Tre giorni per informare, incuriosire, consigliare i consumatori ferraresi (ma non solo): nel weekend tra venerdì 16 e domenica 18 maggio l’associazione Altroconsumo – responsabile della rivista omonima – è tornata nel capoluogo estense per la seconda edizione del festival dedicato all’acquisto responsabile. Tre giorni di consulenze, approfondimenti, laboratori per i bambini e incontri per gli adulti. Per conoscere meglio la manifestazione e l’associazione che l’organizza Listone ha intervistato per voi il presidente Paolo Martinello.

Da dove nasce l’idea di realizzare un festival? Quali sono gli obiettivi di questa iniziativa?

Allestire un festival è un mezzo per essere più efficaci, per trovare un contatto diretto con chi ci legge, costruire un dialogo spontaneo. Per questa iniziativa sono venuti a trovarci soci da tutta Italia, è un occasione per incontrarsi. Serve ovviamente anche a farci conoscere di più. Il nostro target di riferimento sono soprattutto le famiglie, i nostri soci/lettori hanno mediamente tra i 30 e i 45 anni. E’ naturale: si tratta di persone alle prese con acquisti capaci di condizionare una vita intera, come quelli relativi alla casa e ai figli. Scendere in piazza speriamo serva ad avvicinare ad Altroconsumo anche i ventenni, che vivono molto online ma vivono molto anche la strada. Il concerto di Elio e le storie tese che ha aperto la manifestazione non è stato organizzato per caso: Elio non è più esattamente giovane ma piace molto alle nuove generazioni. Anche il tema scelto per questa seconda edizione, il tema dell’inganno, è stato pensato soprattutto in relazione alle abitudini dei ragazzi: si avvicinano al mondo del consumo attraverso le nuove tecnologie, ma la rete da questo punto di vista è particolarmente insidiosa.

Durante queste giornate di festival si vedono partecipare agli eventi molti giovani, ma anche molti anziani…

Tra il pubblico in effetti gli anziani non mancano: hanno voglia di parlare, di raccontare le loro disavventure recenti e non. Sono cresciuti con abitudini di consumo diverse da quelle attuali e i temi che proponiamo gli interessano molto. Per noi il confronto con loro è fondamentale, perché Altroconsumo è basata su una logica di interscambio. Fornisce consigli, consulenze, servizi legali, riceve dai soci testimonianze e informazioni. Chi ci scrive ci manda complimenti ma anche critiche, fondamentali quando si ha l’obiettivo di rappresentare i consumatori. Gli anziani sono i nostri consiglieri privilegiati, i più attenti e i più fedeli.

Foto di Lucia Ligniti

Come mai Altroconsumo ha scelto Ferrara? Che prospettive ci sono per le edizioni a venire?

Il festival l’anno scorso è stato organizzato a Ferrara su invito dell’amministrazione comunale. La risposta della città è stata positiva e quest’anno abbiamo voluto tornare, ma ci stiamo ancora facendo le ossa. Non abbiamo ancora i dati dell’affluenza ma sappiamo che in questi giorni è stata particolarmente alta, più alta dell’anno scorso (successivamente le presenze attestate sono state circa 25mila – ndr). Sicuramente legarsi alla città porterebbe un valore aggiunto alla manifestazione. Non possiamo sapere se per altri dieci anni continueremo a realizzarla qui, però ci piacerebbe dare continuità a questa iniziativa, magari allargandone la prospettiva. Sarebbe bello aprirla verso altre associazioni di consumatori, creare una sorta di festival internazionale. Qualche settimana fa ero a Bruxelles per una riunione, l’esperimento ferrarese è stato presentato ai rappresentanti delle varie associazioni europee ed è piaciuto molto. Durante questo weekend due rappresentanti incontrati in Belgio sono venuti a Ferrara per vedere con i loro occhi e capire se questo modello possa essere esportabile all’estero.

