È successo quasi in sordina, durante il trambusto del Festival di Internazionale quasi non ci si è fatto caso, ma è successo: Ferrara ha riaperto al pubblico una delle sue mille stanze segrete: il refettorio del convento di San Paolo. Come? Quando? Ma soprattutto: cosa? Personalmente non ne avevo mai sentito parlare, ma non credo di essere stata l’unica. Il refettorio si trova al piano terra, affaccia sul chiostro piccolo, lo stesso dove si passa per accedere agli uffici comunali per le attività produttive e per le politiche giovanili, in via Boccaleone. È un salone ampio e abbastanza crudo, buona parte delle sue decorazioni le ha grattate via il tempo. A ricordare l’antica destinazione dello spazio, utilizzato per i pasti dei carmelitani fino al 1798, restano il soffitto in legno a cassettoni e alcuni affreschi, rimasti intatti nella parte alta della muratura. A volerlo riaprire al pubblico è stata la curatrice Lola Bonora: «sapevamo dell’esistenza, al piano superiore, della Sala della Musica e ci domandavamo: sotto cosa c’è?». Lola parla al plurale perché lo sforzo per risanare la sala è stato collettivo: «la prima volta che l’ho visto era ingombro di cose, sporchissimo. Bisogna dirlo: è stato un lavoro terribile. Qui era pieno di piccioni e topi, entravano attraverso i pertugi della porta che guarda a via delle Volte. Ci abbiamo lavorato in tanti per sistemarlo, col sostegno dell’Assessorato alla Cultura. Abbiamo cooptato anche diversi tecnici del Teatro Comunale, e fino all’ultimo non eravamo sicuri se avremmo avuto o meno la corrente elettrica».

Corrente elettrica per fare che? Per offrire alla città uno spazio adatto all’arte contemporanea, inaugurato nel pomeriggio di venerdì 4 ottobre con l’esposizione intitolata NOW! La mostra è stata realizzata dal Comitato Biennale Donna e dedicata alle giovani artiste italiane under 35. Quattro i nomi selezionati assieme a Silvia Cirelli: Laurina Paperina, Ludovica Carbotta, Silvia Giambrone, Elisa Strinna. «Il contributo di Silvia è stato fondamentale. Io sono di un’altra generazione – ha raccontato Lola -. Silvia ha uno sguardo molto attento sul contemporaneo. Abbiamo studiato assieme il lavoro di queste ragazze, guardato le loro opere cercandole in internet. Erano quelle giuste. I risultati sono molto differenti, non abbiamo voluto legarli a un tema, ma per molti versi i lavori esposti si completano. Si è creata una sorta di omogeneità nella diversità. Molte persone mi hanno detto che la mostra ha un carattere angosciante, triste. Mi domando: come dovrebbero essere i giovani oggi? Visioni ottimistiche non ci sono».

Cartoni animati splatter, parodie stilizzate e ciniche degli artisti più noti, girandole di metallo tagliente, ingranaggi, teschi sorridenti, dischi di legno che frusciano su vecchi giradischi, ritratti video disturbati e disturbanti, raggi laser, post-it macabri, autoritratti in forma di colonna. Questo e tanto altro accoglie chi si avventura nel microcosmo chiamato NOW!

Foto di Eugenio Ciccone

«L’idea di far suonare gli alberi è venuta a me e a una mia collega, Eva Cenghiaro, nel 2008 – ricorda Elisa Strinna, cresciuta nella campagna veneta -. Abbiamo ricavato dei dischi dalle sezioni di alcuni fusti, con un processo abbastanza lungo e delicato. Per realizzare un disco può volerci anche un anno. Il legno va tagliato, piallato, essiccato, ed è facile che in questo processo si crepi. Quando il disco è pronto lo facciamo suonare con vecchi giradischi, e ognuno possiede un ritmo proprio, una propria voce. È quella della pianta che si sta raccontando, quasi una scrittura autobiografica».  L’installazione ferrarese mette a disposizione degli ascoltatori dischi di pino, larice, noce, alberi comuni. Tra tutti il più sorprendente è il tiglio, sincopato e duro, immediatamente ribattezzato “techno-tiglio”. «Di solito è la puntina che sceglie in quale solco girare», illustra Elisa a un visitatore particolarmente incuriosito dal lavoro, «qua scappa, si vede che ci sono stati degli eventi irraccontabili».

L’incontro tra natura e artificio, organicità e forma controllata, ritorna anche nella suggestiva scultura della torinese Ludovica Carbotta, che ha cristallizzato il proprio passaggio sul pianeta realizzando diversi calchi dei propri piedi e installandovi sopra dei plinti, principi di colonne, il cui peso  è equivalente al suo. «Si tratta di una serie di lavori a cui ho lavorato tra il 2010 e il 2011 – spiega l’artista -. Sono copie di me, ma organizzate su una sola caratteristica, quella del peso. Le impronte invece sono sempre singolari, uniche, dipendono dal clima, dal terreno, dall’umidità».

