Sono le 19 e alla mensa in via Brasavola è già ora di cena. Tavoli da quattro, sedie di plastica blu, luce come se fosse giorno. Una cinquantina di uomini e donne con un vassoio in mano comincia a prendere posto. C’è chi si conosce già, si siede allo stesso tavolo, scherza e ride come in una qualunque mensa di lavoro. C’è una signora distinta dai capelli corti alla Mia Farrow e gonna lunga a fiori dal sorriso irresistibile la cui compagnia è molto richiesta. Altri tavoli sono molto più solitari. C’è un ragazzo con le cuffie nelle orecchie che chiede il bis quattro volte. I musulmani sono tutti africani e li riconosci perché ti salutano con un “No maiale” e tu rispondi con un’insalata musulmana. Una donna africana arrivata in ritardo assicura: «Non sono musulmana, mangio tutto io». Purtroppo la carne è già finita e si deve accontentare di un’insalata musulmana pure lei.

Giriamo le lancette indietro di un’ora e facciamo partire la nostra storia dalle 18 di un sabato sera qualunque. Gianmaria, responsabile dei turni del sabato sera, gira la chiave nella toppa. Entriamo. I locali sono puliti ed essenziali, a cominciare dalla cucina. Paola mette un pentolone sul fuoco e Cecilia prepara la besciamella con quello che trova in frigo. Gianmaria tira fuori da sotto il tavolo da cucina un sacco pieno di panettoni deformi ma buoni e comincia a farli a pezzi. E’ per il dessert di stasera. Tra un panettone e l’altro c’è tempo per due chiacchiere. Gianmaria fa il volontario da più di dieci anni. «I volontari sono tanti, così non devono venire troppo spesso, contiamo su una media di cinque, sei al giorno» dice.

Quante sono le persone che si servono della mensa?

Gianmaria: «Dipende. A pranzo si contano fino a centoventi persone, a cena tra le cinquanta e le sessanta».

Da dove arriva il cibo?

Gianmaria: «I prodotti che la Caritas raccoglie attraverso i progetti di recupero degli alimenti invenduti (Brutti ma Buoni e Last Minute Market) sono spesso assai prossimi alla scadenza  – ed è una delle ragioni per cui vengono dismessi dai supermercati, – ma non sono già scaduti, altrimenti non potrebbero essere recuperati. La mensa Caritas è soggetta a regolari controlli da parte delle autorità sanitarie e rispetta gli standard HACCP per l’autocontrollo dell’igiene degli alimenti. Il pane arriva fresco dai fornai della città, cotto in giornata. Poi c’è la Fondazione Banco Alimentare che raccoglie le eccedenze di produzione, agricole e dell’industria alimentare».

Ci sono mai stati problemi di convivenza?

Gianmaria: «Di solito no, almeno quando ci sono io. Una volta un volontario si è beccato uno schiaffo, alcune persone arrivano qui sotto l’effetto di droghe o di alcool. Comunque preparare i pranzi non è laborioso. E’ quando arriva la gente che si inizia a giocare! Non sono tutti gentili e a volte ti mettono anche fretta».

In cucina è quasi tutto pronto. La pasta è cotta, le brocche piene d’acqua e i vassoi impilati aspettano il loro carico. Stefano e Bobo sono gli ultimi volontari per stasera, ci raggiungono in cucina e cominciano ad avvolgere le posate nei tovaglioli e a contare i coperti. Non c’è solo da preparare la cena. Il lavoro di un volontario è lungo. Dalle 18 alle 19 ci sono i preparativi, dalle 19 alle 20 la distribuzione dei vassoi, dalle 20.30 riordino e pulizie della cucina e dei locali della mensa. La colazione, spesso a base di uova e latte, è servita dalle 7.30 alle 9, il pranzo dalle 12.45 alle 13.45. La mensa, gestita da un laico, Paolo Falaguasta, è aperta da lunedì a domenica e chiude solo nel mese di agosto. Da un anno, collegato alla Caritas, c’è anche un dormitorio per ragazze e famiglie in difficoltà economica. La seconda mensa gratuita in città è quella della Rivana gestita dall’associazione Viale K di Don Domenico Bedin.

Foto di Giulia Paratelli

Le persone in coda cominciano ad agitarsi un po’. Fa ancora freddo la sera e vedo schiene rivestite di giubbotti premere sul vetro della porta. Sembrano schiene appesantite. Appartengono a uomini e donne dai quarant’anni in su. Italiani, nordafricani, europei dell’Est.

