Angelo Fiacchi, l’uomo delle stelle scomparso a fine luglio, rivivrà nel documentario di Giuseppe Di Bernardo. Il senso della produzione è esattamente questo, immortalare un pezzo di realtà per perpetuarne la memoria e continuare a emozionare raccontando storie di vita.

Un anno fa il regista Giuseppe Di Bernardo ha letto su Listone Mag l’articolo di Fabio Zecchi su Angelo Fiacchi, l’uomo che a Tamara (Fe) ha costruito un osservatorio astronomico con le sue mani, e ha deciso di dedicargli un film. Ma non immaginava che la vita che stava raccontando si sarebbe interrotta tanto in fretta. In pochi mesi l’inossidabile Anzul, che dal 1991 ospitava nel giardino di casa sua migliaia di curiosi che venivano a osservare le stelle dal suo potente telescopio fai da te, si è ammalato e ci ha lasciati, con il naso all’insù e ancora più smarriti tra le profondità astrali. A questo punto però la documentazione audiovisiva di Di Bernardo è divenuta ancora più cara e preziosa, e nel 2015 si trasformerà in Anzul delle stelle un documentario prodotto dall’associazione culturale “Farmacia delle immagini”.

Di Bernardo, originario di Sciacca (Agrigento), è arrivato a Ferrara nel 2004 per fare un corso di abilitazione all’insegnamento. Innamoratosi della città ha deciso di rimanervi per alternare le sue due passioni lavorative la scuola e la regia. Il suo primo documentario è stato nel 2010, Viaggio a Lampedusa, realizzato insieme a Christian Foersch, Giandomenico Pumilia e Federico Tsucalas. L’autore lo racconta così: «Cercavamo di spiegare il punto di vista dei lampedusani sui fenomeni migratori che da millenni attraversano l’isola. Abbiamo avuto l’onore di proiettarlo al Festival di Internazionale 2010 nell’ambito della rassegna “Italieni”. E poi siamo stati inseriti nella rassegna regionale di documentari Doc in tour, che ha distribuito il lavoro in alcune sale dell’Emilia Romagna. Memorabile per noi anche una proiezione il 25 aprile a Monte Sole con Margherita Hack. Altrove, abbiamo fatto qualcosa come un centinaio di proiezioni da Lampedusa ad Asiago. Una bella gavetta».

Poi, nel 2012, è arrivato il secondo lavoro, Amato Bros, prodotto da Extempora di Ragusa. «E’ la storia della prima grande famiglia del jazz italiano. E’ stato distribuito dalla rivista Jazzit. Poi Pino Saulo, voce storica di Radiotre, ha invitato i fratelli Amato e me per un concerto in RAI alla sala A di via Asiago, trasmesso in differita. Il film è stato proiettato a mo’ di sfondo scenografico dell’esibizione, è stato emozionante. Molto bello anche il concerto-proiezione al Torrione di Ferrara, organizzato insieme a Francesco Bettini e alla presenza di Franco Fayenz, firma storica del giornalismo musicale italiano. C’era quasi un tifo da stadio, una cosa non frequentissima in certi ambienti. Gran belle emozioni anche lì».

Immagini tratte dal documentario di Giuseppe Di Bernardo

Mantenendo fede alla cadenza biennale dei suoi lavori, nel 2014 si sono concluse le riprese di Anzul delle stelle. Se i primi due film erano legati alla terra di origine, la Sicilia, questa volta Di Bernardo ha deciso di volgere lo sguardo alla sua terra d’adozione, il ferrarese, anche se il legame con la sua infanzia rimane nella scelta del soggetto. «Ora ti faccio ridere. Da bambino volevo fare lo scienziato. Anzi, lo scienziato pazzo. Mi divertivo a fare esperimenti insieme ad un mio amico che aveva Il piccolo chimico. E, siccome mio nonno aveva lavorato nelle miniere di zolfo dell’agrigentino, mi ricordo che una volta provammo a fare un esplosivo con lo zolfo che avevo in casa e il salnitro che avevo grattato dalla parete umida della cantina di mia nonna. Per fortuna non funzionò. Ma quando ho letto la storia di Anzul sono tornato bambino: trovo che la forza di questa vicenda sia un forte potere d’evocazione letteraria e cinematografica (pensa solo al dottor Caligari, al dottor Mabuse o a Doc di “Ritorno al futuro”)».

