No, scusa, ma perché un uomo dovrebbe andare a vedere i Monologhi della Vagina? La risposta di Alessandro Suardi è chiara: “Se sei una donna ne vale la pena. Ma se sei un uomo è ancora meglio, ne vale il doppio!”. Prima di tutto i Monologhi di Eve Ensler sono un gran bel testo. L’opera teatrale che debuttò a Broadway nel 1996 è il risultato di una lunga serie d’interviste: più di duecento donne sono state invitate a parlare del loro rapporto con il proprio corpo, del sesso, dei partner, della coppia, della violenza sessuale. E poi si ride, e tanto. 90 minuti di monologhi divertenti, ironici, comici, commoventi, tragici. Storie vere. Come quella della signora settantenne che non scende in cantina, come dice lei, dal ’53, che considera il suo sesso come qualcosa che bisogna avere ma non guardare, proprio come ogni casa deve avere la sua cantina, buia e umida. Chi sono le lettrici? “Ventun donne e ragazze. Di tutte le età e di tutti tipi, ognuna con le sue competenze e la sua professione” spiega Valeria Ferrari, organizzatrice e segretaria dell’evento di quest’anno, insieme ad Alessandra Botturi” noi non vogliamo l’attrice ma una persona che senta il testo, che lo senta suo”.

 

Il merito di aver portato i Monologhi a Ferrara è di Alessandro Suardi. Nel 2006 organizzò per la prima volta l’evento in una libreria a Trieste con cinque lettrici e venti sedie pieghevoli che stipò nella sua macchina. A Ferrara siamo ormai alla terza edizione, con un pubblico maschile che si aggira intorno al 35%-40%. Ma la cosa bella è la gente che torna ogni anno. “A Trieste mi sono anche beccato delle critiche” racconta “e tutte da donne. Un uomo nell’organizzazione può dar fastidio: mi dicevano ma che ne capisci tu?”. Il fanatismo è sempre cieco e sempre stupido. Come se a scendere in strada per i diritti dei gay fossero solo gli omosessuali. Come se ad avere la tessera del WWF fossero solo i panda. Non solo perché il miglioramento della condizione femminile va di pari passo con l’evoluzione della società intera e quindi si riflette anche nella famiglia e nei rapporti con l’altro sesso ma anche perché la settarizzazione della protesta è inutile e noiosa, a nessuno interessa un ghetto benefico per donne panda.

Ma allora conosciamole queste lettrici. Siamo andati la sera prima a curiosare dietro le quinte dello spettacolo. Già le prove sono esilaranti. Arriviamo nel momento della distribuzione degli orgasmi. Valeria agita un foglio: “Chi ha il clitorideo?” “Io!” alza la mano una signora con gli occhiali. “E quello tirolese?” “Quello ce l’aveva Laura” “Io ho quello di Annie Lennox” “E tu hai scambiato un clitorideo per uno di Annie Lennox?”

Foto di Andrea Bighi

Il grande merito dei Monologhi è l’ironia e la leggerezza con cui tratta temi e scomodi e pesanti. Siamo sinceri: quanti uomini (e donne) andrebbero il sabato sera a una conferenza dal titolo Lo stupro e la repressione della sessualità femminile? Con l’opera di Eve Ensler si ride (Dov’è Brian?) ma a volte muore il riso in gola ad ascoltare quelle storie così vere e vicine a noi. Di tutte quelle donne che trattengono gli istinti, che arredano il proprio trauma spolverando via violenze inaudite come se fossero polvere, che le seppelliscono sotto tonnellate di sensi di colpa e di vergogna. I Monologhi sono il catalizzatore di un messaggio eterno e attuale che interessa tutti, quello della riconquista e della consapevolezza della propria sessualità femminile. In tutti i suoi aspetti, compresi quelli tragici, come la storia della ragazza bosniaca, vittima di uno stupro di guerra. I dati sulla violenza alle donne parlano chiaro: secondo l’ultimo rapporto Ue, una donna su tre ha subito una forma di violenza a sfondo sessuale. La Casa delle Donne di Bologna riporta che in Italia, nel 2013, ogni due-tre giorni è morta una donna. Uccisa dal proprio partner, dal proprio ex o da un familiare.

