Il video di RIOT degli Aucan, girato e diretto a Ferrara da Mustafa Sabbagh

aucan-620x4003 luglio 2011. Era un giorno di piena estate quando gli Aucan vennero per la prima volta a Ferrara. Il concerto era stato organizzato dai Verdena, che per l’occasione avevano invitato un po’ dei loro gruppi preferiti per un “giorno del tutto differente”, come recitava il programma di Ferrara sotto le stelle. Quella sera, il meglio del fermento italiano suonò dai due palchi della piazza e del cortile del Castello estense, insieme agli storici Dinosaur Jr. Gli Aucan – progetto nato nel 2007 – allora erano in tour con Black Rainbow e da lì a un anno avrebbero aperto i concerti dei Chemical Brothers e dei Placebo.

7 marzo 2014. Quando arriviamo nello studio di Mustafa Sabbagh (che avevamo incontrato in questa occasione per intervistarlo) c’è molto caldo per essere una giornata di marzo e il sole sta lentamente scendendo. Qualcuno apre il portone ed entriamo. Si sentono voci provenire dallo studio, un mondo parallelo situato appena fuori le mura della città. C’è molta gente ed è difficile ricordarsi tutti i nomi, Mustafa è concentrato nel girare una scena insieme al resto della troupe. Lo sfondo è immancabilmente grigio, c’è la macchina del fumo (o nebbia…), un rasoio elettrico, ma soprattutto ci sono sparsi ovunque passamontagna neri e felpe scure. C’è un collegamento, o meglio, un’affinità elettiva tra chi riprende e chi è ripreso, tra Sabbagh e gli Aucan.

Mentre le riprese continuano, Jo e Fra ci parlano della realtà Aucan e del perché abbiano scelto Ferrara per girare il video di Riot, brano uscito in anteprima a febbraio per l’americano runthetrap.com. Questa canzone anticipa il loro nuovo Ep pubblicato dalla label statunitense Ultra, e che uscirà in Italia per la Sony ad aprile.
“Dopo più di trecento spettacoli dal vivo e dopo anni in giro per concerti abbiamo deciso di fermarci un attimo e di collaborare con artisti visionari come Mustafa, che abbiamo conosciuto tramite Clod degli Iori’s Eyes. Gli abbiamo subito spiegato quello che volevamo realizzare, quindi abbiamo fatto con lui un set di foto, e ora stiamo girando qui nel suo studio il video per Riot”.

Da dove viene la parola Aucan?

“Il termine Aucan è inventato. Non significa nulla, ma suona bene ed è bello da scrivere”.

Chi sono allora gli Aucan?

Purtroppo Aucan è una cosa complessa. Diciamo purtroppo perché spesso la gente non lo capisce, vorrebbe cose più semplici. Non siamo una band e non siamo un dj set. Aucan è un progetto che si muove in vari ambiti. Il termine band, come quello di dj set, ci limita. Non siamo più negli anni ’70 e non c’è bisogno di certi limiti se si vuole esprimere un concetto, un’energia.

Nella musica è forte la distinzione tra band e dj, oltre che tra mainstream e musica indipendente. Se nel mondo dell’arte contemporanea è normale che si utilizzino anche altre forme espressive, come quelle audio e video, nella musica questo concetto è ancora da conoscere e sviluppare. Noi abbiamo un immaginario di base che prende poi forme diverse. La cosa essenziale, per noi, è esprimere questa stessa energia di fondo. Quando suoniamo live siamo in tre, ma oltre al rock e al punk ci interessiamo anche delle dimensioni del rave, del clubbing e dell’elettronica, e così è nato progetto Aucan Dj/Vj set, con una formazione a due. Sta anche nelle diverse capacità di ciascuno di noi incanalare questa realtà in modo differente. Semplicemente agiamo così: facciamo tutte le cose che vogliamo fare e vediamo che succede. Per esempio, ora abbiamo creato anche una linea di vestiti, la Raro wear.

