Mirna Campanella ha 42 anni e vive a Berlino.

Quando sei emigrata? Cosa facevi prima?

Sono atterrata a Berlino con un volo proveniente da Salonicco nei primi di Febbraio del 2010.

Avevo svernato lì, ospite da amici, sul lungomare cittadino. All’aeroporto di Schönefeld il termometro segnava 17 gradi sotto zero e a terra c’era mezzo metro di neve. Sulle spalle avevo giusto un minuscolo zainetto e in tasca le indicazioni per raggiungere l’appartamento dal quale avrei mosso i primi passi in previsione di un trasferimento definitivo nei mesi a venire.

In autunno avevo infatti optato per un cambio di vita netto: mi ero licenziata da un’importante azienda bolognese della grande distribuzione dove lavoravo a tempo indeterminato da dieci anni, reso le chiavi dell’appartamento al proprietario e condensato la mia vita in una quarantina di scatoloni  in attesa di sviluppi in un garage. Tutto il resto lo avevo regalato ad amici e alla strada. Volevo alleggerirmi in tutti i sensi e volevo dedicarmi all’approfondimento di una serie di cose che mi appassionavano da sempre, interessi sfociati nella scelta dello studio della storia contemporanea all’università molti anni prima, per i quali non avevo più avuto tempo ed energie nel poco tempo libero lasciato dal lavoro.

Avevo bisogno di ripensarmi e di sperimentarmi altrove. Non avevo un’idea concreta di come avrei riorganizzato la mia nuova vita, ma ero certa di avere individuato nella capitale tedesca il posto giusto.

La mia prima volta a Berlino fu a sedici anni con un soggiorno organizzato dall’Assessorato alle politiche giovanili del Comune di Ferrara in una città era ancora divisa. Mi affascinò enormemente e mi promisi un giorno di andarci a vivere. Negli anni Novanta ci provai una sola volta ma mi fermai ad Heidelberg e dopo qualche mese tornai indietro, perché avevo trovato la mia Berlino a Bologna, città che amo moltissimo. Sembrava insomma giunto il momento dopo tanto di chiudere un cerchio e di riprendere le fila di un discorso interrotto, che oggi posso senza remore affermare avesse ancora molto da dire!

Foto di Mirna Campanella

Cos’hai trovato?

Ho trovato quella metropoli bella, moderna, ben organizzata, verde, ariosa, cosmopolita, pazza, e molto altro ancora, che trovano tutti e della quale si sa attraverso servizi giornalistici, blog e racconti di amici e parenti. Caratteristiche che sapevo di trovare e che volevo trovare e che certamente confermo, nel caso che questo possa servire a qualcuno. Per fortuna sapevo già in partenza anche del rovescio della medaglia ed in particolare della scorza molto ruvida che ha questa città piuttosto che del suo proverbiale humor cinico senza peli sulla lingua. A volta questa speciale franchezza del posto è infatti urticante e non sempre si è pronti e solidi per parare il colpo.

Per quanto concerne la sfera professionale ho trovato nella città stessa il cardine dei miei progetti: la Berlino città-laboratorio del contemporaneo è un concentrato di spazi di memoria introvabile altrove.

Un mese dopo l’arrivo ho cominciato a guardarmi attorno e ho deciso non solo che avrei spedito le prime candidature a musei di storia contemporanea e memoriali legati al Novecento, ma anche che le avrei indirizzate solo ai posti desideravo effettivamente lavorare. Non volevo di nuovo un lavoro che mi capitava e che non sceglievo. Sono partiti così le prime lettere di presentazione e i curricula dove ho sinteticamente e sinceramente detto chi ero, cosa avrei potuto offrire e cosa invece non avevo mai fatto. Non avevo la benché minima esperienza nel settore, ma volevo cominciare a farmela. Domandavo che mi venisse data una chance. Andò bene: mi chiamarono per un colloquio ed iniziai da lì a poco all’ex carcere della Stasi, uno dei memoriali più visitati e dibattuti della città. Fu un autentico battesimo del fuoco ma anche una palestra che un anno dopo mi ha permesso di iniziare a collaborare con la Topografia del Terrore, centro di documentazione che si occupa di crimini nazisti e che mi offrì una collaborazione come referente per la formazione storico-politica in programmi di educazione civica, per giungere poi infine all’incarico, più recente, al Memoriale della Resistenza tedesca.

