Gli occhi di chi si emoziona cantando non riescono a non chiudersi per un istante. Allo stesso modo risponde lo sguardo di chi ascolta. Partiamo dall’inizio, anzi dalla fine. Riavvolgiamo il nastro a ritroso anche se, per quanto si parli di musica, le cassette e il loro fruscio siano ormai fuori moda. E partiamo da un omaggio a noi, da parte dei ragazzi della band ‘Down the Rabbit Hole’, in un pomeriggio di qualche giorno fa, nei giardini di palazzo Schifanoia, al termine della nostra intervista. Una breve esibizione dal vivo tanto semplice nella composizione quanto intensa nell’impatto ed evocativa nel titolo. ‘Clouds’, non per nulla ispirata, per loro stessa ammissione, a ‘Le nuvole’ di Fabrizio De André. Il timbro limpido della voce di Alice si muove sul tappeto acustico disegnato dalla chitarra di Mattia. Il modo più insolito e più piacevole per concludere una conversazione cominciata un’ora prima sul ruolo sociale della musica.

La band ferrarese ‘Down the Rabbit Hole’, composta da Alice Pisano alla voce, alla chitarra e al piano, da Mattia Bellettati alla chitarra e alla voce, da Enrico Gamberoni al basso, da Chiara Scaglianti alla tastiera, e da Francesco Gessi alla batteria, ci apre le porte del suo mondo. Il percorso artistico del gruppo, formato nel marzo del 2013, è già scandito da numerose tappe. Intanto, la vittoria al concorso per band emergenti ‘RockaFe’ nel giugno dello scorso anno a Malborghetto, e quella alla ‘Fiera della musica’ di Azzano Decimo (Pordenone), nel successivo mese di luglio. Poi c’è la semifinale al ‘Controradio Rock Contest’ di Firenze, nel novembre del 2013. E un altro primo posto, lo scorso maggio, al ‘Music Heroes Festival’ di Molinella. Il presente racconta l’approdo alla semifinale nazionale del ‘Pistoia Blues Festival’. Nel frattempo, oltre all’uscita del primo videoclip ‘Step by step’, la band è alle prese con la realizzazione dell’album.

Come è nata l’idea di formare il vostro gruppo?

Mattia: «L’idea è partita da Giacomo Bazzani, il nostro primo batterista che suonava con me nella ‘Big Solidal Band’, una tribute band dei Blues Brothers. Da lì, l’incontro con Alice e la formazione del gruppo insieme a Enrico. Adesso Giacomo vive a Brighton per via della sua esperienza al Bimm. E a sostituirlo c’è Francesco. Infine è arrivata Chiara».

C’è un artista o un genere musicale di riferimento?

Alice: «Pur non avendo suonato insieme prima di formare il gruppo, ognuno di noi proviene da esperienze musicali diverse come il pop o il folk. Quindi è difficile descriverci con un genere».

Mattia: «Siamo un misto fra tante cose, ognuno di noi risente delle proprie influenze e pertanto non ci piace catalogare il nostro lavoro con un’etichetta».

A cosa si deve la scelta del nome?

Alice: «Il richiamo è al primo capitolo di ‘Alice nel paese delle meraviglie’».

Mattia: «La ‘tana del coniglio’ simboleggia il passaggio nel mondo del fantastico, ma rappresenta anche un modo per raccontare il nostro suono, semplice e ‘legnoso’».

Chi scrive i testi dei brani?

Alice: «Siamo io e Mattia a scrivere i testi, a turno».

Come nasce l’ispirazione per scrivere un pezzo? Prevale più un vostro lato istintivo o razionale?

Alice: «Direi entrambi i lati».

Come mai avete scelto di usare la lingua inglese?

Alice: «Trovo che sia più scorrevole e più musicale».

Pensate che a fare breccia su chi vi ascolta sia più il contenuto dei testi o la qualità del suono?

Alice: «Speriamo sia i testi che il suono».

Foto di Claudio Furin

Richiede più impegno suonare dal vivo o registrare?

Francesco: «Suonare è sempre bello. Io mi trovo a mio agio sul palco. L’aspetto più difficile per una band che si autoproduce è quello dell’organizzazione e della pubblicità».

Dove fate le prove?

Mattia: «Affittiamo una sala a Ferrara. Per scrivere i brani, invece, usiamo la casa di Alice».

Venerdì 9 maggio è uscito il vostro primo videoclip, ad opera del regista Stefano Poletti. Dove è stato girato?

Alice: «In un bosco vicino Parma»

Le immagini raccontano il vostro brano ‘Step by step’. Quanto ricalcano l’ispirazione che ha vi ha spinti a scrivere il brano?

Mattia: «Il senso del video riprende il messaggio della canzone. C’è il concetto della ricerca, ma anche l’importanza delle singole identità, dello scambio fra le diverse parti che compongono un gruppo.

Cosa ricordate del videoclip?

Mattia: «Per rendere l’atmosfera più sognante il video è stato girato in slow motion».

Enrico: «In quella occasione quindi abbiamo suonato su una traccia velocizzata».

C’è un vostro concerto che vi ha impressionato per l’ampio numero di spettatori presenti?

Enrico: «Se penso all’energia del pubblico, mi viene in mente l’esibizione al concorso per gruppi emergenti alla ‘Fiera della musica’ di Pordenone dello scorso anno».

E uno in cui avete suonato per pochissime persone?

Mattia: «In una recentissima selezione per il ‘Pistoia Blues Festival’ abbiamo suonato solo davanti ad altri musicisti in concorso. In un certo senso, un modo per confrontarsi con altri addetti ai lavori».

Quanto c’è di ferrarese nel vostro mondo musicale?

Mattia: «La cultura musicale che abbiamo è esterofila. Se penso al legame con la città, posso farti riferimento alle esibizioni acustiche a cui assistevo soprattutto nei primi anni del ‘Ferrara Buskers Festival’».

Che rapporto avete con internet e i social network?

Alice: «I social network sono un’opportunità per promuovere il nostro lavoro, quindi rappresentano un vantaggio per le band che mirano ad aumentare il bacino dei propri ascoltatori».

Francesco: «Un lato negativo è che magari prima era più frequente vedere emergere band che puntavano sulla qualità. Oggi c’è molta più offerta e gli ascoltatori si trovano di fronte a scegliere fra tante cose proposte, con una inevitabile diminuzione della qualità».

Qual è la vostra opinione sui talent-show?

Alice: «Non è il nostro mondo. Li vedo come una sorta di competizione sportiva dove a essere valutata è la tecnica».

Mattia: «E poi non hai la possibilità di fare ascoltare la tua roba».

Qual è la vostra definizione di musica?

Alice: «Per me è tutto. Una fonte di consolazione, una valvola di sfogo. Fino a pochi anni fa pensavo di studiare medicina, ma ho capito che non avrei potuto fare a meno della musica».

Francesco: «La vita. La guida che rimane dopo la rottura sentimentale».

Chiara: «Un modo per far fuoriuscire tutto quello che non si riesce con il parlato».

Mattia: «Un mezzo comunicativo. Essere musicista non credo sia conciliabile con altro».

Ultima domanda. Qual è il complimento più bello che avete ricevuto?

Alice: «La vostra canzone mi ha commosso».

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