La maggior parte dei ferraresi vive piazza Trento e Trieste in funzione del proprio tempo libero: gli studenti ci vanno la sera per bere birra in lattina e chiacchierare, i nonni ci portano i bambini affinché possano correre e giocare con i piccioni, gli innamorati passeggiano sul listone mangiando il gelato, le coppie sposate la domenica mattina passano in rassegna le bancarelle di antiquariato e curiosità. La piazza per tutte queste persone è un luogo di incontro e di svago, senza fretta e senza una precisa funzionalità – il gelato, lo spritz, il mercatino: sono tutti finti obiettivi, target nominali che servono solo a giustificare formalmente le ore spese a far nulla -. Per altre persone però la piazza rappresenta qualcosa di completamente diverso: è bacino di clienti potenziali, luogo di lavoro, tempo scandito dai turni, un occhio all’orologio e uno al registratore di cassa. I commessi degli esercizi commerciali affacciati sul listone lo sanno bene. Considerati poco più che comparse dai frequentatori della piazza, lavorano dove e quando gli altri si divertono.

Per capire il loro punto di vista intervisto un ragazzo che lavora a Palazzo San Crispino, libreria Ibs. Ha trent’anni, vive da solo a poco in un monolocale situato a poche centinaia di metri dal negozio, ha un gatto bianco e nero, è stato assunto nel 2007 – quando ancora dalle vetrine occhieggiava il logo della «vecchia» Mel Book -. Mi faccio raccontare innanzitutto come comincia la sua giornata.

«Di solito mi sveglio poco prima di andare al lavoro, quando riesco ad avere un po’di anticipo passo prima in Mazzini, all’ex Kiki, per la colazione. Quando arrivo in libreria la prima cosa da fare è impedire alle gente di entrare prima dell’apertura regolare. La domenica alle 10.30 di solito trovo fuori dalla porta un gruppetto di venti persone, si tratta per lo più di genitori con i bambini da pascolare. Si vede che sarebbero volentieri rimasti a casa a dormire, hanno delle facce molto più addormentate della mia, ma sono in balia dell’attivismo dei loro figli. Spesso i bambini vengono smollati l’intera mattina in libreria, distruggono tutto, sono dei piccoli dittatori. Quando si apre bisogna trattenere l’invasione di massa, far capire alla gente che dobbiamo prima portare fuori i carrelli coi libri, perché c’è sempre qualcuno che si mette in attesa di fianco alla porta e impedisce il passaggio».

Quante persone frequentano la libreria per fare acquisti e quante per passare il tempo?

«La maggior parte delle persone non compra, il giro all’Ibs arriva appena dopo il gelato, è l’ultima cosa da fare in piazza prima di andare a cena. Ci sono anche i frequentatori abituali, che vedi sempre. Ad esempio c’è un signore che viene sempre a leggere il giornale, e lo legge tenendo in mano una penna. Forse fa i giochini».

Come sono cambiati gli acquisti dei ferraresi? La crisi si sente?

«Le persone che frequentano la libreria sono sempre le stesse, sono fidelizzata, ma comprano di meno. Rispetto agli anni scorsi adesso vanno molti i cd e i dvd, costano poco e la gente è tornata a comprare gli originali. Le nuove uscite di narrativa ultimamente vanno meno. L’usato va bene, capita anche che ce lo facciano incartare per dei regali».

Come prosegue il tuo lavoro?

«Di solito passo più tempo in magazzino che in sala, c’è sempre tantissima merce che arriva e tantissima che riparte. Bisogna aprire gli scatoloni – circa 60 a settimana -, registrare i prodotti ed esporli. Bisogna preparare i resi, bipparli tutti, registrarli con la penna elettronica e inscatolarli. Durante la settimana questo lavoro si accumula e nel weekend tutto l’arretrato deve essere sbrigato, deve essere tutto pronto per la spedizione e per il nuovo carico del lunedì».

Qual’è la tua giornata lavorativa preferita?

«La giornata che preferisco è la domenica, perché appena esci di casa te ne accorgi proprio che è una giornata diversa. La piazza è vuota quando arrivo al lavoro, ci sono solo gli altri commercianti che aprono i negozi e alcuni personaggi che si vedono solo in quel momento della settimana. Ad esempio c’è un signore che va in giro in bici con il cane appoggiato nel cestino davanti. Pedala ma si interrompe sempre, ferma tutti i passanti per fare commenti ad alta voce sulla politica, «Hai visto Berlusconi che non è ancora finito in galera?», cose così. Parla a voce altissima e cerca di coinvolgere la gente, è insistente e bisogna per forza rispondergli qualcosa. E poi la domenica è il giorno in cui viene a trovarci Italo, un pensionato che ogni settimana porta a me e agli altri commessi le paste fresche, viene a farsi due chiacchiere».

Cosa pensi dei clienti del weekend? Ti capita mai di provare invidia nei loro confronti?

«Penso che i clienti siano fortunati, sono liberi di cazzeggiare e stare al sole. Potrebbero essere più socievoli. Da quando faccio il commesso mi faccio molte più domande sulla gente, ma non sempre trovo le risposte».

Cosa pensi della piazza? Che considerazioni hai fatto a proposito in questi anni di frequentazione quasi quotidiana?

«Sarà perché ci lavoro di fronte, ma a volte non me la vivo tanto bene. Di positivo c’è che dal terzo piano del palazzo abbiamo il privilegio di guardarla dall’alto, è l’unico posto da dove si può osservare il listone così, con una veduta frontale. La vera utenza della piazza sono i vecchietti che si trovano in bici al tramonto e i ragazzini che cazzeggiano sotto il Mc Donald, le altre persone la attraversano. Chi si ferma si ferma ai lati, vicino alla Torre dell’orologio o di fianco alla Cattedrale. Il gradino del listone viene usato per sedersi solo durante il Festival dei buskers, anche se chi si siede per forza di cose dà le spalle a tutti gli altri seduti. Devono arrivare i buskers per tirare fuori le potenzialità della città, che restano nascoste il resto dell’anno. E’ un po’triste che la piazza venga vissuta poco, nonostante sia il vanto di tutti. Spero, adesso che hanno finito i lavori di restauro, che questo spazio possa essere sfruttato di più».

Anche il gradino del marciapiedi della libreria, quello sotto i portici, era uno dei punti di ritrovo maggiormente frequentati dai ragazzi. Adesso hanno pareggiato il livello del marciapiedi con quello della piazza, è cambiato qualcosa?

«Non c’è più il gradino ma i ragazzi continuano a sedersi lì lo stesso, ormai è un abitudine. Come è un’abitudine chiamare la libreria “Mel”, non smetteranno mai».

Illustrazione di Simone Campana

Illustrazione di Simone Campana

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