I lavori resteranno esposti fino a domenica 27 ottobre. Cosa succederà in questo spazio ritrovato quando si concluderà la mostra? Ovviamente non è dato sapere, ma qualche spunto può arrivare dalle parole spese in occasione dell’inaugurazione dal Vicesindaco Massimo Maisto: «fino ad oggi solo pochissime persone a Ferrara hanno potuto vedere il vecchio refettorio del convento – ha sottolineato il Vicesindaco Massimo Maisto in occasione dell’opening -. Per quanto mi riguarda lo ricordo chiuso, da sempre. Qua dentro c’era di tutto e non è stato facile ripulire la sala, sgombrarla dalle macerie, renderla accessibile ai disabili. Per l’amministrazione rendersi disponibile è stato un modo per continuare sulla strada della rigenerazione urbana, anche perché questo luogo è evidentemente perfetto per l’arte contemporanea. In Italia non c’è molto questa abitudine, ma tra il muro finito e perfetto e il nulla esiste una via di mezzo, quella dello spazio flessibile. L’inaugurazione di NOW! si è potuta svolgere grazie al contributo dell’Anci, Ferrara infatti per due anni consecutivi ha vinto un bando nazionale dedicato ai giovani, il primo sul tema della musica, il secondo sul tema della creatività. Cosa succederà dopo? Non lo sappiamo, ma la sfida è questa: far vedere alla cittadinanza il potenziale di cui dispone e ragionare assieme alle persone su quale sia il modo migliore per utilizzare questo potenziale. Se arriveranno le idee valuteremo insieme come riaprire gli spazi. Il lavoro qui è stato immane, fino a ieri mattina non sapevamo se saremmo riusciti o no ad avere la luce. Ma come diceva Godard in “Cura la tua destra”, la cosa più faticosa del fare cinema è trasportare le pizze».

5 Commenti

  1. unpassante scrive:

    Buon giorno a tutti, in realtà l’idea di sistemare e riaprire la sala dell’ex refettorio non è della Curatrice Lola Bonora ma della Presidenza della Circoscrizione Centro in Accordo con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Ferrara.

  2. unpassante scrive:

    comunque la cosa più importante è che si sia riusciti a restituire un luogo così speciale alla città. Inoltre brave e coraggiose le Ragazze di UDI che tanto hanno creduto a questo progetto. A listonemag i miei migliori auguri di buon lavoro. Siete una testata interessante, pacata, stimolante…

  3. Lanfranco Viola scrive:

    ” L’idea di sistemare e riaprire la sala dell’ex refettorio …” Strano modo di descrivere un intervento di sola pulizia dai materiali che vi si erano depositati dopo anni di abbandono “Ma come è umano lei “direbbe Fantozzi ! Mentre tutto ciò accade a Ferrara, a 100 Km. di qui sono costretti a Venezia, a prendere in considerazione l’opzione di fare entrare turisti ed escursionisti con IL NUMERO CHIUSO. http://www.nuovavenezia.geolocal.it/cronaca/2013/10/157news/tuurismo-a-numero-chiuso-ora

  4. Eugenio Ciccone scrive:

    Non ho capito Sig. Viola, forse la pulizia dei materiali depositati non è qualcosa di meritevole ugualmente? Se ai fini della realizzazione della mostra era necessario soltanto questo intervento ben venga, lo spazio è stato riaperto e lo si può riutilizzare. Cosa c’entra Venezia al riguardo?

    • Lanfranco Viola scrive:

      Gentile Eugenio Ciccone
      come viene autorevolmente affermato, da più parti, SALONI STORICI,come quello, LASCIATO chiuso da decenni, ha, secondo me, rappresentato uno spreco di risorse, di possibilità di creazione di occupazione, e di opportunità per lo sviluppo dell’Industria dell’Ospitalità e del Turismo Congressuale, che non ha l’eguale in nessuna altra Città d’Arte UNESCO d’Italia.
      Perché immagino che sappia che qualche problemino di occupazione giovanile ce l’abbiamo?
      In un Mercato Turistico ed escursionistico che è in crescita, da anni come la voglia di accessi a numero chiuso a Venezia dimostra.
      Quindi ,mentre le Strutture Ricettive cittadine sono in crisi, anche per mancanza di spazi pubblici/ colletivi-congressuali da offrire, “loro” non trovano nemmeno il tempo di rendere completamente e permanentemente OPERATIVO uno spazio unico come quello, ma in più trovano anche “laudatores” che si compiacciono, del quasi niente che ,per sbaglio, ogni tanto gli accade.
      E’ questo che stigmatizzo.
      Provi a chiederlo in uso per un giorno, per una riunione ? Poi mi saprà dire.
      http://www.estense.com/?p=338106

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