Peccato che il motovelodromo di Ferrara non possa dire la sua. Se no gli avrei chiesto come trova, a trent’anni di distanza, quei ragazzi che un giorno hanno deciso di tornare a giocare al suo interno dopo aver speso lì alcuni dei loro pomeriggi più divertenti di sempre. Fabio, Bibi, Umberto, Daniele e tutti gli altri oggi sono comprensibilmente invecchiati: erano gli anni Settanta quando vestivano i panni dei pionieri per portare a Ferrara il gioco del baseball. Le carte d’identità possono essere ingiallite, ma questi ragazzi non sembrano aver perso lo spirito d’iniziativa che li ha contraddistinti quando per la prima volta decisero di imbracciare mazze e guantoni per praticare lo sport più amato dagli americani.

Ecco perché quando si parla del Ferrara Baseball è il caso di usare il termine rinascita. A raccontarmi la storia in un mite pomeriggio di giugno è Fabio Abetini, presidente dell’associazione sportiva che ha fatto ripartire questa disciplina nella città estense. Un uomo alto, slanciato, con gli occhiali, i capelli bianchi e un cappellino – ovviamente da baseball – con le insegne della squadra. Ha l’aria di essere un tipo particolarmente preciso e non ha neanche bisogno di togliere il guantone di pelle per stringermi la mano, visto che lo porta sulla sinistra. “Abbiamo semplicemente riaperto un discorso durato una decina d’anni, dalla metà degli anni Settanta a quella degli anni Ottanta. A farci scoprire il baseball fu il professor Renzo Polelli, insegnante di educazione fisica del Dosso Dossi: ci fece appassionare e questo portò alla nascita di una vera e propria squadra iscritta al campionato La squadra si chiamava Autoricambi Masini e giocava qui, ma anche al vecchio campo della Vis, tra il Bachelet e il liceo Roiti. A un certo punto sembrava dovessimo andare a giocare al Parco Urbano: il Comune iniziò mettendo giù un paio di pali da quelle parti, ma poi non se ne fece più nulla. I pali però sono ancora là”. Onestamente non ho voluto indagare, fidandomi della sensazione di affidabilità descritta in precedenza.

Foto di Sandro Chiozzi

Mentre Fabio snocciola un po’ di circostanze storiche, un altro signore – anche lui alto, ben piantato e con i capelli ingrigiti dal tempo – ci raggiunge portando un vecchio borsone di pelle blu, antiquato ma ben conservato, recante la scritta “Autoricambi Masini”. Il signore in questione si chiama Edmondo, ma tutti lo chiamano Bibi. “Pensa, questo borsone è rimasto nel garage della casa dei miei genitori per trent’anni. Lo riapro oggi per la prima volta da quell’epoca”. Mi avvicino per capire cosa riservi questa versione moderna del forziere dei pirati: il pezzo forte è senz’altro una divisa da gioco dell’epoca, accuratamente piegata e che presenta ancora qualche macchia provocata da una bella scivolata per arrivare in base. Bibi ride al momento di descrivere un paio di pantaloncini cortissimi, di stoffa pesante, che all’epoca si indossavano sotto i pantaloni lunghi per prevenire abrasioni al momento di scivolare.

La rinascita del Ferrara Baseball si deve in parte alla nostalgia, in parte ai benefici della tecnologia. Fabio ha infatti riunito buona parte dei suoi vecchi compagni creando un gruppo su Facebook: grazie a quello spazio virtuale l’entusiasmo si è fatto crescente, diventando ben presto una il propellente adatto a riempire il carburante della macchina dei sogni. Serviva però una scintilla, che poteva arrivare solamente da un personaggio fuori dalle righe come Enmanuel Herrera. Un dominicano dagli occhi verdi e dai capelli ricci che si sente a casa in un posto come Ferrara. È lui infatti l’allenatore della squadra di cui Fabio e Bibi fanno parte e che ogni due settimane disputa un turno di un campionato amatoriale chiamato LAB (Lega Amatoriale Baseball). Il lavoro di coach è solo una piccola parte dell’attività di Herrera nel baseball: il suo impiego principale è infatti quello di giocatore professionista nel Castenaso, nella 2^ divisione del Campionato Italiano. A prima vista mi colpisce molto l’approccio severo con cui allena la dozzina di giocatori che ha a disposizione. Al momento di dare indicazioni scandisce ogni parola con grande decisione, senza lesinare rimproveri anche a uomini decisamente più anziani di lui. “Averlo trovato è la nostra fortuna – mi confida Fabio – è un grande professionista e un ottimo allenatore”.

