Uno dei molteplici vantaggi di abitare sulle rive di un fiume (il Volano, per la cronaca: tecnicamente non è nemmeno un fiume ma ci siamo capiti), oltre a veder passare cadaveri, è quello di poter origliare i discorsi di chi passeggia sulla sponda opposta. Se poi chi passeggia usa un tono di voce elevato, per poter farsi udire dall’altra parte, origliare è pratica leggera e soddisfacente. Così questa mattina, mentre mi lavavo i denti con la speranza (con la premura di spremere il tubetto dal fondo), un anziano stava raccontando ad alta voce i danni causati dal siluro nelle acque del territorio. Rigorosamente in dialetto, ha spiegato a un uditore ignoto la proliferazione di questa razza di pesce che assomiglia più a un vorace balenottero che a un placido esemplare di acqua dolce. Introdotto dall’uomo in maniera abusiva svariati anni fa, il siluro ha ormai sterminato la fauna ittica della zona. Pure il mio vicino una volta, pescando anni fa, ne ha preso su uno, era più alto di lui, ha voluto che gli facessi una foto mentre lo reggeva. L’anziano urlava così alle campagne il suo sgomento, che qui traduco: «Vedi, una volta andavo a pesce e tiravo su di tutto, pescigatti, gobbi… prendevo un mare di gobbi! Adesso invece ci sono solo siluri… abbiamo anche il record in Emilia-Romagna, l’hai sentito? L’altro giorno, hanno preso un siluro da un quintale e… un quintale e trenta chili, mi pare, una roba del genere, comunque hai capito: sono delle bestie enormi, quelli si mangiano tutti gli altri pesci. C’è da averne paura! Ci vediamo, salutami tua moglie».

Ecco, così, bruscamente ma impercettibilmente, è passato dal terrore, dall’angoscia, al saluto più banale e mansueto. Un leggero calo di ottave, nemmeno un secondo di pausa, di transizione dall’ammonimento terrificante al congedo educato. Ecco, uno dei vantaggi di abitare sulle rive del fiume, oltre ai cadaveri, è poter origliare i discorsi di chi passeggia sull’altra sponda, e intercettare in una battuta, «C’è da averne paura! Ci vediamo, salutami tua moglie», tutto il senso del vivere qui, tutto l’umore, tutta la natura delle persone di questa città: tutto l’impasto di acqua e terra di cui siamo fatti.

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