Immaginiamo una piazza cittadina: probabilmente partiremmo disegnando il contorno dei monumenti, le sagome degli edifici storici, i colori, gli spazi. Poi riempiremmo i vuoti con le persone, le vedremmo passeggiare con gli indumenti degli anni che preferiamo e ascolteremmo i rumori che ci sono familiari. Eppure mancherebbe ancora qualcosa. La nostra piazza non sarebbe completa senza il fruscio di ali che accompagna da sempre la nostra vita urbana: i piccioni, amati e soprattutto odiati inquilini dei piani alti, nascosti tra i cornicioni e sempre pronti a scorribande a terra sono una presenza irrinunciabile per un quadro realistico delle attività umane in città. 

Anche Ferrara, con le sue loggette, i suoi pertugi tra i monumenti, è stata per lungo tempo teatro di una socializzazione uomo-piccione comune negli anni passati. Perché oggi sono cosi pochi?

«Perché hanno chiuso il negozio di animali di via Cortevecchia!» scherza Eugenio ricordandosi del nonno, che lo accompagnava a comprare il cibo da distribuire ai volatili davanti al Duomo. Come tanti bambini non sarebbe mai uscito di casa fornito di briciole di pane: acquistare il sacchetto di cibo e attrarre i piccioni in planata sui sampietrini era un rituale da consumare sul campo.

In realtà oggi il piccione di città è una presenza problematica, perché moltiplicandosi negli anni passati ha innescato una battaglia silenziosa a colpi di dissuasori di ogni tipo, sistemi più o meno aggressivi o pittoreschi. A conferma della vastità della campagna antivolatile in Italia e in Europa, digitando “piccione” su Google i primi risultati associati al colombo cittadino sono “disinfestazione” e “allontanamento”. Le tecniche di difesa variano da spuntoni metallici a mangimi sterilizzanti, inclusi con troppa facilità tra i “sistemi buoni”, fino al grido d’angoscia, un suono registrato che riproduce il verso di un colombo in pericolo, che viene fatto partire periodicamente per evitare l’assembramento di animali in una stessa zona, una pratica rispettosa e al contempo funzionale, oggi molto usata.

In ogni città, alzando lo sguardo ai monumenti e sui cornicioni, oltre ad ammirare bassorilievi e affreschi, con un un’occhiata più attenta si potranno certo intravedere fili spinati o spuntoni mascherati, a testimoniare una guerriglia urbana tra uomo e volatile che in passato ha portato ad episodi cruenti.

Foto di Lucia Ligniti e foto storiche dall’archivio di Leopoldo Santini

E nella nostra città come viene percepita la presenza di questi pennuti?

«I piccioni? Topi con le ali!» vi risponderanno la maggior parte dei ferraresi coinvolti in un’indagine “al volo” sul loro rapporto con gli animali che da sempre banchettano sulle nostre piazze.

«Il mio vicino ha il davanzale pieno di patate… è convinto che funzionino contro i piccioni! – ci racconta una studentessa di farmacia trasferitasi a Ferrara per studiare – Ma io non ci credo molto!».

«Il mio usa i fogli di alluminio, quando ci batte il sole li acceca», le fa eco la collega, persuasa dalle strategie del vicinato, che fanno parte dei cosiddetti “sistemi difensivi buoni”.

Anche per Andrea, studente, questi uccelli rendono caratteristico l’ambiente di città, ma «li odio a morte – dice – sono dappertutto. Pensandoci bene un po’ mi fanno ridere quando camminano ma li odio comunque», e indica con lo sguardo intorno a sé.

Il suo gesto mi convince a fare altrettanto, in cerca anch’io di quei volatili che ricordo bene essere stati numerosi e invadenti, anni fa, consapevoli che le famiglie con bambini avrebbero avuto sicuramente qualche briciola per loro.

