Sei proposte per il rieletto Sindaco Tagliani e la Giunta che verrà, sei proposte per i cittadini, per la partecipazione e l’uso degli spazi pubblici.
Amministrare la città passa anche da queste scommesse, sulle quali se qualcosa si è mosso negli anni precedenti bisognerà investire perché diventi il centro delle politiche dei prossimi anni. È l’inizio di un lungo elenco che può diventare partecipato ed ampliato, spunti sparsi su cui lavorare e riflettere insieme.

1. Cultura nelle periferie
Ferrara offre ormai un mare di opportunità, eventi, mostre ed incontri pubblici. È una città viva agli occhi di un passante così come di un turista che arriva in città solo per un giorno, ma non può più limitare la sua offerta al Centro Storico. Le periferie sono le piazze di domani, il luogo dove migliaia di persone vivono ogni giorno e magari ancora non conoscono il proprio vicinato. Creare spazi di aggregazione e renderli vivi e partecipati è la scommessa più urgente perché la cultura a Ferrara non sia solo appannaggio di pochi e diventi il più possibile inclusiva. Biblioteche, spazi verdi, piazze attrezzate che già magari esistono necessitano di essere protagoniste di iniziative di interesse più ampio. Non è vero che gli eventi più importanti debbano per forza essere in centro per essere partecipati: non siamo la città delle biciclette? Ci sposteremo di qualche centinaio di metri se necessario.

2. Partecipazione
A cosa serve allestire mostre, proporre proiezioni, rassegne, mercatini, incontri e presentazioni se poi ci sono sempre le solite persone presenti? Fare caso al pubblico presente a molti eventi cittadini è desolante: ci sono gli organizzatori, gli amici degli organizzatori, i parenti degli organizzatori, gli scrocconi del buffet, i giornalisti di passaggio in cerca del comunicato da portare a casa. Se non si può pretendere di creare interesse su ogni argomento oltre la sua naturale portata almeno si deve provare ad informare i cittadini dell’esistenza di questi momenti. Dovrebbe essere compito del Comune sostenere, promuovere e reclamizzare il più possibile le piccole realtà associative, artistiche, culturali e musicali, dandogli spazio perché possano raggiungere la maggioranza dei cittadini ed informarli. Troppo spesso si sente dire: non lo sapevo, ma era ieri? La frase “A Ferrara non c’è mai nulla da fare” è ormai obsoleta e retorica ma troppi ancora non sono minimamente a conoscenza di quello che viene proposto ogni giorno in città. Non possiamo accontentarci dei grandi festival affollati: la cultura passa anche dal quotidiano e dai cittadini che vivono la città 365 giorni all’anno. Le piccole realtà senza attenzioni della loro città muoiono.

3. Agevolazioni e bandi europei
Quanti nostri concittadini sono realmente in grado di partecipare a bandi europei o di ricevere agevolazioni e fondi di qualunque tipo quando sono disponibili? La padronanza di questi argomenti richiede una preparazione tecnica specifica che di fatto scoraggia la partecipazione e limita la creatività o le possibilità imprenditoriali anche dei più volenterosi. Dovrebbe essere compito del Comune creare un punto informativo che accompagni associazioni e giovani nella costruzione di progetti per avere accesso a risorse economiche e al contempo sia riferimento burocratico e legale per ogni aspetto necessario. Deve poter essere semplice per un ragazzo con un’idea in testa sapere quali passi compiere per realizzarla nella propria città, senza essere seppellito da adempimenti burocratici. Se non ci diamo una mossa in tal senso i fondi messi a disposizione ogni anno andranno ad altre città, ad altre idee.

4. Spazi condivisi
Le recenti esperienze di Wunderkammer, Ferrara Off, Spazio Grisù non possono e non devono diventare appannaggio di pochi fortunati che hanno la fortuna di farne parte a vario titolo. Il recupero di spazi dismessi o l’utilizzo di locali pubblici è positivo per tutti ed è importante che questo messaggio sia chiaro: un luogo che non cade a pezzi e torna ad essere vivo in gestione ad una o l’altra associazione è un luogo che domani torna ad essere della collettività. Un luogo dove trovarsi per una conferenza, per frequentare un corso di formazione, per ascoltare un gruppo musicale o festeggiare un avvenimento. Puntare su questo tipo di recuperi è affascinante e complesso ma non deve perdere di vista l’obiettivo della collettività, della restituzione dello spazio migliorato ai cittadini. Le idee creano valore aggiunto a luoghi che hanno esaurito il loro compito in altre epoche ma sono gli spazi di domani, da sfruttare e valorizzare lasciando talvolta sia il pubblico stesso a suggerirne i modi.

