Articolo tratto dalla Guida ai Mondiali di Someone Still Loves You, Bruno Pizzul, blog collettivo che parla di calcio (anche) senza parlare di calcio.

Che cosa passa per la testa per un giocatore negli istanti prima di calciare un rigore decisivo? Per esempio, Grosso, pochi secondi prima di battere l’ultimo rigore della finale a Berlino, per qualche secondo rimane fermo, immobile, labbra serrate in un’espressione concentrata. A che cosa sta pensando? Alla sua carriera, a come sarà festeggiare la Coppa del Mondo? Penserà agli sforzi fatti per arrivare fino a quel punto? O forse non gli verrà in mente nulla, vuoto totale, pura emozione? Forse Grosso in quel momento in cui fissa il vuoto, ha soltanto paura, ansia, eccitazione, trepidazione? Ecco, me lo chiedo sempre, che cosa pensano i giocatori nell’istante prima di diventare storia, mito, icona, me lo sono chiesto anche ieri sera, quando Van Persie si è inventato letteralmente dal nulla un gol pazzesco, uno di quei tuffi che ti vengono da ubriaco o quando sei pazzo di gioia. Che cosa avrà pensato mentre si andava a schiantare sull’erba, un secondo prima che il suo mento sbattesse sul prato e la palla scavalcasse un pietrificato Casillas? Non lo possiamo sapere, è un mistero custodito nello scrigno segreto dei giocatori e forse è giusto così.

La stessa domanda, però, me la pongo anche per tutti gli altri attori di questo folle teatro chiamato Mondiali, che va in scena ogni quattro anni accompagnato da scandali, proteste, indignazioni, esaltazioni, retorica, follia, gioia e delusioni e che abbiamo tentato di celebrare su Pizzul con questa Guida artigianale, molto fuori dal campo, praticamente parallela alla linea laterale ma all’altezza del chiosco dei gelati. Che cosa passa per la testa di un giornalista, un secondo prima di inviare il pezzo scritto in pochi minuti dalla tribuna, con la camicia sbottonata, aperta e grondante sudore? Che cosa passa per la testa di una famiglia davanti alla televisione mentre l’arbitro fischia la fine della partita? Che cosa sta pensando il gestore di un pub zeppo di persone, di tutti i tipi, mentre batte l’ultimo scontrino della serata? Ecco, il punto è che il calcio è di chi ama il calcio, mentre i Mondiali sono di tutti, che ci piaccia o no, anzi, proprio perché ci piacciono e non ci piacciono, ci portano a schierarci e dunque ad esserci. Stasera fa il suo esordio la Nazionale, possiamo dire che per noi italiani (nel senso di “popolo”) il Mondiale inizia a mezzanotte, come se fosse Capodanno ma con le ciabatte, con i tuoni dei temporali estivi al posto dei fuochi d’artificio, e mentre il cielo si illumina di notte, ci sono però anche loro, quelli che durante la partita lavorano e, molto semplicemente, la partita non riescono a guardarla. A loro cosa importa del Mondiale? Forse nulla, forse tutto, vallo a sapere, ognuno di loro ha la sua chiave che apre la porta del suo Mondiale. Abbiamo scelto, per l’ultima puntata di questa Guida parallela, una categoria imprenscidibile nel Rito della Partita, i Portapizze: senza di loro non riusciremmo a unirci davanti alla tv con birra e amici, i nostri cartoni rimarrebbero vuoti e non sarebbe davvero la stessa cosa. I Portapizze fanno parte del Rito Collettivo dei Mondiali e incarnano lo spirito trasversale dell’evento: ci sono, ma non si vedono, se non quando suonano ai nostri campanelli.