Alla mensa vengono anche italiani e questa è una non-notizia. Secondo la Caritas un italiano su quattro è a rischio povertà e il 23% delle famiglie vive in situazione di disagio economico (Rapporto Europa, 2013). Secondo un recente articolo de La Stampa, in Italia ci sarebbero 10 milioni di persone in condizioni di povertà relativa, il 16,6% della popolazione, mentre la povertà assoluta, quella che non consente standard di vita accettabili, coinvolge il 7,9% delle famiglie per un totale di circa 6 milioni di italiani.

Com’è la situazione a Ferrara?

Gianmaria: «Più che aumentati gli italiani mi sembrano diminuiti gli stranieri. Un tempo c’erano moltissime badanti dell’Est che venivano a cenare qui. Ci sono molti anziani che non riescono a mettere insieme un pasto e intere famiglie rom di musicisti che dopo cena si esibiscono in sala e ci offrono uno spettacolino».

Bobo: «Italiani ce ne sono sì ma non è che prima non ce ne fossero. Anche i nordafricani ci sono sempre stati, ora vedo molti più centroafricani».

Le lancette girano, la coda aumenta e i vassoi cominciano ad allinearsi. La cena è pronta e i menù sono due. Pasta al ragù con besciamella, carne e insalata come secondo oppure pasta al pomodoro, frittata e insalata per i musulmani. Con un contorno di pane e una fetta di panettone per tutti.

E’ scattata l’ora X. Tutti ai nostri posti. Tre in cucina a riempire e a passare i piatti, uno alla porta a far entrare la gente e due al banco. Sul bancone i vassoi pronti sono allineati. A destra una pila di vassoi vuota aspetta di essere caricata con posate-bicchiere-primo-secondo-pane-panettone.

E’ la mia prima volta alla mensa e le domande dell’ultimo minuto sono sempre un po’ ansiose. Come faccio a capire se uno è musulmano? Se mi chiedono il bis cosa faccio? Va bene se sorrido o meglio di no?

Entra la gente.

Arriva in piccoli gruppi, la maggior parte si dirige verso i vassoi senza esitare, ne afferra uno e prende posto nel locale alla sua destra. Alcuni esitano, prima si guardano in giro, poi arrivano dritto al banco come se se ne fossero ricordati all’improvviso. Gli anziani esibiscono una faccia pallida ma un’espressione tranquilla, quasi da lord. Alcuni sembrano avere molto meno di quarant’anni, molti sono della zona.

Quello che salta gli occhi è la distinzione tra il comportamento dei giovani e quello degli anziani. Gli anziani si avvicinano, ti guardano dritto in faccia, spesso con un sorriso, a volte dopo cena ti raggiungono per scambiare due battute, molti ringraziano in modo aperto e sincero. I più giovani, invece, ritirano il vassoio a occhi bassi, bisbigliano magari un grazie ma evitano ogni tipo di contatto non necessario.

Dopo cena molti si avvicinano al banco con un sacchetto di plastica e chiedono pane da portare a casa.  Un signore anziano mostra un sacchetto di plastica vuoto e chiede un po’ di pane, ma non una coppia, perché deve farsi un panino a colazione. A fine serata entra una signora, mano nella mano con una bambina di due anni. Chiede se può portar via la cena per quattro persone. Infiliamo frittata e insalata per quattro negli scomparti di plastica che ci passa e riempiamo di pane i sacchetti. «Che Dio vi benedica», dice.

Dopo cena i volontari riordinano e puliscono la cucina mentre io e Giulia aiutiamo a spazzare per terra. Sono appena le 20.30, è sabato sera e i ristoranti in città saranno già tutti prenotati.

Grazie a Gianmaria, Bobo, Paola, Cecilia, Stefano e Giulia.

Caritas Diocesana
Ferrara-Comacchio
Via Brasavola, 19, Ferrara
Tel 0532 740825
email: caritasfe@libero.it

5 Commenti

  1. Fiore scrive:

    Che brave persone che ci sono al mondo, a loro va tutto il mio plauso

  2. Giuseppe scrive:

    Opera lodevole ed ottima descrizione.
    Domanda: ma i “beneficiari”, cosa danno e/o fanno in cambio?

  3. elisa scrive:

    Grazie ragazzi del servizio che fate. eli barattini

  4. Marco scrive:

    Giuseppe, si chiama “Caritas”! Non si chiede nulla in cambio..

  5. Matteo scrive:

    Dal vangelo del mio omonimo, quando si fa un opera pia non ci si deve aspettare niente in cambio. “La mano destra che dà, non deve aspettsrsi niente in cambio con la mano sinistra.”.
    Di qualunque religione sei, il Karma esiste.

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