Al momento sto sviluppando un progetto di public history incentrato sullo scambio di esperienze di didattica della storia nei luoghi commemorativi legati alla seconda guerra mondiale e alla Shoah in Emilia Romagna e a Berlino, che dovrebbe andare on line per la fine del 2015.

Per quanto riguarda la sfera personale e sociale, per me importantissima sono partita con un unico amico di lunga data che avevo all’arrivo e tutta una serie di contatti che mi avevano dato prima di partire amici (talvolta di amici). Ho iniziato pian piano a fare rete e a conoscere persone, molte italiane, e ascoltare altri percorsi di vita ed esperienze. Poi ho incominciato a conoscere i miei colleghi. L’enorme offerta di corsi dell’università popolare mi conquista regolarmente alla presentazione di ogni semestre. Negli anni mi sono cimentata col russo prima, poi con la fotografia e il pilates. Ora siamo allo yoga: nuovi saperi, benessere ma anche officine di incontri, risate e scambi.

Ho avuto la fortuna di incontrare persone che hanno contribuito in misura diversa alla realizzazione dei miei progetti e che mi hanno supportata e aiutata anche nei momenti, inevitabili, di difficoltà soprattutto iniziali. E che ci sono per una birretta,  un concerto, gite domenicali e vacanze.

Berlino è la città del mio presente, piena di condivisione e autonomia.

Cosa ti manca?

Quando si vive all’estero mancano tante cose. Alcune mancanze svaniscono e le si dimentica poco dopo, ad altre ci si adegua, di altre ci si ricorda quando si è tra italiani. Il sale grosso, la frutta estiva, le specialità del territorio, il bidet, il bar (nell’accezione più squisitamente classica, s’intende), l’edicola dove comprare un quotidiano o scegliere una rivista, eccetera.

A me personalmente la cosa che manca di più è un certo tipo di socialità con il quale sono cresciuta e che è molto consono al lato del mio carattere più gioviale e godereccio. Diciamo che mi mancano le chiacchiere da bar ed il concetto di convivialità legato ai pasti, comprese quelle tavolate spesso improvvisate, rumorose e caotiche, in pizzeria al sabato sera dopo l’aperitivo dilatatosi a dismisura per aspettare sempre qualcuno che sta arrivando e che quando arriva a sua volta aspetta qualcun altro.

Mi manca la sanità pubblica italiana e quell’empatia di base che ritengo un medico dovrebbe avere nei riguardi di un paziente. Le mie maggiori perplessità riguardano il meccanismo assicurativo su cui si basa il sistema sanitario qui.

Penso mi mancherebbero molti amici e amiche e persone importanti della mia vita precedente se non avessi la possibilità di fare più puntatine all’anno in zona e se non ricevessi frequenti visite. Ma per fortuna ci sono i santi social-network, Skype, la messaggistica istantanea nonché il recente collegamento aereo diretto con Bologna che ha accorciato ulteriormente le distanze e permette di togliersi  la voglia di un bel piatto di cappellacci o di ceci di Orsucci una volta in più. Il countdown per il mio prossimo soggiorno è già iniziato…

Come trascorrerai questa domenica? 

Svegliandomi rigorosamente senza sveglia, piuttosto tardi, e cominciando ancora a letto a pensare a cosa mi andrebbe di fare, con chi, dove. Uno sguardo fuori dalla finestra e un primo contatto col mondo attraverso il mini tablet per una lettura rapida delle principali notizie del giorno e le ultime notifiche di Facebook. Tutto con calma, una buona oretta minimo, poi colazione e passeggiata nel quartiere sulla via del caffè di fiducia che si chiama Weinerei. E’ da queste vecchie (e comodissime) poltrone che passo poi a programmare più concretamente la giornata complice il parlottio del locale, di solito ben frequentato.