Foto di Fabio Zecchi, Lucia Ligniti e Andrea Bighi

In questi giorni siamo andati a cercare undici rappresentanti di questa categoria, i portapizze, e abbiamo realizzato un set di Figurine Panini tutto speciale: sono undici portapizze, più o meno giovani, la maggior parte disinteressati al calcio, ma inevitabilmente coinvolti nel carrozzone. Ci sono anche due portasushi, perché ormai il calcio è diventato fenomeno globale e tutti provano a tirare calci al pallone. C’è Paola, che tra una consegna e l’altra riesce anche a preparare gli esperimenti in laboratorio per il giorno dopo (fa Chimica Farmaceutica), il calcio l’annoia ma riconosce che i Mondiali hanno un loro senso. C’è Nicolò (tra le altre cose redattore di Listonemag) che ok, il calcio non mi appassiona più tanto ma la Nazionale è sempre la Nazionale, dai, «i Mondiali mi esaltano», ricorda ancora le scene di «sommossa popolare» in centro nel 2006, «sembrava che le regole fossero sospese e ogni gesto fosse tollerato»e mentre guida lo scooter gli viene in mente qualche riga da scrivere (a Nicolò piace scrivere), che «ci organizziamo i turni tra colleghi con Whatsapp». C’è Giacomo che lui invece il calcio lo adora, ha lo stemma del Milan tatuato sul braccio, «sarà una sofferenza non vedere le partite», che ha provato a chiedere di installare una tv «ma i gestori sono cinesi e non seguono il calcio» e allora se le ascolterà con la radio sovrastata dal rumore dello scooter, che ha tutte le maglie originali di Inzaghi al Milan e che quando c’è una partita, anche se non lo sai te ne accorgi lo stesso, «tutti vogliono la pizza per le 20.30 o le 21.30, all’inizio o all’intervallo, prima e dopo il deserto». C’è il sorriso perplesso ma incuriosito di Marcello quando gli diciamo di questa cosa delle Figurine Panini dei Portapizze. Ci sono Giorgio e Nikita (italiano di origini russe) tutti esaltati di finire dentro una figurina. C’è Francesco, che cerca il casco nel suo garage con la mamma che si illumina quando sente nominare Pizzul. C’è Matteo che farà ancora il portapizze per poco e poi partirà e andrà all’estero. C’è Gian Paolo, che va al lavoro con una macchina fotografica a soffietto nello zaino, c’è Diego (che per il nome si merita l’ideale numero 10) e il suo sguardo vispo, nonostante i cinquanta gradi della pizzeria che gestisce assieme alla fidanzata in un paesino di provincia. E infine c’è anche uno di noi, Pietro, redattore di Pizzul che il portapizze lo fa da anni, e ci spiega che è tutta una questione di dettagli e di voci, anche: «Sono un fattorino che è anche giornalista sportivo, e l’unico modo per seguire le partite è ascoltare alla radio, soprattutto. Il mio rapporto con il calcio è immaginato, immedesimato (perché poi sono anche radiocronista di calcio dilettante), non vedo una partita in tv da non mi ricordo più quanto tempo, sono sempre in giro a fare consegne. I dettagli mi hanno sempre colpito: non mi ricordo più se era Cucchi o Gentili, ma c’era sempre questo radiocronista che all’intervallo delle partite diceva sempre “linea a Roma per la messa in onda del Gr e delle trasmissioni di servizio”. Quel “trasmissioni di servizio” mi ha sempre colpito perché è breve, conciso ed essenziale, in fin dei conti poi si trattava delle informazioni sulla viabilità. Mentre non sopporto la deriva di termini come “fare a sportellate”, e ce ne sono tanti in radio che lo dicono. E poi mentre guido lo scooter o aspetto la consegna, è bello riconoscere la regionalità dei commenti. C’è Carlo Verna con il suo piacevole accento napoletano, Massimo Zennaro con un insopportabile cadenza veneta. E trovo inutile il commento tecnico, serve solo a  tirare avanti fino al 90° nelle partite noiose. Quando il radiocronista principale non sa cosa dire – al decimo passaggio in orizzontale nel cerchio di metà campo – passa la parola alla voce tecnica, che a sua volta apre il libro “Banalità della voce tecnica” e legge due definizioni a caso».

Sono tutti diversi, i portapizze, quindi rappresentano tutti noi stessi, il pubblico scettico o incuriosito, il pubblico a digiuno di calcio o quello appassionato e attento ai dettagli. Sono indispensabili, soprattutto, nella costruzione dell’immaginario popolare dell’evento, finendo per esserne coinvolti, ma forse, come abbiamo visto, a molti di loro nemmeno importa della partita, e mentre sfrecciano per le vie deserte della nostra città, non staranno pensando alla caviglia di Buffon ma a un esame da dare, alla litigata con la fidanzata, alle bollette da pagare o a trasferirsi a Londra, alla fine dell’estate. Prima, però, c’è questa pizza da portare, in questa strada così deserta che guidare, di sera, con il casco e il sudore che cola lungo la fronte, sembra anche un po’ più bella. Vuoi vedere che i Mondiali servono a qualcosa? Quando stasera Pirlo proverà a illuminare il gioco, ricordatevi anche che per ogni assist o rete segnata, c’è sempre un umile ma schietto recupero difensivo.

La Nazionale dei Portapizze

Nicolò (Sushi Sa – Ferrara)
Paola (Sushi Sa – Ferrara)
Giacomo (Sushi Sa – Ferrara)
Marcello (Officina della Pizza – Ferrara)
Giorgio (Albachiara – Ferrara
Nikita (Albachiara – Ferrara)
Francesco (Pizziamo, Pontegradella, Ferrara)
Matteo (Mordi e Fuggi, Ferrara)
Gian Paolo (Da Tonno e Cipolla – Baura, Ferrara)
Diego (Da Tonno e Cipolla – Baura, Ferrara)
Pietro (Il Girasole – Sant’Ambrogio di Valpolicella, Verona)

2 Commenti

  1. Spritz scrive:

    Che idea geniale! Viva i portapizze. Anche quando fuori piove e hai le balle di fieno in frigo.

  2. Filippo Landini scrive:

    Grandi, pizza express come flipper balls in town. Sono un ex porta pizza di metà anni ’90 e mi sentivo come una sorta di Corpo Diplomatico alimentare. Contro sensi, semafori rossi, zone pedonali, marciapiedi e porticati, tutto ciò era “sorvolato” dall’intrepido porta pizza. Una sera mi fu affibiato un vecchissimo Boxer Piaggio, il peggiore veicolo della scuderia, lento e poco affidabile. Quella sera un violento temporale gli diede il colpo di grazia e il Boxer mi lasciò definitivamente a piedi. Ero a Pontegradella! Pizza consegnata, dovevo tornare in Carlo Mayr. Ma il bistrattato e vecchio Boxer aveva i pedali e questo facilitò il blasfemico ritorno, altrimenti camminante, trascinandomi dietro un pesante scooter Kymco degno di Akira e Tetsuo.

Lascia un commento

Prima di lasciare il tuo commento, ricordati di respirare. Non saranno ospitati negli spazi di discussione termini che non seguano le norme di rispetto e buona educazione. Post con contenuti violenti, scurrili o aggressivi non verranno pubblicati: in fondo, basta un pizzico di buon senso. Grazie.