Spesso quando si ha a che fare con un’opera d’arte, si tende a immaginare la stessa necessariamente inserita in un circuito chiuso di diffusione, rivolto a pochi eletti, o all’interno di un sistema, aperto a tutti, ma nel quale inevitabilmente la potenzialità artistica risulta predefinita e dunque depotenziata. È la grande questione, irrisolta, di come l’arte possa sopravvivere in un mondo come quello tecno-capitalistico che tende a informare di sé ogni aspetto della vita degli uomini, a spegnere la sua carica “sovversiva” essenziale, il suo mostrare l’alterità implicita nel reale. Dal 2007 il magazine on-line di arte contemporanea “Frattura scomposta”cerca di rispondere a questo interrogativo con il progetto nazionale itinerante “Aliens – le forme alienanti del contemporaneo”, il quale da oggi, fino al 27 settembre prossimo fa tappa a Ferrara, alla Casa Ludovico Ariosto, dopo essere stato in diverse città, tra le quali Lecce, Milano e Bologna.

Alessio Bolognesi, artista ferrarese, è il trait d’union tra il magazine e la nostra città. Con Giovanna Lacedra, Vania Elettra Tam (caporedattore) e Sergio Curtacci (editore) è, infatti, tra i curatori del progetto promosso dalla Regione Emilia-Romagna e dal Comune di Ferrara. Un ricco programma che occuperà interamente l’estate ferrarese, e che vede oggi alle 18 l’inaugurazione ufficiale con due eventi di rilievo. La prima delle tre mostre, innanzitutto, con ventidue artisti – locali e non, ma tutti di fama internazionale – per proporre, ognuno con le proprie opere, un significato, uno spunto al tema dell’alienazione contemporanea e all’arte come risposta a questo problema. Questi gli artisti che troverete in parete: Vittorio Comi, Marianna Gasperini, Anna Turina, Tina Sgrò, Florencia Martinez – Angela Trapani, Anna Muzi, Antonio De Luca, Annalu’, Silvio Porzionato, Roberta Serenari, Vanni Cuoghi, Anna Madia, Marcella Bonfanti, Ketty Tagliatti, Cristina Iotti, Marica Fasoli, Elisa Anfuso, Francesca Marzorati, Marina Mancuso, Silvano Santi e Luca Zarattini. A seguire, la prima assoluta della performance di Gio Lacedra “EDGE | Ultimo Ritr-Atto”, ispirato e dedicato a Sylvia Plath, scrittrice morta suicida l’alba dell’11 febbraio 1963.

Foto di Lucia Ligniti

Ho avuto l’onore di assistere, mercoledì, a una fase dell’allestimento della mostra, accompagnato da Vania Elettra Tam. «L’artista – riflette Vania – è da sempre alieno, è per sua natura alieno», fa quindi parte della sua natura “estraniarsi” dalla realtà intesa come datità, dal conformismo coatto del Potere in tutte le sue forme. Una mostra che sicuramente colpirà il pubblico ferrarese, lascerà segni. Sono opere che rimangono, che portano chi le ammira a confrontarsi con esse, a non rimanere indifferenti a ciò che esse sprigionano. Cosciente di far torto – seppur in buona fede – a molti, mi sento di citare in particolare tre opere di altrettante artiste, tra quelle esposte: Elisa Anfuso, “Estasi e vacuità (di tutte le cose visibili e invisibili)”, olio su tela, 80×120 cm; Anna Madia, “Circle”, olio su lino, 22×32 cm; Roberta Serenari, “NEW ANGEL – gold”, olio e oro su tela incollata su mdf.

La riflessione sul ruolo dell’arte nella società attuale nel caso di “Aliens” prende le mosse da un testo fondamentale del Novecento, “L’uomo a una dimensione” di Herbert Marcuse, uscito nel 1964. In esso il filosofo tedesco – all’interno del più largo ragionamento riguardante un sistema privo di sbocchi com’è quello Occidentale avanzato – spiega come l’arte, oggi, non costituisca più un’altra dimensione della realtà, un’antitesi alla realtà stabilita, come ogni linguaggio trascendente sia insomma disinnescato alla radice. L’alienazione artistica, infatti, per Marcuse rappresenta una forma di alienazione superiore, una trascendenza autentica, non ideologizzata della realtà. L’arte, infatti, mantiene la tensione tra il dato e l’Oltre, permettendo di leggere la realtà a un livello più profondo.

Prima dell’avvento della società di massa capitalistica, la letteratura e l’arte per Marcuse «erano essenzialmente alienazione; esse alimentavano e proteggevano la contraddizione, la coscienza infelice del mondo diviso, le possibilità frustrate, le speranze non realizzate, e le promesse tradite. Erano una forza razionale, cognitiva, volta a rivelare una dimensione dell’uomo e della natura che era repressa e respinta nella realtà. La loro verità stava nell’illusione evocata, nel loro insistere a creare un mondo in cui il terrore della vita era richiamato e sospeso, dominato da un atto di ricognizione».

Vale la pena, dunque, di seguire in questi mesi gli eventi legati al progetto “Aliens”. Le opere e le performance proposte da più di settanta artisti sono un tentativo, ambizioso e dunque molto rischioso, di dimostrare che è ancora possibile un’arte che mantenga il suo essenziale potere contraddittorio. «Dare un nome alle “cose assenti” significa spezzare l’incanto delle cose che sono; significa, inoltre, far entrare un ordine di cose differente entro l’ordine stabilito», dice sempre Marcuse nell’opera citata. Chiunque sia ancora interessato a questa sfida, è invitato a partecipare e a interagire con questi “alieni” e con le loro opere.

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