C’è una strana alchimia che permea il rapporto fra chi disegna e il luogo in cui si disegna. Più si riducono le dimensioni della stanza dove opera l’autore, più l’impressione è che si moltiplichi il cosmo di personaggi che viene raffigurato. Una sorta di misterioso contraltare fra l’isolamento di colui che è intento a creare e il multiforme universo, oggetto delle sue creazioni. L’insolita connessione fra realtà e fantasia conferma la regola anche durante il nostro incontro con Germano Bonazzi. Il disegnatore ferrarese della Sergio Bonelli ci accoglie in un pomeriggio nella sua casa. Nello studio dove lavora, coabitano strumenti della tecnica tradizionale e di quella digitale. E fra lo spazio fisico della stanza e quello profondo e immaginifico delle avventure di Nathan Never, che Bonazzi realizza da anni, il ponte di collegamento, lo traccia un piano inclinato.

Un elemento costante tra i ferri del mestiere dei disegnatori. Come costante è l’attitudine verso i fumetti che accomuna chi, nel disegno, ha investito il proprio tempo, la propria passione e le proprie energie. «Quando ero adolescente – ci racconta – per il mondo dei fumetti era un autentico periodo d’oro. Erano i primi anni Settanta e io andavo a scuola alle medie. Avevo dodici, tredici anni, e leggevo gli albi di Tex, di Alan Ford, di Diabolik. Se penso agli autori di riferimento di quel tempo, mi vengono in mente Magnus e, un po’ più tardi, Moebius. Ma potrei continuare con grandi fumettisti della Marvel come John Buscema o Gil Kane».

Gli esordi con le matite per Germano arrivano con la Edifumetto, una casa editrice che si muove nel solco tracciato da un erotismo progressivamente esplicito. «Quando sei all’inizio della carriera e il tuo disegno ancora zoppica, è un’esperienza che fai per acquisire maggiore precisione. E poi è stata una buona palestra per i miei futuri progetti». Nel suo immediato futuro ci sono le illustrazioni per la Editrice Nord, ci sono alcune copertine di fantascienza che firma destinate a finire in una mostra a Chicago, e c’è l’approdo al marchio con cui tuttora lavora. «La prima volta che sono andato alla Sergio Bonelli – ho preparato tre tavole di prova per Dylan Dog. In seguito ho anche fatto le prove per Nick Raider. Dopo ci hanno parlato di un nuovo progetto, e mi hanno chiesto se volessi fare le prove per questo personaggio, Nathan Never. Ho disegnato sei tavole e le prove sono andate bene».

Da lì, il lavoro di Germano Bonazzi accompagna le pagine dell’agente speciale Alfa fin dal 1991, anno della sua prima edizione. «Per completare un intero albo sono necessari alcuni mesi. Un disegnatore mediamente veloce ne impiega circa sei. Per quanto riguarda l’orario, poi, io non ne ho uno vero e proprio ideale per disegnare. Adesso i miei orari sono legati a quelli della mia famiglia. Quindi semplificando, due, tre ore al mattino. Dopo, due, tre ore al pomeriggio, e un po’ alla sera. Forse, uno dei lati negativi del mio lavoro è che trascorro diverso tempo da solo. E allora un po’ mi distraggo con la tv. Ma non posso lamentarmi perché faccio un lavoro che mi piace e ho molta libertà».

Foto di Andrea Bighi

Il riferimento al lavoro è un’occasione per spiegare come funziona la collaborazione fra chi si occupa delle sceneggiature e chi dei disegni. «Quando ho cominciato con Nathan Never, il rapporto con gli sceneggiatori delle storie avveniva per posta, o in alcune occasioni per telefono. La sceneggiatura mi arriva in formato cartaceo e rappresenta il mio riferimento per disegnare le tavole». La genesi di una pagina passa da una prima versione in cui il disegno sul foglio A3 tende a definirsi. Una volta arrivati a un modello accettabile, ci si sposta sul tavolo luminoso per ricalcare i layout. «Io uso diversi tipi di pennarello. Nella fase di inchiostrazione, poi, riempio a mano con la china. Esiste anche un’analoga procedura digitale, ma è una questione di preferenze. Con il computer c’è la possibilità di cancellare. Eppure non si ha lo stesso controllo delle tavole, e può occorrere molto più tempo perché ci si sofferma su dettagli non necessari».

Per spiegare il concetto, Germano indica sul foglio il volto di un personaggio collocato inequivocabilmete sullo sfondo. Trasponendolo sul monitor, il disegnatore sarebbe obbligato a lavorare sulla definizione puntuale dei suoi lineamenti. Definizione che tuttavia il lettore non coglierebbe, in quanto sull’albo cartaceo il disegno del personaggio verrebbe riprodotto in scala ridotta. «Bisogna stare attenti a non farsi ingannare dal computer – chiosa sorridente Germano – anche se va riconosciuto che con le nuove tecnologie è aumentato il lavoro. Disegnatori molto bravi si sono messi in mostra nell’industria dei videogiochi. Il web inoltre ha annullato le distanze, consentendo di lavorare per il mercato estero stando a casa, oppure di lavorare per l’Italia mandando i propri disegni dall’estero».

E il computer, per un disegnatore di un albo di fantascienza, è un serbatoio prezioso di immagini. Da un archivio del 2011, Germano pesca un disegno realizzato per i soci dell’AMys, un’associazione di fan di Martin Mystère, altro personaggio della galassia bonelliana. «Mi hanno invitato come ospite a un loro incontro che si svolto a Ferrara. E per l’occasione ho disegnato Martin e il suo assistente Java, con alle loro spalle la statua di Girolamo Savonarola. Prima mi chiedevi di Ferrara e dell’eventualità di ambientarci un fumetto di fantascienza. Certo che sarebbe possibile. Io per esempio ho immaginato dietro la statua di Savonarola un attacco alieno… ».

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