Herrera ha giocato a baseball fin dall’infanzia a Santo Domingo, la città in cui è nato. Un posto dove il baseball è preso molto sul serio e da cui provengono giocatori di altissimo profilo, spesso formati da appositi camp allestiti dalle squadre americane e giapponesi. Per sua stessa ammissione, Enmanuel non ha mai brillato particolarmente per talento: “Ricordo che i miei allenatori mi tenevano fuori, perché non ero particolarmente veloce, né preciso in battuta. Mi dicevano ‘stai lì e guarda gli altri’. Questo mi ha fatto capire quanto fosse importante lavorare sodo e darsi da fare per migliorare”. Un insegnamento che però sul breve termine non gli è servito molto: “Ho giocato per un po’ a Santo Domingo, ma a ventitre anni ho smesso per fare l’animatore in un villaggio turistico”. Fino a che non è arrivata una ragazza di Ferrara a riportare il baseball nella vita di Enmanuel, seppure in maniera casuale: “Ho conosciuto la mia attuale compagna nel villaggio e nel novembre 2004 sono venuto in Italia. Attraverso i contatti con un giornalista di Bologna sono riuscito a contattare la Fortitudo e da lì la mia carriera è ricominciata”. Bologna, Rovigo, Fermo e infine Castenaso, per un percorso lungo dieci anni. Fatto di dedizione e risultati importanti, come il record di fuori campo a Rovigo: settanta nell’arco di cinque stagioni.

Su gentile concessione di Roberto Medeot

Questo ragazzone dai tipici tratti caraibici però non ha solo una storia singolare da raccontare, ma anche una forte filosofia di vita da trasmettere a chiunque lo incontri. Me la spiega in un perfetto italiano e con un piglio assai deciso: “Sai, anche quando ero ragazzino sognavo di fare l’allenatore. Perché ho sempre amato insegnare e ho sempre pensato che l’impegno potesse sovvertire i valori del talento. Sulle maglie di una delle squadre per cui ho giocato a Santo Domingo c’era scritto ‘L’allenamento rende possibile l’impossibile’. Io la penso proprio così ed è quello che cerco di trasmettere a giovani e adulti. Prova ad andare a vedere qualche video di Jim Abbott: è nato senza una mano eppure è diventato una leggenda nel campionato più competitivo del mondo (la MLB americana). Questo dimostra che la forza di volontà è al centro di tutto”.

Il riferimento ai giovani non è casuale, perché Herrera, assieme a Fabio e alla collaborazione del CSI (Centro Sportivo Italiano) di Ferrara cura un progetto denominato “Filo Conduttore Sportivo” che ha come proposito un’integrazione delle attività di educazione fisica nelle scuole attraverso l’introduzione del Minibaseball. “Abbiamo già raggiunto una quindicina di scuole dallo scorso ottobre – mi spiega ancora Fabio – e puntiamo a coinvolgerne altre. Questa iniziativa ci sta molto a cuore, anche perché è imperniata in un’ottica di inclusione: possono giocare bambini di ogni età, a prescindere dal fatto che siano maschi o femmine ed è un ottimo modo per sviluppare diversi aspetti, sia sul piano motorio, sia su quello relazionale”. Non resisto alla tentazione di chiedere a Fabio, ma anche a Enmanuel, perché un bambino dovrebbe scegliere il baseball anziché un altro sport. Mi risponde Enmanuel: “Perché impostiamo tutto sulla verità. Per giocare a baseball non ci sono trucchi, non ci sono finzioni. Si gioca e ci si diverte perché è un gioco semplice, con regole chiare, che ti coinvolge subito in prima persona”. Per chi a scuola viene colpito dalla vocazione c’è la possibilità di continuare l’attività in due pomeriggi della settimana, sempre sotto la guida tecnica di Herrera. Al momento agli ordini del coach c’è una ventina di bambini di età compresa tra i sei e i dodici anni, ma il numero sembra destinato a crescere. Intanto disputano piccoli tornei con altre squadre junior in Emilia e nel Veneto.

