Cosa sapete di questo palazzo?
– Quale palazzo? Ah, questo… Ah, ma è un palazzo?! E come si chiama?
(Ragazze fuori dal Mc, 16 anni)

Aiutino: si chiama palazzo della Ragione. Secondo voi perché? Cosa poteva esserci qui prima?
– Ahh, sì, ecco, il palazzo della Regione.
(Signore anziano)

– C’era la ragioneria! No dai, assolutamente non so perché si chiama così. Siamo di Cosenza e a Ferrara ci abitiamo da cinque anni: questo per noi è il palazzo del McDonald’s. Ma ora che ce sta dentro sto palazzo? Ce vive qualcuno? Dei residenti? Ma secondo voi, un calabbbrese che ne può sapere?
(Studenti universitari in pausa pranzo)

Cosa sapete della sua storia?
– È la seconda volta che veniamo, siamo venuti a mangiarci il gelatino. Qui il sabato e la domenica è pieno così! Dall’esterno direi che ci deve essere una banca, però io lo conosco per il Macdonald. Lo conosci tu, Alberto?
– Sì, questo era il palazzo della Regione, ma era più vecchio. Hanno buttato giù il medievale, dicono che son stati i tedeschi.
– Ah sì? Non lo sapevo mica, e sì che non siamo mica distanti, abitiamo a 300 metri da qui.
(Signori anziani che mangiano il gelato)

– C’era il tribunale poi è stato bombardato nel 1944. Avevamo una trentina d’anni allora.
– E chi l’ha bombardato? Chi erano? I tedeschi no?
– Non mi ricordo. Ma te quanto vuoi per venire a vivere da me? Cucini qualcosa, mi fai compagnia…
(Signori fuori dal palazzo, seduti sulla panchina di marmo. 89 e 88 anni)

Sapete come mai è stato costruito così?
– Io non sono di Ferrara, sono delle Marche e vivo qui da 17 anni. Il palazzo è stato fatto nuovo nel dopoguerra, sarà del 1948… 1950. L’ho visto sulle foto però lo ricordo vagamente. Mi ricordo una scalinata… Non so perché lo abbiano rifatto, questo non glielo so proprio dire. Han tenuto gli archi un po’ appuntiti, ma la storia, il perché, ecco questo non glielo so dire. Volete un paio di calze? Ve le regalo, che taglia portate? Ad occhio e croce una seconda, anche perché mi sono rimaste solo seconde che ormai le calze non le tengo più.
(Signora marchigiana, una delle due proprietarie della storica Casa del Guanto)

In che circostanze è stato ricostruito? Dopo quali eventi?
– È stato bombardato, no? Io so che è stato bombardato durante la guerra, presumibilmente erano i tedeschi o gli americani che potevano essere interessati a far sparire i documenti. Direi gli americani.
(Commessa della Vodafone)

– Sembra gli si abbia dato fuoco perché c’erano gli archivi e ciò mi spiace perché storicamente andava rifatto come era prima e non così. Non è stato bombardato come tutti dicono, gli è stato dato fuoco! Ma qui bisognerebbe prima fare un discorso sull’omertà ferrarese. Il fascismo è nato a Ferrara ma molti se lo vogliono dimenticare. Infatti, dopo quindici giorni dalla guerra qui tutti erano comunisti. La vicenda come è andata la sanno, la sanno anche gli altri, è che non ve la volevano dire!
(Signore marchigiano seduto ai tavolini del bar sotto il palazzo)

 

Che il palazzo della Ragione sia un edificio particolare, non v’è dubbio. Si affaccia sul listone da un bel po’ e da lì scruta tutti: ferraresi in bicicletta, turisti assolati, studenti affamati e commercianti puntuali. Quanti, però, conoscono la sua storia?

Innanzitutto, caratteristica principale del palazzo della Ragione è di aver subito nel tempo varie trasformazioni. Le sue origini risalgono al lontano medioevo. Costruito tra il 1325 e il 1326, questo palazzo divenne l’antico tribunale dove si rendeva giustizia e si leggevano le sentenze. La struttura sorse vicino alla torre dei Ribelli, costruzione più antica risalente al 1274. Questa torre era usata come prigione e, come monito al popolo, sulle sue pareti si esponevano verso la piazza gli impiccati e le teste o i quarti dei giustiziati. Altro che Happy Meal, insomma.

