Daniel Pennac sabato sera ha portato a teatro “Journal d’un corps”, lavoro tratto dal suo ultimo romanzo, in italiano “Storia di un corpo”. Peccato che non ci fosse teatro, peccato che non ci fosse corpo. 

Lo spettacolo, in scena al Comunale di Ferrara sia sabato sera che domenica pomeriggio con la regia di Clara Bauer, consisteva nella semplice lettura ad alta voce di alcuni brani estratti dal libro. La performance che ha valso all’intellettuale francese fragorosi quanto scontati applausi, mi ha lasciato – lettrice fedele e accanita – abbastanza interdetta.

Che senso ha portare sul palcoscenico una lettura così spezzettata, che nulla aggiunge al valore del testo, ma anzi sottrae? Prima che si alzasse il sipario non avevo un’idea precisa di quello che avrei visto, credevo ingenuamente che fosse la necessità a convincere un autore a far saltare i propri personaggi dalla pagina inchiostrata ai riflettori della scena. Necessità di dire di più, oppure di dire lo stesso ma con altri strumenti, con gli strumenti propri del teatro: lo spazio, la luce, la prossimità, il rumore, l’azione. Non avevo contemplato l’ipotesi di trovarmi ad assistere ad una banale – per quanto ben svolta – lettura ad alta voce, seguita dal più classico incontro con l’autore.

Sul depliant della rappresentazione si legge un brano tratto dall’intervista svolta da Bianca De Fazio per “La Repubblica”, che riporta le parole dello scrittore interrogato sui motivi che lo hanno portato in tournée: «perché qui, a teatro, c’è il miracolo laico dell’incarnazione del lettore: il lettore esiste, lo vedo. Non l’ho neppure pensato, scrivendo non me lo sono rappresentato. Invece leggendo le mie pagine ad alta voce, ecco, il mio pubblico esiste. Il mio testo si incarna nei loro volti o nel silenzio dell’ascolto. O persino in quello spettatore che si addormenta, ascoltandomi». Devo concludere che Pennac è venuto a Ferrara per guardare in faccia i propri lettori? Mi fido, ci credo, ma mi chiedo: perché non organizzare la presentazione del libro in libreria? Non sapendo se lo scrittore avrà mai occasione di leggermi e commentarmi provo a ipotizzare qualche risposta: perché una libreria non tiene quasi settecento persone? Perché una libreria non fa pagare l’ingresso ai suoi clienti? Non sono domande retoriche, vorrei veramente delle risposte. Se sabato sera, durante la discussione, fosse stato intercettato il mio braccio alzato avrei formulato gli stessi quesiti dal palco dove mi trovavo.

Spero vivamente di non essere fraintesa: ho amato la saga Malaussène, ho letto e riletto “Come un romanzo”, ho comprato “Storia di un corpo” appena ho visto la copertina lucida bucare di arancione gli scaffali dell’Ibs; ed è proprio in virtù della profonda ammirazione che provo nei confronti di chi ha scritto questi volumi che mi permetto ora “il lusso” di non essere ipocrita, di sentirmi e professarmi delusa.

“Storia di un corpo” è un libro bellissimo, mi associo completamente a quanto scritto nella quarta di copertina: «Un romanzo fortemente raccomandato a tutti quelli che hanno un corpo».  E’ un diario speciale, compilato da un ragazzino che pagina dopo pagina diventa adulto e infine anziano per raccogliere la memoria fisica del corpo che cambia, che si lascia suggestionare dalle vertigini e che impara a cadere, che scopre la masturbazione e l’impotenza, lo sviluppo e il regresso. «Il corpo interviene nella letteratura – ha spiegato lo scrittore al pubblico – solo in circostanze eccezionali, quando si fa eroico, vittorioso, innamorato o ferito. I romanzi sono per lo più occupati da psicologia, antropologia, economia, peripezia. Il diario poi è la forma per eccellenza votata ai moti dell’anima. Con questo libro ho voluto proporre qualcosa di segno esattamente contrario. Il romanzo è interamente votato al corpo. La politica, i sentimenti, la società vi entrano solo in via eccezionale. L’avventura è puramente fisica ed è un’avventura di per sé sconvolgente, prescinde l’identità del protagonista».

Pennac ha proseguito parlando di come negli ultimi decenni il corpo sia stato sovraesposto, consumato mediaticamente dalla pubblicità, dal cinema, dalla produzione pornografica, e di come questo processo sia stato accompagnato da un progressivo allontanamento della fisicità dalla vita di tutti i giorni: «i medici non toccano più i pazienti, guardano le radiografie. Una volta molte cose erano taciute, soprattutto gli argomenti legati alla sessualità. Qualunque ragazzino oggi, grazie a internet, può conoscere tutto ciò che riguarda il corpo da un punto di vista obiettivo, ma questo non serve alla comprensione soggettiva. Questo non significa che prima fosse meglio di adesso, solo mi sembra che i corpi contemporanei siano più soli».

