«L’immagine possiede una potenza enorme, più delle parole, immagini sono i nostri pensieri, i nostri sogni, sono le immagini, positive o negative, che di continuo ci passano davanti. Di conseguenza, l’arte è utile per la nostra evoluzione personale, spirituale, per la nostra salvezza. L’arte è vita, la vita è arte».

Le parole di Rebecca Russo, Presidente e fondatrice della Fondazione Arte Scienza Videoinsight, sono già di per sé motivo d’interesse alla Palazzina di Marfisa d’Este. Sono le parole con le quali, l’altro ieri, ha inaugurato la mostra Lovers, esposizione collettiva di installazioni videoartistiche organizzata proprio dalla Videoinsight.

Lovers, amanti dunque, amore come passione e tradimento, calore e vendetta, sacrificio e relazione col Divino. Da secoli si narra dei numerosi amanti di Marfisa d’Este, accolti in queste stanze dove ha abitato, amato, tradito e patito. Tanti infelici vittime di questa donna, nipote di Lucrezia Borgia, amica intima e protettrice di Torquato Tasso, amante sublime, spietata omicida. Altri, invece, la raffigurano come moglie e madre fedele. Sicuramente la sua è stata una vita dedita all’arte, alla bellezza. Di certo, il luogo scelto per questa mostra ben si sposa col tema della mostra.

Il Metodo Videoinsight ideato da Rebecca Russo è un tentativo riuscito di fondere l’arte contemporanea, la cultura con la salute, la ricerca del benessere psico-fisico. È un metodo, dunque, che ha l’ambizione di curare crisi, problemi, complessi psicologici e psicosomatici attraverso l’arte. Quest’intuizione le arriva nel 2000, e dopo dieci anni di applicazione e di sperimentazione nell’ambito clinico decide di renderlo noto, fino dargli valore scientifico. Decisivo l’incontro, a Torino nell’ottobre del 2009, con Marina Abramovic. Un anno dopo, Rebecca scrive il primo volume, Videoinsight. Curare con l’Arte Contemporanea. Nel 2013 nasce la Fondazione Arte Scienza Videoinsight. L’arte contemporanea uscirà, quindi, dal sistema artistico, dai circuiti consolidati, incanalando la potenza dell’opera d’arte in un’operazione curativa complessa ma ambiziosa, originale e profonda. Arriverà a centinaia di persone, nei luoghi della sofferenza, dell’educazione e della cura, come gli ospedali – il Rizzoli di Bologna, ad esempio –, le scuole, o nel mondo del lavoro e in diverse organizzazioni sociali.

Foto di Lucia Ligniti

«Videoinsight significa avere una visione interiore attraverso una visione esteriore – ha spiegato la Russo – un’intuizione, un cambiamento interiore mentre guardiamo fuori. Guardare e cambiare dentro, grazie a una visione esteriore». L’opera d’arte, dunque, provoca una presa di coscienza, agendo sia a livello conscio sia a livello inconscio, arrivando «prima al cuore e alla pancia, poi alla testa».

Le ventuno opere, visitabili fino al 15 giugno alla Palazzina Marfisa d’Este e appartenenti alla Collezione Videoinsight, sono state divise nelle otto stanze e a ognuna di queste è stata abbinata una tematica riguardante il tema dell’amore: eros, thanatos, dipendenza, circolarità, salvezza, rinascita, emozione, relazione. Questi gli artisti, da tutto il mondo, presenti con le loro opere: Ivan Argote, Maurizio Camerani, Canan, Keren Cytter, Nathalie Djurberg, Mariana Ferratto, goldiechiari, Polina Kanis, Ragnar Kjartansson, Elena Kovylina, Katarzyna Kozyra, Petra Lindholm, Ursula Mayer, Masbedo, Ottonella Mocellin – Nicola Pellegrini, Agnieszka Polska, Ra Di Martino, Melati Suryodarmo, Eulalia Valldosera. Il risultato di questo progetto espositivo non è solo quello di rendere sensibile la cittadinanza sulla funzione curativa dell’arte contemporanea e sul Metodo Insight, e non solo di mostrare le infinite varianti che ruotano intorno alla tematica amoroso-erotica. Approfondire con così tanta intensità l’amore significa, infatti, anche scavare nel profondo di ogni persona, nelle radici della propria esistenza. Significa spalancare un universo di senso e di passione.

Nel dedalo delle stanze di Marfisa, attraverso i video presenti si snodano gli infiniti labirinti della nostra mente, della nostra anima. Ogni video è una rappresentazione della nostra interiorità, un impatto con la realtà del nostro essere più profondo. Nelle opere presenti, l’amore è un dialogo che si ripete ossessivamente (Keren Cytter, Something Happened, 2007), una montagna di vetri che crolla (Masbedo, Teorema di incompletezza, 2008). È gelo, dipendenza, umiltà, contraddizione, dono. È una nenia sempre uguale a sé stessa (Ragnar Kjartansson, Mercy, 2004), il servire e l’adorare attraverso l’immagine evangelica della lavanda dei piedi (Polina Kanis, Purification, 2010), o il bisogno di tornare a sé, alla protezione originaria (Mariana Ferratto, Nascondino, 2011). È potere, riscatto, speranza, violenza e maternità, è il circolo della vita, la solitudine, l’ansia, il ritorno.

Lovers è il «tema eterno, irrisolto», l’enigma del legame, del rapporto col Mistero, con l’altro da sé. L’amore è di per sé cura dell’Altro, paziente e vigile osservazione dell’Altro. Nelle ventuno opere vi è anche la magia del cinema, quella di far vivere lo spettatore come in un sogno, in un susseguirsi straniante d’immagini. Questo fascino inquieto tipico del mondo onirico è lo stesso dell’amore. In ogni sua declinazione – caritas, eros, agape, philia – esso, come la bellezza, è dunque di per sé un metodo di cura dell’anima, la com-passione, insomma, fa ritrovare, come in Insight, il senso corretto della ricerca dell’opposto, del diverso, del complementare, non permettendo alla contraddizione di dominare, ma usandola come leva per guarire, per superare la dualità con l’altro, dentro e fuori di noi.

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