Questa domenica incontrerò nel tardo pomeriggio un amico che si trova in città per una breve vacanza. Prima dell’appuntamento mi dedicherò alla lettura – nel bar ci sono moltissimi giornali a disposizione della clientela – e poi andrò verso la periferia orientale dove voglio continuare a fare fotografie ad edifici abbandonati in una ex zona industriale.

D’inverno di domenica vado spesso al cinema. Nel quartiere non ci sono soltanto alcune famose sale con una programmazione eccellente ma anche rassegne di film rari o produzioni indipendenti proposte da una birreria non commerciale.

Il marchio della Provincia “Terra e acqua” calza a pennello anche qua sul 52esimo parallelo. Berlino è infatti una città che sorge su un terreno acquitrinoso e che galleggia, tra una miriade di canali, fiumi e laghi.

Con la bella stagione le mie domeniche sono infatti un po’ diverse. Dalle mie finestre rigorosamente prive d’imposte come va qua, entra una grande quantità luce e, quando c’è, anche di sole: insomma difficile rimanere a letto a lungo. Sfrutto allora l’occasione per mettermi in sella,  per uscire dal centro e passare la giornata all’aria aperta: una media di una ventina di km in bicicletta alla volta di nuovi itinerari e avventure e la giornata vola. A volte però mi spingo troppo in là e così al ritorno carico bici e stanchezza sul primo treno. Quest’anno per la prima volta ho fatto l’abbonamento annuale a tutti i mezzi di trasporto pubblico della città, linee di navigazione comprese, e non vedo l’ora faccia un po’ più caldino per rimettermi in sella e darmi al cicloturismo e sfruttare tante sconosciute combinazioni.

Foto di Mirna Campanella

Che cosa mangi questa domenica? Con chi?

La prima colazione la farò come d’abitudine a casa. Tavolo e moka preparati la sera:  per prima cosa un inderogabile caffè, poi una fetta (o forse anche due, argh!) di soffice ciambellone fatto da me e una coppetta di yogurt greco con noci, müsli e ottimo miele del Brandeburgo. Al caffè poi cederò quasi sicuramente alla tentazione dei meravigliosi croissant salati ai cerali che servono farciti in vari modi. In particolare mi piace molto quello con jamón serrano, patè di olive, germogli di soia e rucola. Ovviamente non mancano un paio di fettine sottili degli amatissimi cetrioli olandesi, verdura con cui qua ci si confronta quotidianamente, volenti o nolenti. Se avrò ancora fame mi prenderò una delle due zuppe del giorno,  vegetariane, generalmente ottime. Per cena proporrò al mio amico di andare a Kreuzberg in un ottimo ristorante marocchino.

Cosa vedi dalla finestra? 

Dalle generose finestre della Weinerei vedo uno degli ingressi al Volkspark am Weinberg, un parco creato a Berlino Est negli anni Cinquanta con un grazioso laghetto al centro. Tutto attorno ci sono edifici di inizio Novecento di recente ristrutturazione con facciate dipinte in una notevole gamma di colori pastello. Pochissime, ma ancora presenti, le eccezioni in un’unica tonalità di grigio. Fuori da questa finestre vi è un incrocio che è la confluenza di due quartieri: il mio, Prenzlauer Berg e Mitte.

Oggi è una splendida giornata di sole, la prima veramente primaverile. Tutte le sedie del dehors sono occupate e a passeggio ci sono tantissime persone. Io preferisco però fare il mio non-pranzo con una temperatura più elevata e mi accaparro un posto su di poltrona di velluto damascato a fiori e mi ascolto volentieri un po’ di bossa nova.

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