I Monologhi sono finiti per diventare il testo di riferimento per il movimento internazionale VDAY, lo stesso che due anni fa lanciò il corto One Billion Rising (https://www.youtube.com/watch?v=gl2AO-7Vlzk), un esempio riuscito di come si fa una campagna di sensibilizzazione contro la violenza alle donne. Nel video sono le donne stesse a prendere in mano la situazione. E’ la loro rabbia e la consapevolezza della loro forza a far tremare i loro aguzzini. Un video ben diverso da quelle penose campagne che in Italia sembrano andare per la maggiore. Quelle cosiddette pubblicità progresso che fotografano donne con l’occhio nero e la faccia livida di pugni, donne che siedono in un angolo accartocciate come fazzoletti con a fianco lo stivale dell’uomo forte e cattivo. Son spesso gli enti istituzionali a offrire quest’immagine della donna come vittima inerme, come se la violentata fosse la debole e lo stupratore quello forte che se ne approfitta. Per non parlare di quegli slogan che innalzano le donne a custodi del valore supremo dell’universo o a culla della vita, sempre connaturate a un ruolo familiare (se offendi una donna offendi tua sorella, tua madre, tua moglie, tua cugina, tua cognata acquisita). La società governata dal principio maschile ha creato due comodi processi che ne eliminano la persona reale: la consacrazione / angelicazione della donna e il suo opposto, la dissacrazione / demonizzazione. In entrambi i casi non c’è posto per l’essere umano, difettato e virtuoso perché fatto di carne, ma solo per una simbolizzazione per eccesso, che si tratti di un innalzamento irreale o di un abbassamento forzato. Nel video di One Billion Rising le donne sono persone arrabbiate e non angeli violentati.

Le prove continuano. Finiti di riassegnare tutti i pezzi, orgasmi inclusi, è il momento delle prove vere e proprie. Venti donne riunite in un contesto così strano, circondate dal lusso antico della Duchessa Isabella, venti donne che vi faranno ridere e commuovere. Ma cosa ne pensano di un 8 marzo celebrato con un’opera che è un’ode e un inno alla vagina? E’ un modo alternativo di festeggiare, siamo ormai tutte stanche di mimose e pizze con le amiche? Alessia, 22 anni, la più giovane del gruppo, lunghi capelli rossi risponde: “Secondo me la mimosa ha fatto il suo tempo. Lo spirito della festa si è ormai perduto. Leggere Eve Ensler non è un modo provocatorio di festeggiare l’8 marzo, anzi, è questo lo spirito giusto”. Un’altra lettrice leva la mano: “Io non sono d’accordo sulla questione della mimosa. A me piace. Per me è solo un simbolo e sta a me riempirlo di contenuti, darci il suo valore”.

Ma come si organizza un evento del genere? Lo possono fare tutti. Il Centro Documentazione Donna ha dato il suo appoggio ma non bisogna far parte di nessun gruppo o associazione. Se siete un gruppo di amiche e volete organizzare una lettura dei Monologhi nella vostra città, basta registrarsi al sito del VDAY (http://www.vday.org/organize-event#.Uxnrt_l5M4c). Eve Ensler, infatti, non fa pagare il copyright a patto che si organizzi l’evento tra l’1 febbraio e il 30 Marzo. Inizialmente, infatti, i Monologhi erano pensati per il giorno di S.Valentino (VDAY stava per vagine volontary victory).

Come sempre è il volontariato che muove il sole e l’altre stelle, il motore primo di quasi tutte le associazioni culturali che esistono a Ferrara (e non solo). Le spese sono tutte a carico degli organizzatori e l’evento è a offerta consigliata a 5 euro. L’incasso sarà devoluto in beneficenza: il 90% andrà a enti e associazioni che operano sul territorio dell’Emilia nel campo dell’assistenza alle donne oggetto di violenza e il 10% alla Fondazione Internazionale che sostiene gli stessi progetti in aree del mondo dove la situazione è molto più drammatica. Gli spettacoli saranno tre: questa sera alla Sala Estense, il 16 marzo alle 16:30 all’Hotel Duchessa Isabella e lo stesso giorno al Ristorante Scaccianuvole alle 20.

L’emancipazione di una donna, ma anche di tutta una società intera, parte dalla sessualità. Il passato, che poneva la donna in una condizione di oggettiva inferiorità, pesa ancora sul nostro Occidente. Incluse nell’arredamento della casa, sotto la tutela del padre o del fratello o del marito, uteri ambulanti, bollate come isteriche se ribelli, vittime da proteggere o arpia satanica da scacciare nel caso mostri una sessualità troppo evidente. Tutta quest’eredità del passato non scompare in una generazione o due. Proprio per questo non è scontato leggere o rileggere i Monologhi, ironici e commoventi e tutti collegati alla vagina. Sono loro a parlare, come i gioielli indiscreti di Diderot. Fa paura pronunciare questa parola. Vagina. Come scrive Eve Ensler: “All’inizio hai l’impressione di sfondare un muro invisibile. Vagina. Ti senti in colpa, a disagio, come se qualcuno stesse per colpirti. Poi, dopo che l’hai detta per la centesima o la millesima volta, ti viene in mente che è la tua parola, il tuo corpo, la tua parte più essenziale. All’improvviso ti rendi conto che la vergogna e l’imbarazzo che provavi pronunciandola miravano a mettere a tacere il tuo desiderio, a erodere la tua ambizione”. E stasera alla Sala Estense ogni imbarazzo cadrà sul pavimento come un vestito vecchio.

Per maggiori informazioni https://www.facebook.com/vdayferrara e vdayferrara@gmail.com

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