In occasione delle nozze di Ercole I d’Este con Eleonora d’Aragona, il palazzo venne abbellito con fregi policromi. Poco dopo subì però un grave incendio, per cui venne completamente ristrutturato. Danneggiato dal terremoto del 1570, venne ricostruito e divenne sede del foro civile e penale, prima, e carcere nel periodo napoleonico, poi. Dopo aver dato segni di instabilità, divenne nuovamente tribunale ma con una veste completamente nuova.

È proprio il palazzo realizzato dall’architetto Giovanni Tosi tra il 1831 e il 1840 quello che vediamo nelle cartoline e nelle vecchie foto in bianco e nero, un falso gotico tale però da inserirsi con armonia nella scenografia della piazza. E quello che c’è adesso? Chi ha distrutto il precedente e perché? Quanto ne sanno della loro storia i ferraresi? Una storia che insiste sul centro pulsante della città, che è sotto gli occhi di tutti e di cui però pochi, pochissimi, sembrano conoscerne le vicende.

Il “palazzo dell’Upim”, ora “palazzo del McDonald’s”, ne ha infatti di storie da raccontare.

Il palazzo, come lo vediamo oggi, è uno degli ultimi progetti compiuti da Marcello Piacentini, che fu l’architetto ufficiale del regime fascista e che contribuì coi suoi lavori a caratterizzare l’architettura del Novecento. Sono suoi progetti l’Eur e la Città universitaria a Roma, per intenderci.

Convinto sostenitore del razionalismo, Piacentini ridisegnò la superficie del vecchio palazzo, mantenendone il volume e il vago ricordo del loggiato con le sue arcate a sesto acuto. L’attuale costruzione, che comprende l’ampia Galleria Matteotti, fu realizzata dunque tra il 1954 ed il 1956 sulle macerie dell’ottocentesco palazzo della Ragione. Il nuovo edificio venne da subito fortemente contrastato, tanto che Bruno Zevi, storico e critico di architettura, lo definì senza mezze misure “lo stupro di Ferrara”. Piacentini ripropose un modello di palazzo ad uso commerciale – come poi era stato anche in passato fino al 1830, con l’edificazione nel tempo di veri e propri fabbricati – e nel nuovo palazzo trovarono infatti sede negozi, uffici e, fino al 1994, i magazzini dell’Upim.

Ok, ma perché Piacentini fu incaricato a ricostruirlo? Ricostruirlo da cosa? Molti ferraresi pensano che il palazzo sia stato distrutto dalle bombe dell’aprile del 1945, ma non è così. È da qui, infatti, che nascono i maggiori fraintendimenti sulla vicenda, certamente di non facile ricostruzione poiché avvenne sotto gli ultimi bombardamenti prima della Liberazione. Ed è da qui che, come in un quiz alla televisione, si aprono quattro possibili risposte:

A. Il palazzo della Ragione è stato bombardato

B. Il palazzo della Ragione è stato incendiato per mano dei tedeschi

C. Il palazzo della Ragione è stato incendiato dai fascisti

D. E se fossero stati i partigiani?

Per gentile concessione di Leopoldo Santini

Molti ferraresi pensano che la causa della distruzione del palazzo sia stato un bombardamento. Nella notte tra il 22 e il 23 aprile del 1945, infatti, caddero delle bombe anche nella vicina via San Romano, che danneggiarono sicuramente in parte l’edificio. Il palazzo della Ragione fu però incendiato. E perché gli han dato fuoco? Ecco, questa è la parte più interessante della storia, che va a colpire alcuni aspetti della Storia locale. Per ricostruirla, chiediamo l’aiuto a Francesco Scafuri, dell’Archivio ricerche storiche di Ferrara e ad Anna Quarzi, direttrice dell’Istituto di storia contemporanea.

Nel suo libro “Per non dimenticare”, lo storico Luciano Maragna afferma che «il 22 aprile 1945, gli ultimi tedeschi rimasti in città, oltre ad aggredire le persone, incendiarono il palazzo di Giustizia, che andò completamente distrutto. Le fiamme bruciarono l’Archivio degli Atti Civili e Criminali. Anche l’Archivio Notarile andò interamente in fumo […]». Gli ultimi tedeschi? E perché non i fascisti? Come spiega Francesco Scafuri, la versione dell’incendio per mano dei tedeschi non è univoca. «C’è chi sostiene che era meglio fare sparire i documenti compromettenti e ciò è probabile. Penso però avessero più interesse a distruggerli i repubblichini piuttosto che i tedeschi, siamo nel pieno di una dittatura».