5. Assemblee pubbliche
Lo strumento dell’assemblea pubblica, del dibattito aperto ai cittadini deve diventare sempre di più il mezzo più efficace per mettere sul piatto nuove idee ed energie. Coinvolgere forze nuove è importante e necessario e gli strumenti per farlo non mancano di certo. Diventerà centrale avere uno strumento per raccogliere opinioni ed idee su alcuni argomenti di interesse pubblico. Torniamo nelle piazze, nei quartieri, discutiamo intorno ad un tavolo di come vogliamo la Ferrara di domani ma sfruttiamo la rete per condividere e raggiungere più persone possibili in maniera facile e veloce. Basta con le assemblee legate ai partiti, con gli inviti interessati che coinvolgono solo una fascia di persone. Chi amministra la città deve poter coinvolgere i propri cittadini in maniera trasversale alle opinioni politiche, alla religione, al sesso o all’età. Troppo spesso vediamo dibattiti su temi di interesse generale organizzati in sedi di partito, in circoli privati, in piccoli luoghi dove i più riservati non si presenteranno mai anche quando avrebbero qualcosa di importante da condividere, o mai lo farebbero per la fazione politica opposta alla loro. Ferrara è di tutti e bisogna trovare spazi di discussione collettivi e partecipati su temi importanti per la comunità: basterebbe partire ascoltando quali sono i bisogni più semplici e primari, agendo per risolvere quelli, magari piccole necessità quotidiane ma importanti per la qualità della vita di molti.

6. Turismo
Ferrara vista da fuori è sempre bellissima e piena di iniziative per i propri cittadini, ma chi genera un indotto economico nel settore turistico sono soprattutto quei visitatori che non la vivono tutto l’anno. Dovrebbe essere di primaria importanza riportare Ferrara al centro dei percorsi guidati che fanno tappa a Bologna e Venezia, investire sulla promozione del territorio all’estero, mettere in luce la qualità della vita, del cibo e degli scenari naturalistici che offre questa terra. Non basta aprire un portale per pensare di aver assolto questo compito, non basta una card museale per attrarre più turisti se non sanno che esiste Ferrara. Gli hotel chiudono, i grandi eventi culturali e musicali generano sempre di più un turismo mordi e fuggi di famiglie che abitano a meno di 100km da qui. C’è tutto un mondo fatto di crociere, tour guidati, turismo termale o della terza età da coinvolgere. C’è il turismo enogastronomico e quello sportivo su cui lavorare in termini di offerta in città e di promozione sopratutto fuori dall’Italia.
Più in generale bisogna investire in comunicazione, bisogna raccontare Ferrara a chi non c’è mai stato e non la conosce, bisogna portarla all’attenzione di chi vive a migliaia di chilometri da qui e perde la testa per i borghi rinascimentali italiani, che prenderebbe tre aerei pur di scoprire mete nel Belpaese diverse dalle solite grandi città. E non è mettendo una foto su twitter del Palio o di una salama da sugo su Facebook che raggiungiamo lo scopo altrimenti finiamo per cantarcela e suonarcela tra di noi. Bisogna andare nei posti dove il turista si informa, valuta e sceglie la sua prossima meta. Dobbiamo essere lì, essere appetibili ed interessanti, farci trovare pronti e bellissimi come in fondo sappiamo di essere.

4 Commenti

  1. Andrea Sogari scrive:

    Molto bello.
    Aggiungerei al punto 6 anche la valorizzazione del rapporto con Mantova attraverso l’asse fluviale Mincio-Po; una proposta alternativa ai grandi nomi del turismo italiano ma di sicuro impatto.

  2. Giorgio Nenci scrive:

    Gentile avvocato Tagliani, Sindaco di Ferrara, ho letto le Sue bellissime intenzioni, ma se le proposte vengono accolte alla maniera di quella che feci al dottor Maisto diversi anni fa ( una mostra dello scultore ferrarese Enzo Nenci, che sarebbe ritornato nella città estense, dopo la mostra del 1984 a Palazzo dei Diamanti – trent’anni fa- e di mezzo il cambio generazionale), tutto rimarrà un bel sogno. Il bello è che sarebbe una mostra che costerebbe poco e attirerebbe l’attenzione di amanti dell’arte non solo di Ferrara ( ad oggi di Nenci sono state curate una ventina di mostre antologiche nei più importanti musei d’Italia). Cordiali saluti, e buon lavoro. Giorgio Nenci

