrove, nel calo di ragazze e ragazzi che intendono, in qualche modo, impegnarsi seriamente e pubblicamente nelle varie espressioni artistiche? O ancora, è una sfiducia verso l’ennesima istituzione, l’ennesimo avamposto burocratico, visto come un ostacolo nella peggiore delle ipotesi o, nella migliore, una tappa inutile?

Si tratta, da parte dell’Amministrazione Comunale, di scarso interesse per lo sviluppo artistico della città, partendo dalle nuove leve, oppure in un periodo di oggettive difficoltà finanziarie viene fatto il possibile per tenere a galla un servizio come questo?
In conclusione, quindi, com’è possibile ridestare l’interesse per un servizio pubblico come questo, che, in modo gratuito, può aiutare tante ragazze e ragazzi ad affacciarsi nel modo migliore nel magmatico mondo dell’arte, a creare legami tra di loro e con le varie istituzioni pubbliche e private, ferraresi e non solo?

1 Commento

  1. paolo volta scrive:

    bravo Andrea hai fatto un servizio che fa capire molte cose, grazie

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