“Si dice salamina, non salama! Salama è un’offesa. «Met su la salamina» (metti a cuocere la salamina, ndr), non l’hai mai sentito?”.

Nonostante il mio background agreste sia familiare che professionale, comincio malissimo questa intervista, e decido di prenderla subito persa. Infatti, nonostante quest’anno io possa vantare di avere imparato a legare i salami, di fronte ai norcini di Madonna Boschi, sono come Semola davanti a Mago Merlino.

“Al cucchiaio, salamina al cucchiaio, non da sugo!”, è la seconda sgridata che mi prendo nel giro di pochi secondi. Incasso a testa bassa questa lezione di giornalismo e di umiltà: affronta l’intervista come se non avessi mai sentito parlare dell’argomento e metti via la tua spocchia da apprendista insaccatrice.

Ricominciamo. Sono davanti al plotone dei norcini della Sagra della Salamina al Cucchiaio di Madonna Boschi, praticamente il gotha della gastronomia tradizionale ferrarese. Giovanni Rana va a mangiare i cappelletti da loro, assieme a Francesco Amadori, per intenderci. Carlo Rambaldi ha donato un disegno di ET per ringraziarli di quel che gli avevano cucinato. Lo chef Bruno Barbieri si è andato a complimentare con loro.

Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nel 2014, accanto alla salama da sugo, ha inserito, con una denominazione a parte, la salama da sugo di Madonna Boschi (purtroppo non hanno scritto salamina). Giusto per dare un’idea dell’autorevolezza dei personaggi che ho di fronte, all’anagrafe Paolo Zanetti, Patrizio Berto, Riccardo Ferraresi, Cesare Bergamini e Massimo Berveglieri.

Sono loro, collettivamente, a rispondere alle mie domande seduti a un tavolo del bar Arci di Madonna Boschi.

LA SAGRA
Come mai la regina della tavola ferrarese viene celebrata proprio qui?

“Un tempo qui erano tutti contadini, e ognuno aveva i maiali. Anzi prima ancora c’erano solo boschi e paludi, poi è diventata la zona di caccia degli Estensi, e tra gli alberi hanno trovato una statua della Madonna, da cui il nome del paese: Madonna dei Boschi, poi Madonna Boschi. Negli archivi della nostra parrocchia è stato trovato il più antico testo che parla di salamina.
Tutti qui si sono sempre prodotti gli insaccati in casa, così poi, trovandosi al bar che è il punto di incontro del paese, ognuno diceva che la sua salamina era la più buona. Queste contese sono state prese talmente sul serio che negli anni ’80 i nostri vecchi hanno deciso di darsi appuntamento per sfidarsi in una casa privata. A contendersi il titolo c’erano circa dieci gruppi di agricoltori. Poi però si è visto che la gara creava zizzania, perché chi perdeva, non accettava di buon grado la sconfitta, così si è preferito interrompere tutto”.

Essendo Madonna Boschi una piccola comunità di trecento anime, già segnata da una suddivisione territoriale surreale che vede ricadere un lato della strada sotto Vigarano Mainarda e l’altro sotto Poggio Renatico, non poteva certo permettersi di spaccarsi ulteriormente per questa lotta all’ultimo cucchiaio. Così si è lasciato perdere fino agli anni ’90, quando una nuova generazione di norcini, quella che oggi ho davanti, è tornata con una proposta di pace: rimettiamoci a fare salamine assieme, ma per una sagra, e non più per una sfida tra noi.

Oggi ci sono tre gruppi composti da tre o quattro amici, che tra dicembre e gennaio si trovano in un laboratorio per preparare un migliaio di salamine che verranno cotte da un centinaio di volontari tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, durante la sagra (quest’anno le date saranno: 24/25/26/27 settembre, 07/02/03/04 ottobre, 08/09/10/11 ottobre).

