Ha le fattezze di una piccola Madonna, assomiglia alle bottigliette per l’acqua santa che la nonna conservava sulle mensole del soggiorno a impolverare, souvenir da Lourdes. Eppur si muove. Eppur si scuote. Miracolo? Ha le fattezze di una piccola Madonna ma è un vibratore. Anzi: è un’opera d’arte e si chiama “Good Vibrations”. Scandalizza ancora qualcuno la commistione provocatoria di sacro e profano? Sono passati più di vent’anni dalla censura vaticana di “Like a Prayer”, ma la risposta – per lo meno a Ferrara – resta la stessa: certo che sì. “Good Vibrations” avrebbe dovuto essere parte integrante della collettiva “What is the Story?”, organizzata dall’associazione Yoruba negli spazi di Palazzina Marfisa, aperta al pubblico dal 13 ottobre al 31 dicembre. Un incidente di percorso però ha fatto sì che, a tre giorni dall’inaugurazione, l’opera venisse rimossa.

Cos’ha convinto il direttore dei Musei civici di arte antica a fare marcia indietro, a ricredersi subito dopo il taglio del nastro? Potrebbe essere un volontario Auser. La storia ha dell’incredibile ma questa volta non ci sono di mezzo arcivescovi, scomuniche, bolle papali. L’ultima parola in fatto di arte contemporanea – questo sì, questo no – pare essersela presa l’addetto alla guardiania della sala. Ma qui la realtà si confonde con la leggenda, non per niente la mostra è sottotitolata “L’arte contemporanea è una favola”.

La curatrice Federica Zabarri sapeva che, assieme alle opere esplicitamente richieste, da parte del collettivo torinese The Bounty Killart sarebbero arrivate due piccole statue bonus particolarmente provocatorie. Una si è rivelata essere la citata “Good Vibrations”, l’altra si intitola “Kick Ass” e rappresenta una scarpetta da donna immacolata, la cui punta è stata finemente cesellata a forma di glande. Oggetti pregevolissimi, eleganti, spregiudicati ma non volgari. La cifra stilistica del collettivo torinese che li ha realizzati è la dissimulazione, la commistione di classicismo e iconografia underground: le loro produzioni giocano con i colori e le forme della tradizione, confondono, mimetizzano l’elemento dissacrante. Ad un’occhiata superficiale “Good Vibrations” appare né più né meno che un’acquasantiera. Bisogna incuriosirsi, guardare da vicino lo strano tappo nero alla base della statuina per accorgersi che qualcosa stride: la piccola manopola che serve a regolare la velocità del congegno, fautrice dello scandalo.

Foto di Giacomo Brini

Proprio dalla necessità di posizionare l’opera in un certo modo all’interno della teca – lasciando la manopola il più possibile visibile allo spettatore – sembra sia scaturita la domanda di un collaboratore non meglio specificato del museo: perché?  La favola continua: non è dato sapere quanto e come la risposta abbia cercato di  aggirare la questione, si sa tuttavia che ad un certo punto la verità dev’essere emersa. Altrimenti non sarebbe uscito questo articolo. Altrimenti “Good Vibrations” sarebbe tuttora esposta.

Lo sgomento causato dal sextoy iconoclasta al presunto guardasala (ma potrebbe anche essere una bigliettaia o un addetto alle pulizie) è stato tale da motivare l’immediata intercessione presso il direttore dei Musei civici di arte antica, Angelo Andreotti. Interpellato sulla vicenda Andreotti spiega la scelta appoggiandosi a motivazioni di tipo estetico, «si tratta di un tipo di provocazione che io stesso appoggiai diversi anni fa. Riproporla ora però non ha senso, è qualcosa di già fatto». Non manca tuttavia un commento più attinente alla dimensione morale: «bisogna giustamente considerare come l’immagine della Madonna utilizzata in questo modo possa essere considerata offensiva». Nessuna menzione al favoleggiato volontariato Auser. Interrogato sul motivo dell’allestimento e del repentino disallestimento il direttore risponde: «non ho visto preventivamente tutte le opere, alcune sono state disposte in un secondo tempo, di altre ho avuto indicazioni non precise». Yoruba ha acconsentito alla modifica del progetto curatoriale senza apparentemente darsi troppa pena, «ci si viene incontro senza problemi». D’altra parte lo stesso direttore ha confermato la rinnovata fiducia nei confronti dell’associazione: «abbiamo lavorato assieme più di una volta e continueremo a farlo, svilupperemo un progetto congiunto anche a febbraio. In questo caso semplicemente abbiamo avuto due punti di vista diversi». L’arte contemporanea è veramente una favola: tutto e bene quel che finisce bene. I prossimi visitatori della mostra non potranno conoscere “Good Vibrations”, resta a disposizione “Kick Ass”.

2 Commenti

  1. Andrea Amaducci scrive:

    La vibro vergine, secondo me e’ attuale e non c’entra con il dissacrare la chiesa e tutta la cricca celeste che, come dice Andreotti e’ roba gia’ vista. Riproporre questo tipo di provocazione oggi ha senso. Eccome. Soprattutto perché ci sono un sacco di giovanissimi che non sanno un cazzo di niente ed e’ bene che vedano, anche se il catalogatore di professione, critico, curatore, direttore di museo che sia, lo battezzera’ come gia’ visto. Too easy.
    Non e’ stato invece detto che nessuno ha voglia che il vescovo Negri rompa il cazzo.
    Dai su.

  2. Terry May scrive:

    E se fosse la Vergine ad avere le fattezze di un vibratore? Non più pene e tormenti pe’ l’anima e il core!
    Se così fosse, se fosse questa la verità vera taciuta dalla Santa Romana Chiesa Cattolica e Apostolica?
    Se fosse questo uno di quei segreti della Madonna?

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