Due uomini che si spogliano nella penombra di un palcoscenico, ma anche un padre e un figlio che su quel palco scelgono di mettersi a nudo. C’è il tempo scandito meccanicamente dalle lancette di un orologio e quello che emerge irruente dai ricordi d’infanzia, dalla bellezza di una foto, dal ritornello di una canzone. Gioie e amarezze disseminate lungo un percorso dove l’uno conduce e l’altro segue fino a quando i ruoli non sono più definiti con limpidezza. E i corpi sembrano ora quelli di due lottatori che non si risparmiano schiaffi, ora quelli di due alleati che si confortano a vicenda, in un groviglio affannoso di sentimenti. In mezzo al loro travagliato rapporto, che è un po’ il rapporto fra due generazioni, la minaccia insidiosa della malattia.

‘Parkin’son’ non è solo un gioco di parole. Ma è lo spettacolo di danza ideato da un figlio, il coreografo Giulio D’Anna, e messo in scena con la preziosa coooperazione del padre Stefano, terapista e affetto dal morbo di Parkinson. Poco più di un’ora senza pause per un lavoro prodotto dalla Fondazione Musica per Roma, in collaborazione con Officina Concordia e Civitanova Casa della Danza. Il progetto, vincitore del ‘Premio Equilibrio 2011’, è arrivato anche a Ferrara, lo scorso 9 dicembre. Le condizioni di salute di Stefano, tuttavia, impediscono un’esibizione dal vivo, così il Ridotto del Teatro Comunale ospita una proiezione dello spettacolo.

A promuoverlo in città, il Gruppo Estense Parkinson, non ultimo a iniziative culturali di sensibilizzazione. Fondato nel 2006 e presieduto da Elsa Gandini Moccia, è un’organizzazione non lucrativa che oggi conta 180 iscritti a Ferrara, fra malati, familiari e cittadini vicini alla causa. «La nostra prima sede in via Foro Boario – ci racconta – è stata inaugurata l’11 aprile, proprio in concomitanza con la giornata mondiale del Parkinson. Adesso dopo oltre sette anni, ci siamo trasferiti in via della Sirena 13. Il Comune di Ferrara ci ha assegnato una sede con un affitto simbolico. Tutte le nostre attività si fondano sul lavoro dei volontari».

Un lavoro che si pone come obiettivi di intercettare i bisogni degli ammalati, di favorirne il mantenimento e il miglioramento dell’autonomia individuale, e di offrire sostegno ai loro familiari.

«Penso alla mia condizione di anziano e mi rendo conto del piacere che provo a stare a casa mia e di essere aiutato in casa, nel luogo dove sono sempre stato, dove potrei girare a occhi chiusi. La mia casa è il luogo della mia vita. Guai se mi sradicassero». Elsa ripete le parole tratte da un libro di Norberto Bobbio, che la spingono a indirizzare le iniziative del Gruppo verso l’assistenza domiciliare.

Nel frattempo, i progetti targati ‘Gruppo Estense Parkinson’ (www.parkinson-fe.it), che fa parte di Agire Sociale e Forum Terzo Settore, mentre i suoi volontari sono presenti nel Comitato consultivo misto Azienda Usl, Forum per le disabilità, Comitato consultivo Azienda ospedaliera e Commissione mista conciliativa, si espandono su più fronti. «Fra le nostre attività – continua la presidente – c’è l’aiuto ai parenti di chi è affetto dal morbo di Parkinson nella conoscenza di questa patologia degenerativa del sistema nervoso centrale. Sosteniamo infatti degli incontri di auto-aiuto, rivolti sia ai pazienti che ai loro familiari, e forniamo servizi di supporto psicologico sia individuale che collettivo, in quanto c’è chi preferisce affrontare la malattia secondo un percorso personale, chi invece preferisce un lavoro di gruppo e la compagnia degli altri».

La collaborazione, inoltre, con la Clinica neurologica e con la Uisp di Ferrara, favorisce corsi di attività motoria, con musica, danza e gioco. Da settembre a giugno sono previste le attività nella palestra di via Rambaldi. Oltre allo sport, però, vengono promosse iniziative culturali, come nel caso dello spettacolo ‘Parkin’son’.

«L’idea promuovere la rappresentazione a Ferrara – aggiunge Elsa Gandini Moccia – è nata per stimolare i pazienti con problemi di movimento e con difficoltà dovute alla stanchezza. Io stessa ho inteso lo spettacolo in questo senso: quando, nella prima parte, padre e figlio hanno uno scontro e si colpiscono con i vestiti, a mio parere a essere rappresentata è la non accettazione della malattia. La fatica e la rabbia nell’accettare di essere affetti dal morbo di Parkinson è qualcosa che accade spesso. E a essere coinvolti sono sia i malati che i loro familiari. Purtroppo siamo ancora lontani dalla risoluzione della malattia, anche se esistono delle terapie complementari come il sostegno psicologico, le attività di movimento, o quelle ricreative che agevolano lo scambio fra le persone».

In quest’ambito, l’arte riesce a tirar fuori dai malati il proprio potenziale sommerso. «Per esempio – prosegue – conosco un signore che per tutta la vita ha fatto l’operaio, poi si è ammalato di Parkinson e adesso dipinge in modo sorprendente. Pur non avendo avuto esperienza in materia, riesce a raffigurare magistralmente il Castello Estense. Oppure c’è il caso di una signora, anch’essa ammalata, che d’un tratto ha iniziato a scrivere storie per bambini e oggi collabora con il Gruppo scrittori ferraresi. Uno dei nostri obiettivi è infatti quello di stimolare una ricerca della loro espressività. Pertanto, a partire dall’inizio del nuovo anno, avvieremo dei corsi di pittura e scultura, mentre nel prossimo mese di settembre ci dedicheremo anche alla musicoterapia».

E proprio la musica è un filo conduttore che lega le due vite raccontate in ‘Parkin’son’. «Uno dei miei primi ricordi da bambino – sottolinea Giulio in un monologo –  è mio padre che guida in auto e canta ‘Il mondo’». La melodia del brano scritto e interpretato da Jimmy Fontana, accennato all’inizio, pervade il finale dello spettacolo e sembra avvolgere «nello spazio senza fine» anche quel senso del limite che l’uomo, da solo, non riesce a superare.

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