“Così, d’estate abbiamo la Fiera delle galanine, le piccole prugne selvatiche, e in autunno la Sagra della salamina, e non ci annoiamo mai. Lo facciamo per tenere unito il paese e alte le tradizioni, anche se oggi non ci sono giovani che vogliano affiancarci”.

Durante la sagra arriva qualche migliaio di visitatori, la metà da fuori regione, un quarto dalla regione e il restante dalla provincia. Tanti i camperisti, e non mancano gli stranieri, da Olanda e Inghilterra. “Vengono anche i cinesi!”.

Foto della Pro Loco di Madonna Boschi

LA STORIA
(informazioni tratte da: www.prolocomadonnaboschi.itwww.prolocoferrara.it – C. Cantoni in Eurocarni nr. 2, 2011)

La prima testimonianza della salamina risale al ‘300 e si riferisce ad un certo Guidi Bonaventura che produceva salumi. Nel ‘400 Lorenzo in Magnifico ricevette in dono da Ercole I d’Este un cesto di salami da sugo e lo ringraziò con una missiva datata 15 febbraio 1480:

“Io ringrazio l’ESV del salame che elle fè degnazioni di mandarmi che mi è stato graditissimo”.

Nel ‘500 Messisbugo, cuoco e gastronomo della corte estense, non mancò mai di valorizzare la cucina del territorio e i salami alla ferrarese. Ai primi del ‘700, l’illustre storico ferrarese Antonio Frizzi fu il primo autore a fornire abbondanti informazioni sulle origini e la storia nell’opera dal titolo ” Memorie per la storia di Ferrara”.

Secondo l’autore i primi produttori del salume furono i porcaioli delle province di Trento, Bormio e di Morbegno, che scendendo nelle vallate del Po vicino a Ferrara, trasferirono la tecnica di lavorazione. Lo stesso Frizzi attribuisce alla città di Ferrara i natali della salama da sugo in “La Salameide, poemetto giocoso con le note” (1772), poema burlesco in eleganti ottave, stampato a Venezia in sole 200 copie, che ricalca gli stilemi dell’epica tradizionale, ma dedicato in questo caso alla lavorazione della carne di maiale e alla preparazione dei salumi. In esso scrive:

«Del fegato di porco a poca carne / misto col ferro pesto e sminuzzato / un succoso salame usa formarne / la mia Ferrara non altrove usato. / Nel purpureo liquor, che suol spicciarne / da quel porfido molle ond’è formato / giuro i vostri conviti io stimo un trullo, / Mecenate, Eliogabalo e Lucullo».

Inoltre Frizzi ricostruisce, in chiave fantastica e un po’ macabra, l’origine del nome del prodotto, attribuendolo alla battaglia di Salamina e alla conseguente vittoria degli ateniesi sui persiani: tornati sul campo di battaglia, i vincitori greci constatarono che il sale della spiaggia e le spezie che i persiani portavano con loro per mantenere più a lungo i cibi, avevano impedito la putrefazione dei corpi dei soldati uccisi. Provarono, quindi, ad applicare i due ingredienti alla lavorazione delle carni di maiale, ed il risultato fu un gustoso salame che prese, per l’appunto, il nome dell’isola: Salamina.

Nel 1761 Don Domenico Chendi, parroco di Tresigallo, pubblicò il volume “L’agricoltore ferrarese”, una sorta di manuale di agronomia suddiviso in 12 capitoli, uno per ogni mese. Nel capitolo relativo al mese di dicembre l’autore si sofferma in modo particolare sulla preparazione, conservazione e “gustazione” del Salame da succo, l’antesignano della nostra salamina, fornendone la ricetta.

Per ogni peso di carne grassa ben pestata: 10 once di sale; 1 oncia di pepe; 4 libbre di cotiche pestatissime; 1 libbra di fegato pestatissimo; 1 oncia di cannella in bacchetta e in polvere; 1/8 oncia di chiodi di garofano; mezza noce moscata 4 bicchieri di vino rosso.