Il palazzo della Ragione conservava dunque gli atti notarili, l’archivio delle sentenze comminate dai tribunali durante il ventennio, e le sentenze per reati politici emesse dal Tribunale Speciale. Chi poteva avere interesse a cancellare nomi e atti, nella speranza di alleggerire la propria posizione dopo la guerra? «Ci sono quattro vulgate in tutto, quattro modi di immaginare come siano andate le cose – afferma Anna Quarzi -.  Io sono per la vulgata che dice che furono i fascisti e non i tedeschi. Tutti i documenti del periodo fascista non si possono più trovare perché furono incendiati.

A sostegno a questa tesi, anche Emilia-Romagna, Editalia, 2007, che alla voce ‘Ferrara’, curata per l’800 e il ‘900 da G. P. Testa recita “(…) Al posto del vecchio Tribunale, che era stato dato alle fiamme dai fascisti in fuga, fu costruito un palazzo che fece gridare allo scandalo Bruno Zevi, il quale affermò che era stata deturpata una delle più belle piazze d’Italia (…)”.. La situazione era folle, perché la settimana prima della Liberazione i fascisti che si ritrovarono al teatro Verdi pensavano ancora di vincere la guerra. A dieci giorni dal 25 aprile si parlava ancora di rovesciamento delle sorti. Man mano che si avvicinano gli alleati, però, la situazione cambiò. Gli americani il 24 erano già alle porte della città, e i tedeschi stavano già scappando da giorni. Questa vulgata popolare parla di fascisti che volevano nascondere le cose e far sparire i documenti».

Il clima di incertezza di quelle ore presenta un’altra ipotesi, ovvero quella dell’incendio sì, ma appiccato dai partigiani. Se ne parla in una relazione della Federazione ferrarese del Pci ai compagni della Federazione comunista di Ravenna, sulla situazione della città di Ferrara e Provincia al 26 Aprile e presente in La Resistenza a Ferrara, 1943-1945, volume edito da Clueb nel 1980, curato dalla stessa Quarzi assieme a Delfina Tromboni, responsabile del Museo del Risorgimento e della Resistenza. «Tendo ad escludere quest’ultima ipotesi poiché anzi questa fazione aveva tutto l’interesse nel mantenere quei documenti – spiega la Quarzi -. In questa relazione si parla di “presenza di elementi affluiti all’ultimo momento, tra i quali non si esclude possano esserci individui di dubbia fede”, quindi nel caso sempre collaborazionisti fascisti e non partigiani».

Chiedo ad Anna Quarzi un’ultima cosa. Quanta dimenticanza c’è, consapevole o meno, da parte dei ferraresi nei confronti della propria storia? Perché ci si confonde? Si tratta di una generale disattenzione o c’è dell’altro?

«Noi ferraresi non abbiamo mai fatto i conti con la nostra storia e con le nostre responsabilità. L’animo psicologico e sociale delle persone era quello di una forte volontà ad assolversi, è l’idea del cattivo tedesco e del bravo italiano. L’idea, in fondo, che quel che è successo non dipendesse da noi. Credo non si sia voluto elaborare quel lutto che è stata la guerra, si è preferito dimenticare, in tutti i sensi. La mia generazione era sicuramente più politicizzata nello studiare questa parte di storia, mi auguro che i giovani storici possano analizzarla in maniera più scevra, con onestà intellettuale rispetto alle diverse fonti messe in relazione».

Per dirla con una parola, con Ragionevolezza.

10 Commenti

  1. Elisa scrive:

    Grazie per questa lezione di storia. 🙂 Nessuno era mai riuscito a rispondere a questa domanda, anche se non capisco perché abbiano optato per questo design così estraneo alla piazza.
    Buona giornata a tutti!

    • Anja Rossi scrive:

      Grazie a te, Elisa. Se ti riferisci al palazzo, ti riporto questo passaggio tratto dal volume Itinerari di Ferrara moderna di Lucio Scardino, che può forse far capire le intenzioni di questa opzione controversa per molti. “Lo scandalo – Scardino qui parla del palazzo ristrutturato da Marcello Piacentini – nasce dalla circostanza che l’architetto anziché ricostruire il Palazzo della Ragione ‘ com’era e dov’era ‘, volle totalmente riprogettarne l’impianto, pur conservandone una vaga idea nel prospetto […]. Si riallacciò così alle idee di risanamento dell’attiguo quartiere di San Romano, delineate negli anni ’30 da Florestiano Di Fausto […]”.
      Vinse al tempo una voglia di “innovare” la piazza, seguendo un progetto iniziato tra l’altro già prima della guerra nella vicina zona di San Romano. Probabilmente, l’idea di Piacentini (scelta dall’amministrazione comunale del tempo) era quella di renderla più moderna, pensando anche ad un palazzo che avesse un maggiore sviluppo commerciale e non solo un’aura monumentale-celebrativa. Fu però un approccio architettonico che non ebbe altri seguiti e il palazzo rimase così uno dei pochi elementi di contrasto con l’estetica della piazza.