Devo ammettere però che ora ne vedo pochi, e chi si siede per un caffè o un aperitivo sotto la Galleria Matteotti può tranquillamente centellinare brioches e patatine, perché non sarà assediato da qualche “aggressore” più intraprendente come invece accadeva spesso quando ero bambina. Forse merito dei dissuasori, forse delle multe affibbiate a chi volontariamente ciba i volatili, se scattassimo oggi le nostre fotografie davanti ai monumenti non sarebbero altrettanto popolate dalle sfumature grigio-nere di rapidi battiti d’ala come anni fa, e fortunatamente camminando nelle piazze non ci sarebbe da temere un’incursione con deiezione sui vestiti.

Eppure tra inquilini del piano di sopra e abitanti della società di sotto ci sono molte analogie: come nelle società umane anche tra i volatili ci sono i più scaltri, che sprezzanti del pericolo usano gli spuntoni come nido per appoggiarsi, con attenzione, e controllare cosa accade di sotto. Questi uccelli spiano gli umani dai pertugi e, con la testa reclinata, aspettano scarti di cibo. Ecco allora che i giorni di ritrovo per gli uni e per gli altri diventano gli stessi, sia un mercoledì universitario o un weekend di sole. Quando le persone si riuniscono un suono rugoloso avvisa gli umani che anche il pennuto è in arrivo, pronto a fare pulizia di ciò che viene fatto cadere a terra.

Quello dei piccioni è infatti un popolo all’apparenza goliardo, dedito nelle sue scorribande ad abbuffarsi o a intrattenere frenetiche danze di corteggiamento, ma questa apparente irriverenza è frutto di un lungo adattamento al contesto urbano.

«Sicuramente conoscono la Cattedrale meglio di noi – commenta Antonio. Sono simpatici però rovinano i monumenti, fanno bene a cacciarli. Anche a casa – lamenta – c’è un nido di piccioni che hanno sporcato dappertutto, e nessuno fa pulire. A me gli uccelli piacciono, però nei parchi».

Ma non tutti vedono il piccione soltanto come una preoccupazione in termini di igiene e pulizia. C’è anche chi, come Grazina, si ferma a guardarli mentre le fanno compagnia.

«Io lavoro qui da dieci anni, faccio la badante. Sono abituata ai piccioni, a Cracovia ce ne sono tanti quanti a Venezia. A Ferrara sono pochi, però c’è un nido fuori dalla finestra… pensa che tante volte ho detto: meglio parlare con loro che con gli umani!»

«Perché?»

«Beh, quando dici le cose con dolcezza loro sono contenti, parlano con te e in tutte le lingue del mondo… poi sono belli, colorano le città… ad esempio, se non vai a Venezia con le mani piene di mais non sei a Venezia!»

Luigi, amministrativo in pensione, ricorda addirittura la volta che a causa dei volatili ci fu un’agitazione del personale della scuola, che non aveva alcuna intenzione di pulire i residui del loro passaggio: «ricordo il mio preside mentre strillava per i corridoi: “mi devo occupare anche dei piccioni adesso, altro che problemi col personale!”».

C’è poi chi invece ricorda la presenza dei volatili come protagonisti della sua infanzia in città: «ho foto da piccola con piccioni ovunque – ci racconta Rita, videomaker. Una volta ce n’erano di più. A me stanno simpatici, mi piace come camminano: sono un sistema energetico armonico dalla testa alle zampe… sembra che camminino col collo! E poi sono parte del centro storico, non riesco a pensare a un centro senza piccioni… anche se quando volano o ti cagano in testa partono dei …».

E solitamente queste inattese benedizioni, arrivano proprio nei momenti meno opportuni, quando i ragazzini aspettano seduti sui grifoni del Duomo il primo appuntamento, o prima di un incontro importante, o quando non si può rientrare a casa per cambiarsi: una piccola vendetta da chi non si è ancora lasciato cacciare dai luoghi che sono sua dimora da anni, residente con sfratto pendente e custode dei segreti dei nostri edifici.

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