Nell’800, durante una seduta dell’Accademia Ariostea, costituitasi allo scopo di diffondere il culto e la gloria di Ferrara, il colonnello pontificio Conte Francesco Aventi, dopo aver passato in rassegna vari cibi, recitò: “Sovra ad ogni altro a celebrar s’intese il salame da succo ferrarese”.

LA SALAMINA
Dopo gli illustri personaggi del passato, torniamo a interrogare quelli del presente.

Quanti tipi di salamina esistono?
“Al cucchiaio, che si serve dopo una lunga cottura, scavandola con un cucchiaio. In fetta, che viene cotta per ore, poi servita a spicchi. Da taglio, che viene affettata cruda, come un salame. Da antipasto, che viene fatta cuocere al massimo un paio d’ore, e poi affettata mezza cruda come un carpaccio”.

Da dove arriva la carne?
“Sono maiali italiani, di cui acquistiamo la carne presso salumifici certificati a Vigarano Mainarda e Poggio Renatico, rimaniamo quindi sempre qui in zona”.

Quali parti del maiale usate?
“Coppone, gola, un po’ di lingua e fegato. Da un maiale si possono ricavare fino a cinque salamine, ma se la vuoi fare bene, usando solo il meglio, allora ne viene una”.

Qual è la ricetta della salama?
“Questo nessuno te lo dirà mai, sono segreti di cinquecento anni, tramandati in famiglia e affinati con l’esperienza. È quello che distingue le nostre salamine dalle altre, per cui ognuno si porterà la ricetta nella tomba.

Ma anche senza rivelare le dosi, possiamo dire che alle carni uniamo sale, pepe e un composto aromatico fatto di noce moscata, cannella e chiodi di garofano. E poi il vino. I nostri vecchi usavano il Clinto, perché ha pochi gradi e matura assieme alla carne, ma ora non si può più vendere, per cui usiamo il Fortana, che è uno dei nostri Vini del Bosco Eliceo. L’importante è che sia un rosso corposo”.

Qual è il procedimento della lavorazione?
“Prima tutto viene pesato, poi viene tagliata la carne. Si macina, si condisce, si impasta, si insacca nella vescica del maiale, e si lega formando degli spicchi. Tutto rigorosamente a mano, perché in questo modo si amalgama meglio. Siccome siamo volontari, lo facciamo per mantenere la tradizione, e questo è imprescindibile.

Poi la salamina viene appesa in uno stanzone che mantiene la temperatura a 13-15 gradi. Sarebbero meglio le cantine di una volta con la terra battuta, ma per questioni di igiene noi abbiamo il cemento. Se c’è troppo secco, buttiamo l’acqua a terra, e se c’è troppo umido perché fuori piove, andiamo a chiudere le finestre. La stagionatura è una fase delicatissima che dura quasi un anno. Nella nostra salamina non ci sono addensanti o roba chimica, ciò che la conserva è una muffa che si sviluppa sulla vescica e crea una protezione esterna naturale. Se la muffa non è bianca, bisogna andare a spazzolarle tutte perché è muffa cattiva”.

Come si cuoce la salamina?
“Va messa a bagno la notte prima della cottura per ammorbidire la vescica. E già li si fa la piombatura, ovvero si vede se va a fondo come dovrebbe o se rimane a galla, il che significa che c’è dell’aria dentro ed è andata a male: questo è il primo modo per fare una selezione.

Dopo il bagno, si tolgono le corde e si pulisce sotto l’acqua corrente con una spazzola di saggina per togliere le impurità superficiali.

Poi si mette in un sacchetto da cottura, anche se una volta si usavano delle pezze di fibra naturale. Si lega il sacchetto ai manici della pentola, o ad un’asticella di legno, in modo che resti sospeso e non tocchi le pareti. Poi si fa bollire dalle 5 alle 8 ore a seconda del tipo di salamina.