La volontà di concentrarsi su qualcosa di tanto scontato quanto trascurato – la percezione fisica di sé – mi sembra da parte dello scrittore assolutamente puntuale: che la società smaterializzata del ventunesimo secolo abbia dei problemi a vivere con serenità la propria corporeità è innegabile. Ben vengano dunque romanzi intelligenti e profondi come “Storia di un corpo”, capace di volgere con garbo lo sguardo del lettore verso panorami raramente investigati, anche se è proprio da questi panorami che nasce da parte mia il disappunto per quanto visto sabato sera.

Perché questa data è stata messa in calendario a Ferrara e altrove? Perché si è pensato bastassero dei ritagli di testo per allestire una rappresentazione teatrale? Un tentativo di drammatizzazione c’è stato, gesti isolati e poco convincenti, più decorativi che narrativi. Perché il romanzo non è stato trasformato, adattato, come sempre dovrebbe accadere quando un contenuto passa da un medium ad un altro?  La risposta che provo a fornire è ovviamente personale: bastano la carne e le ossa di Daniel Pennac, il corpo feticcio del grande intellettuale, a convincere gli spettatori di aver speso bene i soldi del biglietto.

5 Commenti

  1. Feliciano C. scrive:

    Brava e gentile Licia Vignotto, mi congratulo con Lei …ora può entrare di diritto nel cerchio magico dei delusi del Pennacchioni .
    Ci rimane pur sempre Philippe Delerm (tutt’altra pasta ,mi creda ) e se proprio non garbano i transalpini (coevi ,si intende) abbandoniamoci al vecchio “Lupo”-Stefano Benni- che di “Tutte le Ricchezze” … rimane il più prezioso .
    Almeno per noi «Comici (e a volte) spaventati Guerrieri ».

    P.s.
    Non si commette mai l’errore di assistere ad uno spettacolo o ad una rappresentazione di uno scrittore del quale si prova profonda ammirazione .Potrebbe succedere che l’entusiasmo non sia sufficientemente garante per il mantenimento dello stato di considerazione… a meno che non si abbia la grande capacità di trasformare la delusione in monili, per poi riporli con cura nello scrigno dell’esperienza…e tutto questo, come diceva Kraus …con buona pace della coscienza.

    ciao ciao

  2. grazia giberti scrive:

    a me è piaciuto questo racconto di un libro che avevo letto con grande piacere e non trovo che un teatro sia troppo per un reading. Mi ha stupito sabato sera quanto gli spettatori fossero attenti, forse più di altre volte, e, come fossero reattivi nonostante la difficoltà della lingua e del dover leggere la traduzione. Non credo che tutti avessero letto il libro, e si concentravano sulla storia: per me significa che Pennac è un bravo attore, che porta in giro un monologo divertente e anche profondo, che per caso deriva da un libro che lui ha scritto. Il teatro rispetto a una libreria permette di concentrarsi…. poco tempo fa Tony Servillo ha letto al teatro i primi capitoli delle memorie di Goldoni seduto su una poltrona: è stato bello. Per me il teatro è anche questo. Grazie

  3. Brava Licia! Finalmente una verità sul teatro a Ferrara ( e su un autore). Quello semplicemente NON è teatro. Aggiungo, di mio, che ritengo sopravvalutati i libri “Come un romanzo” e “Storia di un corpo”. Pennac è una appena sopportabile “nenia” come scrittore e una insopportabile bufala a teatro. Non esprimo opinioni sulla scelta di inserire in cartellone questo spettacolo da parte della direzione del Teatro Comunale, poiché so bene quali sono le inderogabili problematiche che sussistono e urgono…

  4. Roberto Gamberoni scrive:

    Pienamente d’accordo quello non teatro, non è spettacolo è presentare e promuovere una pubblicazione e farsi addirittura pagare.Lo trovo semplicemente scandaloso

  5. Irene Tomaini scrive:

    Ciao Licia,
    ho letto il tuo articolo perché sono andata allo spettacolo.
    Non mi ha mai entusiasmato leggere i libri di Pennac che non sono mai riuscita a finire.
    Così un po’ per caso e per curiosità (data dai tanti amici che lo leggono) ho comprato i biglietti di questo spettacolo che invece sì mi ha entusiasmata.
    Per me, che non sono sua lettrice è stato interessante vedere come è questo famoso scrittore e cosa è riuscito a trasmettermi e devo dirti che mi è piaciuta la mia domenica pomeriggio di racconti e di emozioni delle piccole cose.
    Una delle cose che mi ha sempre interessato è sentire raccontare o leggere le cose da chi le ha scritte, ovviamente fa sempre la differenza.

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