Personalmente ho sempre trovato intrigante un aspetto in particolare del baseball: può essere praticato anche ad alto livello pur senza una particolare prestanza fisica. Persino nella Major League Baseball si possono vedere giocatori dall’aspetto decisamente pingue. “Certo, – mi spiega Fabio come se avessi detto che la luce del sole è chiara – perché nel baseball conta più il cervello dei muscoli, più la tattica che la corsa”. Si può anche cominciare a trent’anni, come Max, oppure crescere con la speranza di imporsi in questo sport come accade a Slavik. Slavik ha sedici anni, è originario della Moldavia e gioca prevalentemente da ricevitore (catcher). Tra le sue qualità può senz’altro vantare un’ottima vista: ha scoperto l’esistenza della squadra intravedendo le sagome di Fabio e dei suoi compagni mentre stava seduto dentro a un autobus in via Porta Catena, di ritorno da scuola. Due giorni dopo si è presentato a un allenamento ed è stato ovviamente accolto a braccia aperte, a maggior ragione perché già praticava il baseball a Pesaro, dove viveva in precedenza. A lui e agli altri ragazzi della nuova generazione spetta il dovere di raccogliere il testimone da Fabio, Bibi e il resto della vecchia guardia, con la speranza che un giorno il Ferrara Baseball possa avere una sede o magari anche solo degli spogliatoi, visto che al Motovelodromo i giocatori sono costretti a cambiarsi su panchine e sedie di plastica sotto a un gazebo. Comunque lo spirito rimane forte: “Finché possiamo – dice Bibi – andiamo avanti a giocare. Gli schemi e i movimenti sono sempre lì, dove erano trent’anni fa. Il cervello li recupera e li mette in pratica, peccato che le gambe qualche volta rimangano ferme dove sono!”. E giù una risata, prima di un altro giro di mazza: per sognare un home-run non è mai troppo tardi.

2 Commenti

  1. feliciano c. scrive:

    Trovo questo articolo particolarmente gradevole. Scorre bene nella lettura con il giusto tocco nostalgico … ma nella nostra città pulsa troppo forte l’entusiasmo per il calcio …per cui,se il bravo Orlandin me lo concede -da Perito a Perito -vorrei scherzarci su :

    Puorte o calzone cu ‘nu stemma arreto
    ‘na cuppulella cu ‘a visiera alzata.
    Passe scampanianno pe’ motovelodromo
    camme a ‘nu guappo pe’ te fa guardà!

    Tu vuò fa l’ americano!
    mmericano! mmericano
    siente a me, chi t’ ho fa fa?
    tu vuoi giocare alla moda
    ma se corri dietro a palla
    po’ te sente ‘e disturbà.

    Tu abballe ‘o roccorol
    tu giochi al basebal ‘
    ma a Ferrara ci sta solo a Spal …
    Tu vuò fa l’ americano
    mmericano! mmerican .
    Siente a me, chi t’ ho fa fa?
    L’Abbonamento alla Spal puoi solo fà .

    Si scherza…
    Felix

  2. COPRISEDILI scrive:

    Mi ? piaciuto molto. Aldo

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