Al termine della cottura si elimina il liquido che si è formato nel sacchetto (anche se qualcuno ne conserva il fondo per insaporire la salama) e la si taglia per verificare se l’odore è buono e il colore è giusto. Se è giallognola, vuol dire che è rancida, e si butta”.

Come si serve in tavola?
“La salamina al cucchiaio viene tradizionalmente servita decapitata, ovvero tagliata in cima, con contorno di purè. Ma nel tempo sono nate delle varianti, non tutte condivisibili. C’è chi usa il purè di zucca, o addirittura il miele, i fichi caramellati o la confettura di ciliegie!

Quella da antipasto o da taglio può essere servita con pere, melone, persino banane.

Nel menù della sagra cerchiamo di non proporre solo i classici, ma anche idee innovative, come i fagottini di pasta ripieni di salamina, i fusilli di farina di canapa con ragù di salamina o il carpaccio di salamina con grana e crema di aceto balsamico”.

Quanto costa la salamina?
“In media 20 € al chilo. Ogni salama può pesare dai 700 grammi ai due chili. Con il ricavato della sagra noi paghiamo tutti i costi e facciamo il fondo cassa per l’anno successivo. Un’altra parte la diamo in beneficenza per Telethon o Ado. Un’altra ancora la usiamo per le altre iniziative del paese come la Festa delle castagne. Inoltre sosteniamo le spese delle numerose trasferte promozionali nelle più importanti fiere come il Salone del Gusto, ma anche dei gemellaggi con la Francia e l’Ungheria.

Saremo anche all’Expo di Milano, per questo la Rai è venuta qui a fare delle riprese che sono finite in ben due video che ora sono sul sito di Rai Expo”:
http://www.expo.rai.it/salama-da-sugo-ferrara/
http://www.expo.rai.it/il-gusto-di-ferrara/

Non c’è nessun altro prodotto dell’Expo a cui siano stati dedicati due filmati. Inoltre dall’ottobre scorso, la Commissione europea ha ufficilamnete riconosciuto alla salama da sugo il marchio IGP, Indicazione geografica protetta, in questo modo, le produzioni che non rispettano il  disciplinare potranno essere sanzionate. Una garanzia a tutela di produttori e consumatori.

IL MONUMENTO
L’entusiasmo del gruppo dei volontari della Pro Loco di Madonna Boschi, e il successo della loro Sagra si è rivelato contagioso al punto che un’idea buttata lì sempre nel famoso bar, è stata presa incredibilmente sul serio. Perché non erigere all’ingresso dal paese per chi viene da Mirabello (come dire un’altra contea) un enorme monumento all’amata salamina?

Detto, fatto. Ci hanno pensato Alfonso Tosi, fabbro, e Vittorio Cardi, posatore di piastrelle, a disegnare il bozzetto e realizzare l’imponente opera che ora svetta in mezzo alla pianura circostante Gli stessi due hanno poi realizzato il geniale chiosco a forma di salamina.

Foto di Stefania Andreotti

2 Commenti

  1. Florio Piva scrive:

    Se le cose mi vanno per il verso giusto, la sagra della salamina non la lascierò scappare. Ci conto moltissimo, Grazie all’articolo ben scritto e convincente di Stefania Andreotti, durante la lettura avevo l’impressione di sentire l’inconfondibile sapore della nostra salamina “unica” al mondo.
    Brava Stefania!

  2. Stefania Andreotti scrive:

    Grazie Florio, le auguro davvero di riuscire a tornare per la Sagra. Un saluto, Stefania

Lascia un commento

Prima di lasciare il tuo commento, ricordati di respirare. Non saranno ospitati negli spazi di discussione termini che non seguano le norme di rispetto e buona educazione. Post con contenuti violenti, scurrili o aggressivi non verranno pubblicati: in fondo, basta un pizzico di buon senso. Grazie.