Gli Aucan dunque fanno dj set, che è più una performance, e fanno musica live. L’energia è la stessa e uguale è l’intenzione. Si concretizza in forme diverse, ma affrontando le stesse problematiche. Molti dicono che c’è una contraddizione tra l’energia molto grezza che abbiamo di fondo e la cura, la disciplina che impieghiamo nel nostro lavoro. Questa contraddizione è presente anche in Riot, un pezzo che viene considerato molto hardcore, ma tutto ciò non è costruito prima a tavolino. Ci sono dentro le nostre esperienze e l’idea di base è combinarle tra loro, non scegliere una cosa, ma unire tutte queste contraddizioni, che poi nel mondo Aucanism – il nostro mondo – non sono contraddizioni. Ai concerti uniamo nello stesso pubblico ragazzi punk e patiti di techno, quelli che negli anni ’90 andavano ai rave e chi ascolta l’elettronica, e ciò è possibile proprio perché agiamo sull’inconscio, con progetti molto dinamici e differenti tra loro, ma che alla base si legano insieme”.

Nel vostro sito palazzi in rovina si avvicendano a cavi elettrici e a personaggi incappucciati, paesaggi solitari si uniscono a foto che descrivono istanti di ribellione urbana. Perché questa scelta di dare molto spazio alle immagini oltre che alla musica?

“Le foto del sito le selezioniamo noi, anche se da tempo abbiamo aperto il sito e dato la possibilità a chiunque volesse di inviarci foto, frame di videogame o di video, insomma, qualsiasi mezzo va bene, purché venga rappresentata la loro visione del mondo in relazione al nostro immaginario. Anzi, il sito è l’immaginario Aucan, infatti si chiama Aucanism, che suona un po’ come una setta, anche se noi siamo completamente anti-sette. Proprio perché Aucan è un’esperienza completa, il sito era l’unico modo che avevamo per esprimere la complessità del nostro progetto. E così aucanism.com è diventato un archivio organico di immagini che nella sua totalità rappresenta la contraddizione che dicevamo prima. A me comunica una cosa, a te un’altra e a lui un’altra ancora. Anche i nostri concerti sono così: c’è chi se li vive come un viaggio, chi ci viene per pogare. Va bene così”.

La pausa sta per finire, per gli Aucan ci sono ancora due giorni di riprese da fare e il lavoro è molto. Rimane il tempo per un’ultima domanda. Siete appunto qui da Mustafa Sabbagh per girare il video di Riot, il primo brano del nuovo Ep. Come è nata questa canzone?

“L’idea di Riot nasce nel pensare non tanto al riot* in sé, ma all’energia che si sprigiona durante un momento del genere. Anche quando non c’è una motivazione politica particolare, è un momento in cui l’inconscio collettivo si scatena. Ed è questo che noi abbiamo voluto considerare con questa canzone. Siamo arrivati ieri sera a Ferrara e abbiamo iniziato subito a girare delle scene per il video. Abbiamo smesso stamattina alle sei e ora siamo di nuovo qui a lavorarci su”.

* Ri•ot [rahy-uh t]  noun

a. A noisy, violent public disorder caused by a group or crowd of persons, as by a crowd protesting against another group, a government policy, etc., in the streets.

b. A disturbance of the public peace by three or more persons acting together in a disrupting and tumultuous manner in carrying out their private purposes.

c. Violent or wild disorder or confusion.

Intanto arriva Mustafa con le ultime riprese fatte, le carica sullo schermo per vederle e commentarle tutti insieme. Le immagini riportano senza alcun suono il taglio di capelli del protagonista del video. La macchina ne indaga le superfici del corpo, le espressioni del volto. Ogni immagine è sospesa in una calma apparente. Gli Aucan sono molto soddisfatti del lavoro fatto.

– “Mustafa, viene una bomba questo video!”.
– “Ragazzi… Secondo me voi non dovete fare cose rassicuranti…”.

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