Di CrossFit avrete sentito tutti più o meno parlare. Chi dagli amici, chi dai compagni di squadra, chi da un gruppetto di sconosciuti che ad un aperitivo parlavano un linguaggio un po’ strano fatto di termini come pull up, push up (per i più maliziosi non ci stiamo riferendo all’ennesimo ritrovato in termini di biancheria intima femminile ndr), no rep, wod e via così.

Frequentando piuttosto assiduamente un centro sportivo di CrossFit ultimamente ne ho sentito parlare parecchio e da parecchie persone. Ci sono gli entusiasti, quelli che ti dicono “non ho mai fatto attività fisica perché mi annoiava a morte e ora non vedo l’ora di andare alla prossima lezione”, ma ci sono anche quelli che: “guarda io mi alleno da anni e non mi piace proprio, sono degli esaltati”.

Insomma, dato il gran parlare che se ne fa ho deciso di andare a parlare di persona con Marco Cecchin e Michele Venturella, i due responsabili del settore CrossFit al Centro universitario sportivo di Ferrara. Marco e Michele, sono due laureati in Scienze Motorie, hanno meno di 30 anni e gestiscono insieme ad altri due aspiranti scienziati motori, l’attività di CrossFit Red Wall (muro rosso, come le nostre mura), nei nuovi impianti del Centro universitario sportivo in Via Liuzzo. L’ex Kleb per intenderci. I ragazzi hanno accettato volentieri di fare due chiacchiere per spiegarmi (e quindi spiegarvi) meglio di cosa si tratta l’attività fisica che propongono a chi abbia voglia di mettere piede nel “box”.

Per rompere il ghiaccio avevo pensato di chiedervi molto brevemente cosa sia il CrossFit.

Marco: Dunque letteralmente il Crossfit non è altro che fitness incrociato, cioè il miscelare insieme discipline diverse, anche molto diverse tra loro. L’idea è di un americano, Greg Glassman, che ha avuto l’intuizione di costruire questa metodologia di allenamento, senza inventare alcun nuovo esercizio ma attingendo dalla ginnastica a corpo libero, dal sollevamento pesi e da tutta la parte di corsa, vogatore… l’aerobica diciamo. L’idea è quella di formare l’atleta più in forma (fitted in inglese, ndr) cioè che è in grado di fare più cose diverse con il suo corpo.

E come avete conosciuto questa “metodologia”, insomma voi due come avete iniziato a “giocare” a CrossFit?

Michele: Tra il secondo e il terzo anno di Università, quindi nel 2012 circa, avevo iniziato a sentir parlare di CrossFit, e nello stesso periodo al Cus di Ferrara avevano organizzato dei master per far conoscere la disciplina. Dopo aver svolto il mio tirocinio proprio al Cus, la direttrice mi propose di provare ad attivare un corso di CrossFit, quindi ho preso parte ad un corso di formazione certificato, detto “Level -1”. E così la mia avventura nel CrossFit ha avuto inizio, direi che il corso di formazione è stato un momento di svolta e di chiarimento per il mio approccio alla disciplina.

Marco: Io ho iniziato dopo aver conosciuto Michele, durante il suo tirocinio ai campi estivi del Cus. Avevamo partecipato insieme al master e iniziammo ad allenarci assieme. Venendo dal canottaggio agonistico ero alla ricerca di stimoli per tornare ad allenarmi e divertirmi. Li ho trovati nel CrossFit, che proprio in quel periodo iniziava ad essere “di moda”, prima su internet e poi di persona ho iniziato ad interessarmi e sei mesi dopo Michele ho fatto anche io il corso di formazione certificato, e da lì direi che non mi sono praticamente più fermato.

Courtesy Marco Cecchin

Credete sia un’attività per tutti, o per lo meno per tanti, o soltanto per dei super atleti con dei fisici statuari?

Marco: Ti rispondo con un esempio. Se andiamo su YouTube e digitiamo “calcio” i primi video a comparire sono quelli della Serie A, di Messi, di Cristiano Ronaldo e così via. Certamente il primo video non sarà quello della partitella della domenica tra amici. La stessa cosa succede se digitiamo “CrossFit”. I primi video sono quelli dei più forti atleti al mondo, gente che si allena due, tre volte al giorno, tutti i giorni. Fare CrossFit non significa esclusivamente allenarsi per partecipare ai mondiali (che si chiamano CrossFit Games e si tengono ogni estate, ndr), così come giocare a calcetto con gli amici non significa giocare i preliminari di Champions League. Si tratta di “fitness” cioè di stare bene, tenersi in forma. Sono livelli diversi diversi di uno stesso sport, si fanno le stesse cose, ma con intensità differenti, rispetto ai professionisti.

Vi dà qualche problema il dover far convivere la vostra formazione universitaria, quello che avete imparato studiando Scienze Motorie, e quello che vi hanno insegnato ai corsi di formazione della CrossFit? Questi due aspetti si integrano bene?

Michele: Inizialmente, nonostante fossi molto interessato, parlando con i miei compagni di corso eravamo tutti un po’ titubanti, probabilmente perché la nostra formazione universitaria ci porta molto spesso a domandarci il “perché” delle cose. Anche dopo aver frequentato il primo corso di formazione rimanevo perplesso rispetto a certe impostazioni proprie della disciplina. Ho superato questi dubbi con l’evidenza, vedendo i benefici effettivi che certe pratiche avevano su di me e su chi si allenava. Chiaramente non ho abbandonato la voglia di ricercare le motivazioni e le basi scientifiche della correttezza di quello che faccio, ma lasciamo molto spazio all’esperienza e ai risultati. Se una pratica di allenamento, un esercizio, danno buoni risultati e non sono dannosi, allora quelli sono una buona pratica e un buon esercizio.