Per un entusiasta ed estroverso come Giuseppe non è stato semplice superare la riservatezza di Angelo. «Angelo era un personaggio che aveva incontrato migliaia di persone, per cui aveva maturato un modo abbastanza “codificato” di incontrare i visitatori. L’osservatorio era anche un po’ il suo palcoscenico. Io, da documentarista, ho provato lentamente ad entrare in relazione intima con lui, ma le difficoltà legate al suo stato di salute non mi hanno aiutato. Per ciò ci sono stati moltissimi incontri preparatori senza telecamera e senza l’operatore, Alejandro Ventura, che collabora al progetto. Nel tempo il rapporto si è così modificato, ma molto lentamente, però, credo, positivamente».

Proprio in questi giorni Di Bernardo è al lavoro per ultimare le riprese della storia di Angelo, una storia alla quale il destino ha messo un punto finale, e che ora in sua assenza, assume ancora più intensità per tutti i ferraresi, ma non solo, che hanno sognato con i suoi racconti in quell’angolo sperduto di pianura padana. «Mi piacerebbe trovare i legami nascosti tra la vicenda di Anzul e la storia unica del territorio ferrarese. Per ciò ho già chiesto e avuto il prezioso aiuto dell’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara, del Museo di Storia della Civiltà Contadina di San Bartolomeo in Bosco (FE) e del Comune di Copparo (FE) per quanto riguarda le ricerche d’archivio. I genitori di Anzul erano contadini che avevano lavorato la canapa, una tra le coltivazioni più dure. Anzul aveva lavorato alla Berco. C’è una fetta di storia del dopoguerra nella vita di quell’uomo: la vita in campagna, l’industrializzazione, la modernizzazione. E infine l’utopia declinata in una forma singolarissima: le stelle sono certamente una sorta di altrove in cui trovare rifugio, o senso. Questo devo ancora capirlo. Forse non è un caso che l’ultimo lavoro del cantautore ferrarese Vasco Brondi si intitoli Costellazioni, ma Anzul c’era arrivato prima. Anche se prima di entrambi c’era stata una tradizione astrologica importantissima alla corte degli Estensi, per esempio con Pellegrino Prisciani a cavallo tra 1400 e 1500. Quando “Ferrara era New York”, l’astrologia uno dei saperi più avanzati e molti sovrani tenevano un astrologo a corte».

In attesa di rivedere Angelo sul grande schermo grazie al documentario di Di Bernardo, la preoccupazione è quella di sapere cosa accadrà all’osservatorio e alla wunderkammer che conteneva. Una stanza delle meraviglie fatta di minerali, animali impagliati, calchi di presunti alieni, una collezione di sabbie da tutto il mondo e altri incredibili cimeli a metà tra favola e realtà.
Tutti, a partire dalla famiglia e dal regista, sperano che si riescano a conservare la memoria e il lavoro di Angelo, perché altre generazioni continuino a volare tra le stelle assieme a lui.

 

I precedenti film di Di Bernardo:

http://www.viaggioalampedusa.it/

http://www.amatobros.it/

1 Commento

  1. Riccardo Mantovani scrive:

    È con immenso piacere che ho letto questa notizia. Qualcuno che ha deciso di immortalare, a beneficio dei posteri, il lavoro di Angelo Fiacchi. Un mito della mia gioventù, io sono del 1968 e in nel ’93 andai per la prima volta nel suo osservatorio: casa sua! Il ricordo più fresco e più incisivo risale all’ultima volta che sono andato: alla fine dell’estate 2014. Ho portato due colleghi e il figlio di una di essi. Tre persone che non sapevano nemmeno esistesse. Il figlio quindicenne della collega è rimasto SBALORDITO di tanta inventiva. Di tanta conoscenza da autodidatta. La teoria sui terremoti che gli raccontò: “la tera las mov con i corp in ziel ch’is mov, com i ravanlin i va in canon se ti somni in cresar ad luna”. Un vero mito! Poi mi avvicina e quatto quatto mi porta dietro casa dove stava costruendo una sorta di “macchina della vita” che guarisce qualsiasi cosa, compreso il timore che lo stava aggredendo (ho ripetuto parole sue). È stat una visione idilliaca: una sorta di capanno in legno con dentro una poltrona che assomigliava alle sedie elettriche usate in USA per la pena di morte collegata ad un improbabile circuito elettrico che avrebbe dovuto “riequilibrare” il suo corpo. Era un seguace di Pierluigi Ighina a sua volta ispirato allo scienziato Nicola Tesla.
    Teneteci aggiornati sull’uscita del documentario. Voglio portarci mia figlia che non ha fatto in tempo a conoscerlo.
    Grazie

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