  3. Marco Pavanelli scrive:

    Gentile Eugenio,
    con tutta l’immodestia del caso, penso che la sua analisi dell’attuale situazione culturale ferrarese sfiori solo in parte l’entità vera del problema; penso, come cercherò di illustrare, che sia l’impostazione di fondo – la speranza in un intervento regolatore dall’alto, quasi una demiurgica calata dal municipale empireo che riporti infine ordine al caos – a falsare l’ottica da cui focalizzare i problemi e la prospettiva nella quale elaborare delle risposte a quella crisi o, meglio, a quell’assenza che viviamo. Assenza che, sia chiaro, non è un vulnus dell’unica Ferrara, ma riguarda la quasi totalità d’Italia tutta (penso, ad esempio, alla Roma in cui mi trovo, da sei mesi a questa parte, a vivere).
    Lei sostiene che la nostra storica onnipervasiva frase “a Ferrara non c’è mai nulla da fare” si sia pressoché resa obsoleta, e che “Ferrara offre ormai un mare di opportunità, eventi, mostre ed incontri pubblici”; ma, mi chiedo – ammesso e non concesso che questo sia vero, perché a me il clima, il livello di dette opportunità continua a risultarmi alquanto desolante – può una ipotetica saturazione di eventi coprire la vera entità dell’assenza? È riempiendo lo spazio di una pletora di incontri e presentazioni e vernissage et simila – che, ripeto, rimangono per me spesso culturalmente scadenti, e che lei stesso ammette essere frequentati sempre e comunque dalle medesime persone – che si risolve il problema, vero, che a Ferrara manca uno spazio vivo in cui persone corpi idee si incontrano si scontrano parlano vivono mangiano interagiscono? Uno spazio in cui finalmente la cultura non è solamente fruita, propinata a uno sparuto gruppo di intellettuali chic, quali noi ferraresi ci compiaciamo, con la solita boria, di essere, una cultura servita come al ristorante, un simpatico contorno, un riempitivo per la noia, una distrazione per pochi, ma una cultura che, in questo vivo e vivente spazio, è creata elaborata prodotta diffusa decisa insieme, nel libero scontro e scambio dei cittadini che, come nell’agorà greca, si gettano nella mischia, attivamente, per costruire, per far vivere la città. La lamenta anche lei, se non erro, l’assenza di centri culturali nelle periferie; ma – e qui credo risieda il suo errore – non è invocando l’intervento risolutore di qualche illuminato sindaco o consigliere comunale che si può imporre la vita a uno spazio, la riscoperta della socialità alla persone, la cittadinanza ai cittadini. La cittadinanza (concetto che dovrebbe essere attivo, non passivo, perché è cittadino solamente, alla fine, chi il cittadino fa, chi agisce e costruisce e contribuisce a costruire la città, a estendere i diritti, a contagiare con pratiche attive, ad alzare la voce contro lo stagnante silenzio, le malversazioni, le malegestioni ecc; chi, insomma, del bene comune ha cura, chi costruisce e partecipa alla comunità) non si può imporre dall’alto, non si può decidere a tavolino: la socialità non può essere coercitiva, va stimolata, ricreata, ormai, in questo sfascio, a partire dal basso, a partire dagli individui stessi, che devono sentirsi investiti, per sopravvivere allo sfacelo, del compito di rifondare la propria comunità. Gli spazi pubblici, in quanto beni comuni, dovrebbero essere aperti e fruiti da tutti, dare l’opportunità a comunità di nascere, svilupparsi, autogestirsi, esprimere le proprie esigenze bisogni riflessioni; uno spazio insomma che sappia essere per vocazione inclusivo, non esclusivo, uno spazio che accolga le voci le idee i corpi, che sia un luogo di transito per la città i giovani i vecchi gli adulti, un luogo di aggregazione, certo, di socialità, di elaborazione collettiva, di riappropriazione del diritto del singolo di essere soggetto delle proprie scelte, parte attiva della società, non solo lavoratore, suddito, consumatore. Quindi, come lei prospetta al punto 4, non penso sia sufficiente che sia un’associazione o un’altra a prendersi gli spazi (replicando una logica di privatizzazione del pubblico, di sottrazione alla gestione comune del bene comune), soprattutto non, ancora una volta, per limitarsi, dall’alto, a imbandire una conferenza, un concerto, un workshop, ma ritengo sia la città – tutta – che, finalmente, dovrebbe riprendersi gli spazi, e i cittadini, attivando così i propri diritti, tornare a elaborare, insieme, come comunità, una nuova forma di cultura che sia anche una nuova sperimentazione di un vivere sociale diverso, tutto da ripensare e alternativo a quello che ci è stato consegnato e imposto.
    Di questo, che all’orecchio provinciale e stizzoso di un ferrare può puzzare di follia, esistono vari e virtuosi esempi, disseminati in tutta Italia, ma che sono continuamente occultati alla maggior parte dell’opinione pubblica, nascosti e per paura volutamente ignorati e, quando affiorano alla gloria dei quotidiani nazionali o della rete pubblica e non, sempre bollati con marchi infamanti, associati alle peggiori delinquenze e pestilenze. Ma, per chi vuole scavare, sotto la faccia compatta e per bene di questo mondo che pensa di uscire dalla crisi endogena che ha provocato, guarendosi con gli stessi identici mezzi con cui ha scatenato il male, si apre, per questo esploratore, il volto nascosto della luna, di tutti coloro che, veramente, audacemente, sperimentano pratiche concrete per immaginare alternative valide e sostenibili a una malattia che non è stata un inciampo accidentale del sistema.
    Tante cose sarebbero ancora da dire. Ma tuttavia, per concludere, ciò che mi chiedo e mi turba è se sia possibile, nella nebbiosa immobilità di questa nostra Ferrara, così compiaciuta e snob, poter pensare di iniziare a sperimentare anche solo un’oncia di queste strade alternative. Forse, si tratta solo di iniziare a smuovere energie sopite.
    Marco Pavanelli

  4. Artemisio Martegutti scrive:

    Quindi possiamo sintetizzare i 6 punti in:

    1. Gentrificazione
    2. Réclame
    3. Sperpero di denaro pubblico
    4. Sperpero di denaro pubblico 2.0 (radical chic oriented)
    5. Movimentocinquestelle
    6. Achille Bonito Oliva

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