Marco: Credo che il nostro percorso di formazione accademica sia quello che ci differenzia da molti. Siamo sempre portati a domandarci come mai certi esercizi, certi allenamenti, vadano fatti in un certo modo. Chiaramente noi abbracciamo la filosofia del CrossFit, ma questo non vuol dire che non ci si possa fare delle domande.

So che i vostri rapporti con l’Università di Ferrara non si sono interrotti al termine dei vostri studi, per lo meno per quanto riguarda te Marco. Da questo semestre è stato infatti attivato un corso opzionale di “allenamento funzionale”, avete trovato un ambiente disponibile e accogliente o la vostra proposta è stata accolta con scetticismo dall’ambiente accademico?

Marco: C’è ancora un po’ di scetticismo rispetto a questa attività, però a seguire le nostre lezioni, non quelle universitarie ma le normali ore di lezione al box, vengono medici e specialisti della salute di ogni tipo: infermieri, cardiologi, medici dello sport, ortopedici. Questo per noi è la dimostrazione della validità del metodo di allenamento che proponiamo. La possibilità di attivare il corso opzionale è stata una prova di fiducia che speriamo di superare. Le 80 adesioni raccolte ci fanno ben sperare. Poi sarà una prova anche per noi, che nella veste di professori dovremo valutare gli studenti.

Michele: Mi permetto di aggiungere che questo box, la sede di CrossFit Red Wall, è l’unico in Italia ad essere ospitato all’interno degli impianti di un centro universitario sportivo. Il che ci consente di poter venire incontro agli studenti, soprattutto per quanto riguarda i costi dell’attività.

Ma veniamo ad alcuni dubbi che mi affliggono rispetto al CrossFit. Leggendo qua e là ho spesso incontrato la parola “community”, che in tempi di social network e connessioni veloci può voler dir tutto e niente. La stessa parola però la vedo diverse volte ripetuta nel regolamento del vostro box. Mi sapreste dare una rapida spiegazione?

Marco: Si tratta di cercare di aver rapporti stretti con i nostri allievi, non ci facciamo problemi a lasciare il nostro numero di telefono a chi ce lo chiede, organizziamo periodicamente delle cene cui tutti sono invitati. Cerchiamo di uscire dal rapporto “pagamento contro prestazione” per arrivare ad un livello più confidenziale. È come essere in un gigantesco spogliatoio diciamo. Si creano legami anche tra gli allievi stessi, che si frequentano anche fuori dall’orario delle lezioni. Questo forse è il miglior risultato possibile da questo punto di vista

Michele: Quando qualcuno viene al box deve sentirsi come a casa sua, nel rispetto di tutti chiaramente. Per far questo cerchiamo di organizzare eventi interni come piccole gare individuali alla portata di tutti i nostri atleti, oltre alle cene. Un aspetto importante è poi quello di allenarsi e far fatica insieme, il sostenersi nel momento di difficoltà crea dei legami che poi durano anche fuori da qui.

Vi confesso che la cosa che mi lascia più perplesso è però l’uso dei termini inglesi per definire esercizi, materiale e in fin dei conti “comunicare” il mondo del CrossFit.

Marco: Ma l’inglese ci è utile perché è un linguaggio universale. Usando l’inglese possiamo comunicare e confrontarci con altri appassionati in ogni parte del mondo. È per questo che diciamo “box” e non “palestra”, “push up” invece che piegamenti. È una di quelle cose che contribuiscono a creare la community del CrossFit in tutto il mondo.

Michele: Chiaramente la diffusione che ha conosciuto il CrossFit negli ultimi anni ha moltiplicato i box affiliati e il numero di praticanti. Questo ha comportato che all’interno della community più grande si creassero diversi gruppi più piccoli. È normale, ci si trova molto volentieri con chi è più affine alla tua filosofia di allenamento, al tuo modo di intendere lo sport in generale.

A proposito di gare, ci sono impegni in vista per il CrossFit Red Wall e per chi lo frequenta?

Marco: A breve vorremmo trovare una gara cui chiunque voglia dei nostri allievi possa partecipare, senza limitazioni di forma fisica e capacità atletiche, con l’obbiettivo di confrontarsi con altri atleti fuori dal nostro box.

Michele: A giugno, intorno al 28, si terrà una gara dedicata esclusivamente ad atleti universitari. Sarà la seconda qui a Ferrara, dopo quella del 14 dicembre scorso. Nel primo appuntamento parteciparono atleti da Firenze, Padova, Trieste, Verona, Venezia, Bologna e Parma. Questa volta vorremmo incrementare la partecipazione e coinvolgere più atleti possibili.

L’intervista si è conclusa con queste ultime battute, poi son tornato a casa e ho dormito. Non è vero, caricato dall’intervista e dalla questione che chiunque può fare CrossFit mi sono lasciato convincere ed ho partecipato ad una lezione. Ma delle sensazioni extracorporee che ho provato vi parlerò in separata sede.

Lascia un commento

Prima di lasciare il tuo commento, ricordati di respirare. Non saranno ospitati negli spazi di discussione termini che non seguano le norme di rispetto e buona educazione. Post con contenuti violenti, scurrili o aggressivi non verranno pubblicati: in fondo, basta un pizzico di buon senso. Grazie.