Chissà a cosa pensa un artista poco prima di entrare in scena. Se riempie gli istanti che lo separano dall’esibizione col pensiero dei prossimi gesti da compiere. O se invece riesce a fare tabula rasa di tutto, per lasciare lo spazio all’energia che di lì a poco proromperà. Un dubbio superfluo, alla fine, quando il talento e la capacità di coinvolgere il pubblico prendono presto il sopravvento. Un mese fa abbiamo assistito da Zuni al primo live da solista di Alice Pisano. Cantautrice, chitarrista e pianista, non era la prima volta che la incontravamo. Nel giugno dello scorso anno abbiamo conosciuto la band ‘Down the Rabbit Hole’, della quale Alice era elemento integrante. Dopo che il gruppo ha preso una pausa, si è dedicata a un progetto musicale da solista. E alla fine della sua esibizione, ci racconta che cosa ha in cantiere.

Da cantante, autrice e musicista di un gruppo a solista. Quanto è naturale il passaggio?
«Beh, più che naturale è stata una scelta obbligata dal momento in cui ci si è resi conto di avere obiettivi diversi, e anche un modo diverso di vivere la musica».

Con i ‘Down the Rabbit Hole’ hai vinto il concorso per band emergenti ‘RockaFe’, la ‘Fiera della musica’ ad Azzano Decimo, il ‘Music Heroes Festival’ a Molinella, il premio musicale ‘Note d’Autore’ a Milano. Al di là dei riconoscimenti, che cosa ti lascia quell’esperienza?
«È stata un’esperienza fondamentale e sicuramente mi ha lasciato molto. È stato il primo gruppo con cui ho cominciato a scrivere brani originali, e mi sono resa conto di saperlo fare e che era la mia strada. Poi al di là dell’aspetto musicale, ci siamo divertiti un sacco, abbiamo suonato in tante città e situazioni diverse, come nell’ambito del ‘Pistoia Blues’ o alla ‘Fiera della Musica’ di Azzano, abbiamo condiviso tante emozioni e momenti indimenticabili. La ricorderò sempre come una esperienza positiva».

Ci racconti qualcosa del tuo ultimo progetto musicale?
«In poche parole, me le scrivo, me le canto e me le suono con chitarra e pianoforte. Ho fatto il mio primo live da sola a Zuni e mi è piaciuto tantissimo, ho avuto davvero tanta soddisfazione. Non avendo la band pensavo che sarei stata più tesa, invece è stato il contrario, ero molto rilassata, mi sono proprio divertita. Poi ho fatto alcuni opening act per i concerti di Hayward Williams, un cantautore americano che ha cominciato in questi giorni il suo tour in Italia. Abbiamo suonato anche qualche suo brano insieme. Emozionante!».

Foto di Giulia Paratelli e Antonio Baldisserotto

Chi ha collaborato alla realizzazione del tuo ep?
«Io ho fatto voce, chitarra e pianoforte, in due brani Fabio Giannini e Gugliemo Campi hanno suonato le percussioni e Federico Perinelli e Giacomo Tebaldi il basso. Mio padre mi ha aiutato con le tastiere e nella fase di recording, visto che l’abbiamo registrato a casa. Il mix e master, l’hanno fatto Angelo Paracchini e Nicola Fantozzi dell’Overstudio di Cento. Le foto sono di Giorgio Stellini e la grafica di Christian Bondandini. Tutte persone speciali che, al di là del lavoro che hanno svolto, mi hanno veramente supportato».

Con quali parole lo definiresti?
«Si tratta di sei pezzi, di cui quattro miei e due cover, suonate in acustico con arrangiamenti molto semplici. Il genere si potrebbe definire pop folk. Di più non saprei cosa dire, penso che la musica vada ascoltata più che descritta a parole…».

Quanto tempo hai dedicato a realizzarlo?
«Un paio di mesi. Sicuramente avrei potuto metterci di meno, ma sono di una pignoleria esasperante».

Come è nata la scelta del titolo, ‘Something good’?
«È tratto dal ritornello di uno dei miei brani. L’ho scelto perché è un po’ la mia visione della vita… qualcosa di buono c’è sempre a volerlo vedere, anche quando ci sembra che vada tutto male. Ed è anche un augurio per me e per tutti, di trovare sempre quel ‘something good’ intorno a noi… e naturalmente spero anche nella mia musica».

Dei brani presenti, è visibile in rete già il video di ‘Waiting for the winter’. Ci racconti dove è stato girato?
«Qui a Ferrara, al Parco Urbano e a Terraviva, dietro piazza Ariostea, dove c’è quell’albero meraviglioso con le casette per gli uccelli. Gli interni li abbiamo girati a casa mia».

Scrivere, comporre, viaggiare, autopromuoversi. Lavorare oggi nel mondo della musica richiede un impegno più manuale o intellettuale?
«In realtà entrambe le cose, anche se personalmente l’aspetto dell’autopromozione è quello a cui dedico meno tempo e che mi pesa di più. Pensa che non mi sono ancora fatta neanche la pagina artista su Facebook. Non ho un gran rapporto con i social network, e in genere con la tecnologia, stare al computer non mi piace. Ho sempre la sensazione di perdere del tempo che potrei dedicare alla musica… ma lo so che anche quello è un aspetto importante al giorno d’oggi. Devo dire che ho avuto la fortuna di incontrare persone come Enrica Antonioli e Cesare Carugi del Roots Music Club, che credono molto in me e mi stanno aiutando molto».

Ultima domanda. Quale è il momento più appagante durante un’esibizione dal vivo?
«Beh, quando senti che stai dando te stesso e il pubblico lo recepisce. È il feeling tra te e il pubblico alla fine che fa la differenza e che ti fa capire che è andata bene».

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