  2. Marco M scrive:

    E brava Anja, bellissimo articolo e bellissima radiografia di questa città … immobile!

  3. Feliciano C. scrive:

    Complimenti per l’articolo.
    Mi permetto di inserire un link nel commento .Nulla di che ,semplice cronologia spicciola. Ma a mio avviso quelle poche righe che riguardano il periodo dal 19 aprile 1945 al 2-4 ottobre 45 ,riassumono con chiarezza le frasi riportate dalla giornalista «Noi ferraresi non abbiamo mai fatto i conti con la nostra storia e con le nostre responsabilità.» e a seguire «si è preferito dimenticare, in tutti i sensi.»
    Fin troppo in fretta …aggiungo io .
    E negli atti (seppur deprecabili) dei partigiani,a guerra ormai terminata ,sembrerebbe proprio che il loro procedere,contrario ad ogni forma che riconduca alla qualità dell’agire con equilibrio,
    -per intenderci -ciò che la sig.ra Rossi pronuncia con il nome di “ragionevolezza”, vi si possa riconoscere una esplicita corsa alla giustizia sommaria, probabilmente nella consapevolezza che molti crimini perpetrati dai fascisti (per i motivi citati sopra )non avrebbero avuto la corretta attenzione e che tutto si sarebbe risolto sfruttando tutte le possibili ambiguità del diritto ,magari utilizzando persone (abili avvocati ) per sottrarsi al giudizio …come poi è avvenuto ,tra spostamenti di processi e varie amnistie .
    Scusatemi,questa è una mia personale interpretazione di quel periodo storico…ma la verità ,forse , sta nelle frasi di Littword : “la guerra genera solo vinti, e dona ai perdenti l’illusione di creare dei vincitori.”
    saluti
    felix

    http://www.alterhistory.altervista.org/Italia/City/estrazionecity.php?inizio=1926&fine=1950&nomecampo=ferrara&ante1000

  4. Giovanna scrive:

    Grazie per questo stralcio di storia, non sono nativa di Ferrara, ma le storie di una volta, mi affascinano e mi interessano molto grazie Gio

  5. Un tizio scrive:

    Bel pezzo Anjuska! …. ma quindi è un palazzo?

  6. Sconosciuto/a scrive:

    Buonasera Anja,
    guarda la tua mail!

    Ti ho scritto ma temo di esser stato bloccato/a dal filtro anti spam!

    Ottimo articolo! Ben costruito e con un respiro frizzante ma allo stesso tempo consistente!

    Buona serata!

  7. Alessandro Romani scrive:

    Il palazzo della Ragione non venne incendiato prima della liberazione ma dopo. A suffragio di questa mia affermazione c’è la famosa foto della fanfara inglese che suona davanti al palazzo che ancora non porta alcun segno di incendio. Assodato questo chi aveva in mano la situazione dopo il 23 aprile? Chi aveva tutto l’interesse a far sparire documenti imbarazzanti per la propria carriera futura? In pratica chi aveva ultimamente cambiato sponda dopo 20 anni della fascistissima Ferrara?

  8. Florio Piva scrive:

    Il Signor Alessandro Romani ha ragione! Oltre alla foto della fanfara inglese, cliccando su immagini di Ferrara Eventi, ve ne sono tante altre con i militari inglesi assieme ai ferraresi in festa,.In diverse inquadrature si vede il vecchio Palazzo della Ragione ancora intatto.
    Poi, aldilà di tutto, io personalmente l’ho visto bruciare tra fiamme altissime che uscivano dalle finestre, e questo dopo l’entrata degli inglesi in città. Scoprire chi è stato ad appiccare il fuoco mi sembra ormai impossibile. Comunque i tedeschi no di certo! Di essi non ve ne era più traccia da diversi giorni: Ma ormai a chi e a che cosa serve saperlo? Per la storia? Ebbene si dica la verità: non si conoscono gli autori e quindi non si sospetti e non si incolpi nessuno.

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