Come si mantiene Altroconsumo?

Altroconsumo si mantiene al 95% circa grazie alle quote versate dai propri soci. Il restante 5% viene da piccoli finanziamenti pubblici, ottenuti per realizzare progetti specifici. Non abbiamo sponsor, non abbiamo pubblicità: questa è la nostra più grande garanzia di indipendenza. Attualmente sia sulla carta stampata che online il confine tra informazione e pubblicità è sempre meno chiaro: non si distinguono più le notizie dalle promozioni. La pubblicità occulta e ingannevole è vietata in Italia ma specialmente su internet non è facile intervenire. Non pretendiamo di poter diventare un modello applicabile a tutta l’informazione, la pubblicità serve e per molti versi è inevitabile, ma lavorando molto sui prodotti e sui brand mantenere le distanze dal finanziamento privato per noi è fondamentale. La nostra autorevolezza si basa su questo. Chi scrive, soprattutto chi scrive di consumo, non può essere condizionato dall’ufficio marketing.

Qual’è, tra i vari argomenti che affrontate, il più ostico da trattare? Quel’è il terreno da attraversare con più cautela?

Un terreno particolarmente minato è sicuramente quello dell’agroalimentare. Questo dipende dal fatto che la componente organolettica in questi prodotti è preponderante: le analisi chimiche testimoniano il fatto che in Italia i prodotti venduti sono mediamente di buona qualità ma i risultati dei test sulle proprietà organolettiche – che sono poi quelle riferite al gusto – conservano sempre un margine di opinabilità. I risultati di queste prove spesso non vengono condivisi dai produttori, soprattutto quando vanno a sfatare i miti creati ad arte dalle grandi campagne pubblicitarie. Bisogna avere le spalle larghe per sentirsi sicuri del proprio lavoro nonostante gli attacchi.

Nell’ultimo decennio i consumatori sembra abbiano iniziato a prestare maggiore attenzione alla qualità dei loro acquisti. Crede che questa crescente responsabilità potrà portare nel lungo periodo allo sviluppo di un mercato naturalmente trasparente, o ci sarà sempre bisogno di un monitoraggio serrato come quello attualmente svolto dalla vostra associazione?

Le analisi di laboratorio continuano ad essere fondamentali ma da qualche anno ci siamo accorti che sempre più consumatori chiedono dell’altro: vogliono sapere non solo di cos’è fatto il prodotto che intendono acquistare, ma anche la sua storia. Vogliono sapere da dove viene, ma non è un discorso legato unicamente all’importazione e al made in Italy: vogliono avere la garanzia che dietro a un dato bene non ci siano lavoratori sfruttatati, merci contraffatte. Ci affidano un compito stimolante e impegnativo: raccogliere informazioni che esulano dalla qualità del prodotto finale. Questo succede perché sempre più persone si rendono conto che ogni acquisto è un voto, ogni acquisto può contribuire al benessere oppure alla distruzione di aree geografiche vicine e lontane da casa propria. Analizzare la storia di un prodotto è un lavoraccio ma grazie alla collaborazione con altre associazioni europee stiamo provando a realizzarlo, abbiamo i mezzi per verificare ciò che succede nelle fabbriche cinesi e nelle coltivazione brasiliane. Perché parlo di questo? Perché le scelte responsabili stanno crescendo lentamente ma costantemente. Basta pensare ai passi avanti fatti nell’ultimo decennio sul versante del biologico e dell’equosolidale. Ci sono in questi settori molti rischi e molti inganni, ma ci sono perché è aumentata la domanda, e questo resta un segnale positivo. Le coscienze oggi sono più attente all’ambiente, perché in futuro non potrebbero essere più attente anche nei confronti dello sfruttamento del lavoro e del lavoro minorile? Non so attraverso quali meccanismi e nemmeno quali saranno le tempistiche ma credo che le cose andranno meglio. Anche se i controlli serviranno sempre.

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